L'editoriale
Il prete pensatore
Il nostro ricordo di don Benedetto Fiorentino
giovedì 11 ottobre 2018
07.00
Non tutti lo hanno capito e non sempre è stato capito sino in fondo.
Nel giorno in cui Giovinazzo piangerà don Benedetto Fiorentino (funerali alle 16.30 in Concattedrale di Santa Maria Assunta) ci sono cose che vanno dette e scritte per onorarne la memoria al meglio.
Don Benedetto è stato spesso criticato, per quel suo modo a volte ostinato di agire, ma è stato molto amato per l'altrettanto incredibile dote di aprirsi agli altri e dare tutto se stesso. Era un pensatore, un raffinato pensatore, prima ancora di essere prete, psicologo e pedagogo. Diverse le generazioni di giovinazzesi che sono state allieve di un uomo piccolo solo di statura, ma grande nei concetti che riusciva ad estrapolare da quel suo sentire figlio di una costante indagine antropologica. Quelle generazioni che spontaneamente in queste ore, anche sulla nostra pagina Facebook, gli stanno tributando il giusto riconoscimento.
Una costante indagine antropologica, quindi, è stato il motore della sua vita da pastore e da pensatore, da intellettuale quasi, apprezzato anche come editorialista dall'Ordine dei Giornalisti che gli ha affidato diversi corsi di formazione per noi operatori del settore.
Don Benedetto non era incline al compromesso, netto nelle sue posizioni fino a rasentare l'ostinazione, ma quando fermava quel suo trotterellare tra chiesa e scuola, tra un seminario ed una celebrazione, dava il meglio di sé, riuscendo a leggere la realtà che lo circondava con una lucidità sconvolgente, tramutandola in scritti che divenivano articoli o omelie. Dal rapporto tra l'uomo e la fede, allo svilimento della famiglia intesa come prima agenzia educativa; dall'invasione della tecnologia nei rapporti interpersonali alla comunicazione divenuta veicolo di odio.
Lui era così e gli inciampi fonetici non hanno mai fermato il suo pensiero veloce, che andava oltre, che sapeva guardare lontano, che sollevava problematiche ancor prima che divenissero temi rilevanti per l'opinione pubblica.
Don Benedetto era tutto questo ed era anche padre affettuoso dopo un rimprovero, fermo censore dei peccati perdonati dopo qualche istante con una carezza ed un sorriso.
Di lui rammento i piccoli capannelli con i colleghi della "Marconi", a fine anni '80, prima di "scortare" mia madre, la sua amica Irene, sino alla fermata dell'autobus che l'avrebbe riportata a Santo Spirito, dove spesso si fermavano col compianto professor Angelo Depalma per scambiare idee ed opinioni su tutto. E di quell'amica e collega non si è mai dimenticato, soprattutto nella malattia e dopo la morte e per questo oggi lo ringrazio pubblicamente.
Don Benedetto era così, a volte apparentemente burbero, capace di castigare mandando dietro la lavagna i suoi alunni più terribili, ma poi generoso dispensatore di carezze e buffetti amorevoli per far comprendere gli errori commessi.
Con la sua scomparsa la chiesa giovinazzese è più povera da un punto di vista pastorale, formativo, educativo, ben oltre quello che la gente del posto aveva compreso, a volte scarsamente propensa ad ascoltare l'uomo prima ancora che il prete, ferma su congetture ed impressioni.
"Donbenedé", tutto attaccato, come lo chiamavano i fedeli che hanno avuto per anni contatti con lui, mancherà molto, senza distinzioni, anche e forse soprattutto a coloro a cui ha saputo tener testa, dentro e fuori la Chiesa.
Le lacrime di ieri mattina di Mons. Giuseppe Milillo, di don Andrea Azzollini e di don Gianni Fiorentino davanti al feretro raccontano anche questo, del grande vuoto che ha lasciato, di un'assenza che si fa ora dopo ora, per paradosso, presenza.
Don Benedetto non lo vedremo più trotterellare con la sua andatura spedita per le vie del centro o del borgo antico, ma il suo pensiero ed i suoi insegnamenti resteranno vivi in quelli che una volta erano i "suoi" ragazzi e che oggi sono uomini e donne pronti ad omaggiarlo.
Ciao, piccolo grande pensatore, compagno di viaggio di molti di noi.
Nel giorno in cui Giovinazzo piangerà don Benedetto Fiorentino (funerali alle 16.30 in Concattedrale di Santa Maria Assunta) ci sono cose che vanno dette e scritte per onorarne la memoria al meglio.
Don Benedetto è stato spesso criticato, per quel suo modo a volte ostinato di agire, ma è stato molto amato per l'altrettanto incredibile dote di aprirsi agli altri e dare tutto se stesso. Era un pensatore, un raffinato pensatore, prima ancora di essere prete, psicologo e pedagogo. Diverse le generazioni di giovinazzesi che sono state allieve di un uomo piccolo solo di statura, ma grande nei concetti che riusciva ad estrapolare da quel suo sentire figlio di una costante indagine antropologica. Quelle generazioni che spontaneamente in queste ore, anche sulla nostra pagina Facebook, gli stanno tributando il giusto riconoscimento.
Una costante indagine antropologica, quindi, è stato il motore della sua vita da pastore e da pensatore, da intellettuale quasi, apprezzato anche come editorialista dall'Ordine dei Giornalisti che gli ha affidato diversi corsi di formazione per noi operatori del settore.
Don Benedetto non era incline al compromesso, netto nelle sue posizioni fino a rasentare l'ostinazione, ma quando fermava quel suo trotterellare tra chiesa e scuola, tra un seminario ed una celebrazione, dava il meglio di sé, riuscendo a leggere la realtà che lo circondava con una lucidità sconvolgente, tramutandola in scritti che divenivano articoli o omelie. Dal rapporto tra l'uomo e la fede, allo svilimento della famiglia intesa come prima agenzia educativa; dall'invasione della tecnologia nei rapporti interpersonali alla comunicazione divenuta veicolo di odio.
Lui era così e gli inciampi fonetici non hanno mai fermato il suo pensiero veloce, che andava oltre, che sapeva guardare lontano, che sollevava problematiche ancor prima che divenissero temi rilevanti per l'opinione pubblica.
Don Benedetto era tutto questo ed era anche padre affettuoso dopo un rimprovero, fermo censore dei peccati perdonati dopo qualche istante con una carezza ed un sorriso.
Di lui rammento i piccoli capannelli con i colleghi della "Marconi", a fine anni '80, prima di "scortare" mia madre, la sua amica Irene, sino alla fermata dell'autobus che l'avrebbe riportata a Santo Spirito, dove spesso si fermavano col compianto professor Angelo Depalma per scambiare idee ed opinioni su tutto. E di quell'amica e collega non si è mai dimenticato, soprattutto nella malattia e dopo la morte e per questo oggi lo ringrazio pubblicamente.
Don Benedetto era così, a volte apparentemente burbero, capace di castigare mandando dietro la lavagna i suoi alunni più terribili, ma poi generoso dispensatore di carezze e buffetti amorevoli per far comprendere gli errori commessi.
Con la sua scomparsa la chiesa giovinazzese è più povera da un punto di vista pastorale, formativo, educativo, ben oltre quello che la gente del posto aveva compreso, a volte scarsamente propensa ad ascoltare l'uomo prima ancora che il prete, ferma su congetture ed impressioni.
"Donbenedé", tutto attaccato, come lo chiamavano i fedeli che hanno avuto per anni contatti con lui, mancherà molto, senza distinzioni, anche e forse soprattutto a coloro a cui ha saputo tener testa, dentro e fuori la Chiesa.
Le lacrime di ieri mattina di Mons. Giuseppe Milillo, di don Andrea Azzollini e di don Gianni Fiorentino davanti al feretro raccontano anche questo, del grande vuoto che ha lasciato, di un'assenza che si fa ora dopo ora, per paradosso, presenza.
Don Benedetto non lo vedremo più trotterellare con la sua andatura spedita per le vie del centro o del borgo antico, ma il suo pensiero ed i suoi insegnamenti resteranno vivi in quelli che una volta erano i "suoi" ragazzi e che oggi sono uomini e donne pronti ad omaggiarlo.
Ciao, piccolo grande pensatore, compagno di viaggio di molti di noi.