NarraVita

C’era una volta Luca con l’Agesci

Quando le barriere cadono e accogliere significa amare

Luca Mongelli. La sua storia è drammatica, per certi versi assurda. Era il 2002, viveva felicemente in Svizzera con la sua famiglia. La sera del 7 febbraio di quell'anno fu ritrovato nudo vicino casa, a Veysonnaz cittadina turistica a pochi da Sion, nelle neve e in condizioni pietose. Da quel giorno oltre ai traumi e al freddo che gli hanno provocato cecità, difficoltà di parola e di deambulazione per Luca è cominciato un lungo calvario. Il suo caso è andato su tutte le televisioni nazionali. Per Luca c'è stata una gara di solidarietà. Il suo calvario è giudiziario da una parte, non ci sono ancora colpevoli per una aggressione ormai accertata, e sanitario dall'altra, fatto di viaggi all'estero, in Florida in particolare, per sottoporsi a costose terapie. Cure che hanno fatto segnare un netto miglioramento delle sue condizioni generali, e che oggi fanno di Luca un ragazzo ben integrato. Un percorso, il suo, lungo il quale ha incontrato amici, tanti, che lo hanno accolto. O forse è stato Luca ad accogliere gli amici.

Sono già trascorsi un po' di anni e ricordo ancora quel primo giorno in cui durante una riunione i capi ci presentarono un ragazzo sorridente di nome Luca. Lui non era in piedi come noi, bensì seduto su una sedia a rotelle, costretto dalle difficoltà della vita a poterci scorgere tutti quanti come ombre, un po' sfuocati.

Eppure sorrideva, quasi fosse lui ad accogliere noi nella sua vita e a dire: «Toc, toc, potete fare ingresso nel mio mondo». Già…complicato entrare in punta di piedi nella vita di un diciannovenne, allora sedicenne, nostro coetaneo, ancor più se non sai nemmeno come approcciarti, se qualcosa o qualche parola può dargli fastidio, se…quanti se e quant'è grande la paura di sentirsi inadeguati. Eppure…ripeto…eppure lui sorrideva e di fronte al nostro imbarazzo Luca quella sera iniziò a raccontare di sé, la sua storia, le sue passioni per la musica, per Laura Pausini, per gli studi di pianoforte e non smetteva di parlare.

Noi tutti zitti ad ascoltare, ammutoliti, estasiati da tanta naturalezza e parole di forza, speranza nel futuro, miste a una frizzante autoironia che ci lasciava piacevolmente disarmati… allora, a turno, in cerchio, tutti uniti e sempre più vicini, ci siamo raccontati anche noi e da quel giorno è stato lui ad accoglierci e noi a farci spazio nella sua vita – afferma una ragazza del clan del gruppo Giovinazzo I.

Lunghe passeggiate, chiacchierate per andare insieme a messa, incontri di preparazione alle riunioni, uscite di gruppo in cui Luca ci regalava idee, parole, risate. In una sola parola affetto. Questo splendido ragazzo , per la società diverso perché vive un disagio fisico, è l'esempio lampante della caduta dei luoghi comuni, delle barriere mentali che possono indurre chiunque a pensare che un giovane in carrozzina sia solo e viva la difficoltà di non avere amici su cui contare o con cui confrontarsi. L'amicizia nata nel nido dell'Agesci è il simbolo più semplice e vero di accoglienza che ci possa essere tra ragazzi che cercano di essere diversi, non perché diversamente abili, ma perché diversamente sensibili, protagonisti e custodi gelosi di esperienze sincere di comunità.

È stato Luca ad aprirci la porta e a sceglierci. E noi non possiamo che dirgli grazie per la sua presenza.
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