Calcio: anche qui manca la meritocrazia. La storia di Fiorentino
Il centrocampista, dopo tre promozioni di fila, s'è ritrovato senza squadra prima di accasarsi a Barletta: «Non c'è riconoscimento del merito»
Giovinazzo - sabato 9 settembre 2017
22.22
A. A. A. squadra di calcio cercasi. Calciatore di anni (quasi) 29, integro, con presenze e marcature in serie B con il Bari e svariati anni di professionismo con Pro Patria, Paganese, Noicattaro e Martina Franca, desideroso di esperienza lavorativa offresi.
Deve averlo pensato Daniele Fiorentino, quest'estate. Il centrocampista di Giovinazzo che nell'ultima stagione sportiva ha conquistato la terza promozione di fila in serie D (stavolta al termine dei play-off, con la maglia della Team Altamura, dopo i successi di Gravina e Nardò e le esperienze, tra serie D ed Eccellenza, con le casacche di Real Metapontino, Bisceglie e San Paolo Bari), s'è ritrovato senza squadra.
«Ancora oggi - spiega - non so spiegare il motivo del mio divorzio, dopo la vittoria dei play-off. A dire il vero, alla fine degli spareggi nazionali, ho ricevuto alcune richieste, ma ho deciso di prendere del tempo per non fare una scelta sbagliata. E nonostante abbia ottenuto dei risultati lusinghieri negli ultimi anni, come le promozioni di Nardò, Gravina e, per ultimo, di Altamura, ho faticato un bel po' per trovare una squadra».
Un accantonamento che gli lasciato molto amaro in bocca. Insomma, il calcio è la rappresentazione ideale della nostra società: dove non valgono i meriti, ma contano solo i ruoli da sistemare, gli spazi da coprire, i conteggi finali. Ecco che, quindi, non vale la gavetta, non vale la totale devozione per la maglia, non vale l'impegno e i risultati ottenuti, non vale nemmeno la bravura, perché non c'è riconoscimento.
Insomma chi è più bravo, obiettivamente, non fa passi avanti. «Non so spiegarmi il vero motivo, - continua Fiorentino - ma posso dirti che non c'è meritocrazia verso coloro i quali hanno dato tutto per determinati colori, hanno sputato sangue, sudato ed onorato la maglia per raggiungere l'obiettivo tanto desiderato dalla società. Ma oggi, purtroppo, non è così».
Ad ascoltare le parole di Fiorentino c'è poco da dire a riguardo. Non ci si può poi lamentare se il livello del calcio italiano si è drasticamente abbassato. Il mondo del pallone, così come lo sport in generale, ha bisogno di meritocrazia, di riconoscimento, affinché tutti possano emergere e dimostrare le proprie qualità, senza agevolare nessuno.
in ogni modo, alla fine, pur non seguendo le orme dell'ex difensore della Nazionale campione del mondo nel 2006 Cristian Zaccardo (che ha deciso di cercare una nuova società scegliendo Linkedin per auto-promuoversi e pubblicare, come fanno molti, il proprio curriculum, ndr) ha scelto Casarano, «una piazza che mi è sempre piaciuta, con una storia, un progetto importante ed uno stadio in cui si respira calcio vero».
L'avventura nel Salento, però, è terminata prima del tempo: «Sono un ragazzo che vive di sensazioni - racconta Fiorentino -, lì non mi sono sentito me stesso e quindi ho preferito lasciare Casarano. Ci tengo, però, a ringraziare la città, lo staff societario ed in particolar modo il presidente Fernando Totaro, una persona sincera, vera e rispettosa». Al rientro a casa la sensazione di essere stato travolto da un uragano.
Sino alla chiamata del Barletta: «Un'altra piazza importante con una nuova società che ha voglia di fare qualcosa di importante per la città. Per questo ho deciso di sposare questo progetto e provare, come ogni anno, a fare qualcosa di buono». Dai colori biancorossi del Bari, lì, dove tutto è cominciato, a quelli del Barletta: «Già, i colori sono gli stessi», sorride Fiorentino.
«Non è il Bari, una maglia che ho indossato sin da piccolo fino all'esordio in serie B. Una maglia - continua tutto d'un fiato il centrocampista giovinazzese - che sarebbe divenuta una seconda pelle, ma purtroppo il destino non ha voluto così. Adesso, però, sono contento di indossare i colori del Barletta, i colori di una città che vive ed ha fame di calcio».
E la tua Giovinazzo? «Vedere il calcio del mio paese in queste condizioni mi rattrista molto. Di sicuro ha bisogno di una struttura adeguata, ma bisogna anche permettere a quelle persone che vogliono investire di farlo nelle giuste condizioni. Ma tutto ciò non è mai accaduto». E questo è un dato di fatto inconfutabile.
Deve averlo pensato Daniele Fiorentino, quest'estate. Il centrocampista di Giovinazzo che nell'ultima stagione sportiva ha conquistato la terza promozione di fila in serie D (stavolta al termine dei play-off, con la maglia della Team Altamura, dopo i successi di Gravina e Nardò e le esperienze, tra serie D ed Eccellenza, con le casacche di Real Metapontino, Bisceglie e San Paolo Bari), s'è ritrovato senza squadra.
«Ancora oggi - spiega - non so spiegare il motivo del mio divorzio, dopo la vittoria dei play-off. A dire il vero, alla fine degli spareggi nazionali, ho ricevuto alcune richieste, ma ho deciso di prendere del tempo per non fare una scelta sbagliata. E nonostante abbia ottenuto dei risultati lusinghieri negli ultimi anni, come le promozioni di Nardò, Gravina e, per ultimo, di Altamura, ho faticato un bel po' per trovare una squadra».
Un accantonamento che gli lasciato molto amaro in bocca. Insomma, il calcio è la rappresentazione ideale della nostra società: dove non valgono i meriti, ma contano solo i ruoli da sistemare, gli spazi da coprire, i conteggi finali. Ecco che, quindi, non vale la gavetta, non vale la totale devozione per la maglia, non vale l'impegno e i risultati ottenuti, non vale nemmeno la bravura, perché non c'è riconoscimento.
Insomma chi è più bravo, obiettivamente, non fa passi avanti. «Non so spiegarmi il vero motivo, - continua Fiorentino - ma posso dirti che non c'è meritocrazia verso coloro i quali hanno dato tutto per determinati colori, hanno sputato sangue, sudato ed onorato la maglia per raggiungere l'obiettivo tanto desiderato dalla società. Ma oggi, purtroppo, non è così».
Ad ascoltare le parole di Fiorentino c'è poco da dire a riguardo. Non ci si può poi lamentare se il livello del calcio italiano si è drasticamente abbassato. Il mondo del pallone, così come lo sport in generale, ha bisogno di meritocrazia, di riconoscimento, affinché tutti possano emergere e dimostrare le proprie qualità, senza agevolare nessuno.
in ogni modo, alla fine, pur non seguendo le orme dell'ex difensore della Nazionale campione del mondo nel 2006 Cristian Zaccardo (che ha deciso di cercare una nuova società scegliendo Linkedin per auto-promuoversi e pubblicare, come fanno molti, il proprio curriculum, ndr) ha scelto Casarano, «una piazza che mi è sempre piaciuta, con una storia, un progetto importante ed uno stadio in cui si respira calcio vero».
L'avventura nel Salento, però, è terminata prima del tempo: «Sono un ragazzo che vive di sensazioni - racconta Fiorentino -, lì non mi sono sentito me stesso e quindi ho preferito lasciare Casarano. Ci tengo, però, a ringraziare la città, lo staff societario ed in particolar modo il presidente Fernando Totaro, una persona sincera, vera e rispettosa». Al rientro a casa la sensazione di essere stato travolto da un uragano.
Sino alla chiamata del Barletta: «Un'altra piazza importante con una nuova società che ha voglia di fare qualcosa di importante per la città. Per questo ho deciso di sposare questo progetto e provare, come ogni anno, a fare qualcosa di buono». Dai colori biancorossi del Bari, lì, dove tutto è cominciato, a quelli del Barletta: «Già, i colori sono gli stessi», sorride Fiorentino.
«Non è il Bari, una maglia che ho indossato sin da piccolo fino all'esordio in serie B. Una maglia - continua tutto d'un fiato il centrocampista giovinazzese - che sarebbe divenuta una seconda pelle, ma purtroppo il destino non ha voluto così. Adesso, però, sono contento di indossare i colori del Barletta, i colori di una città che vive ed ha fame di calcio».
E la tua Giovinazzo? «Vedere il calcio del mio paese in queste condizioni mi rattrista molto. Di sicuro ha bisogno di una struttura adeguata, ma bisogna anche permettere a quelle persone che vogliono investire di farlo nelle giuste condizioni. Ma tutto ciò non è mai accaduto». E questo è un dato di fatto inconfutabile.