Il Commento
San Pietro Pago: la storia infinita
Da almeno 20 anni cambiano gli amministratori ma non la discarica
lunedì 1 dicembre 2014
11.18
È inutile fare giri di parole. Giovinazzo ha nel suo territorio una miniera d'oro. Non sono le bellezze del centro storico, non è l'artigianato o il suo mare, non è il tessuto associativo. Quella miniera è la discarica di San Pietro Pago. Un sito che da solo riesce a muovere somme che vanno dai 70 agli 80 milioni di euro l'anno. Una quantità di denaro che muove gli appetiti di molti, anzi di troppi personaggi che a vario titolo sono coinvolti nella vicenda. Siano essi in maggioranza, siano essi all'opposizione.
Perché funziona così. Se si è all'opposizione del governo cittadino ci si dichiara contro altre riaperture o riprofilature della discarica, «senza se e senza ma». Se per contro si è in maggioranza si arriva a giustificare la prosecuzione delle attività del sito «per non creare emergenze rifiuti nell'intera provincia». Naturalmente appena le parti si invertono si invertono anche le posizioni. E non è una storia di oggi. È una questione che va a vanti da almeno 20 anni. Ma può Giovinazzo continuare ad essere la città che è chiamata a risolvere i problemi in materia di rifiuti solidi urbani di decine di comuni? Può continuare Giovinazzo a sopportare un carico ambientale così notevole avendo in cambio praticamente nulla, anzi continuando a pagare quella che oggi si chiama "Tari", ieri "Tares", avanti ieri "Tarsu", più alta di tutto il circondario?
Forse sarebbe bene rinfrescarsi la memoria, ricordarci cosa in questi 20 anni è successo intorno a San Pietro Pago e di conseguenza quali possano essere le responsabilità dei politici. Era ancora il tempo della "Prima Repubblica", il sindaco veniva scelto dai consiglieri comunali eletti e non direttamente dai cittadini e già l'emergenza discarica campeggiava a Giovinazzo. Nel frattempo di sindaci e di amministrazioni ne sono passati, compreso l'attuale, cinque. Si sono anche alternati tre commissari prefettizi, e nulla è cambiato. Comitati contro la discarica, raccolte di firme, ormai non si contano più quanti siano stati i consigli comunali monotematici si sono celebrati per dire "No alla discarica", blocchi dei camion che arrivavano anche da nord Italia a scaricare in un sito costruito alla fine degli anni '80 e che in teoria doveva avere autonomia per 10 anni ma che nella metà del tempo andò esaurito. Interrogazioni parlamentari ,inchieste, sigilli giudiziari, processi. Tutto questo è successo negli anni, senza che alcun risultato sia stato mai raggiunto. Nella prima metà degli anni '90 con l'amministrazione retta da Saverio Andriano si ipotizzava la costruzione di un inceneritore proprio a San Pietro Pago. Con L'amministrazione di Ruggero Iannone , siamo sempre negli anni '90 il dibattito, meglio lo scontro, era sulla ipotesi di sopraelevazione dei lotti I,II e III, gli stessi di cui si parla oggi, o l'ampliamento al IV lotto. Con il sindaco Giuseppe Illuzzi fu fatta sparire addirittura una strada vicinale per giustificare la contiguità dei primi tre lotti con il IV, che alla fine fu aperto e riempito. Arrivarono poi i due mandati di Antonello Natalicchio. Si costruì il primo impianto di biostabilizzazione dell'intera Puglia, si ottenne un ristoro ambientale che consentì un restyling della villa comunale e del verde urbano per 500.000 euro, ma si arrivò alla realizzazione del VI lotto di discarica, che doveva essere temporaneo, anch'esso andato oggi esaurito.
Adesso, dopo due decenni, si ritorna alle origini. Si torna alla sopraelevazione dei primi tre lotti. E di nuovo con una promessa di ristoro ambientale di, questa volta, 2 milioni di euro. Sono cambiate le amministrazioni, gli oppositori sono diventati maggioranza e viceversa, l'azienda che gestisce il sito ha cambiato più volte la sua ragione sociale. Ma gli attori rimangono sempre gli stessi e la discarica continua ad essere a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Al di la delle posizioni politiche di tutti, al di là della legittimità o meno del provvedimento attuale, quel 2% di rifiuti, una quantità minima secondo Tommaso Depalma, avrà il potere di andare a risvegliare quella carica batterica latente che il volume complessivo dei rifiuti li depositati ancora contiene. Con quali conseguenze? È vero non sapremo forse mai se le impermeabilizzazioni del fondo della cava reggeranno al nuovo carico, ma di conseguenze ne avremo. Basta sentire gli odori che ormai arrivano in città. Cattivi odori che avevamo dimenticato. Giovinazzo continua ad essere il luogo scelto per salvare una intera Provincia dall'emergenza rifiuti.
Un'ultima considerazione. I 20 comuni che stanno venendo a scaricare il loro rifiuti solidi urbani a San Pietro Pago, sono ormai un centinaio di camion al giorno che arrivano, fino ad oggi dove avevano smaltito? Probabilmente in discariche private con una spesa a loro carico non indifferente. L'apertura della discarica a questo vasto bacino avrà probabilmente il pregio di far risparmiare a quelle comunità molti denari. Risparmieranno tutti tranne i giovinazzesi che oltre alla "Tari" dovranno sopportare un carico ambientale di non poco conto. Saranno sufficienti quei 2 milioni di euro promessi a ristorare un ambiente che per almeno i prossimi 30 anni rimarrà compromesso? A giovinazzesi rimarranno le briciole, la torta prenderà altre strade.
Perché funziona così. Se si è all'opposizione del governo cittadino ci si dichiara contro altre riaperture o riprofilature della discarica, «senza se e senza ma». Se per contro si è in maggioranza si arriva a giustificare la prosecuzione delle attività del sito «per non creare emergenze rifiuti nell'intera provincia». Naturalmente appena le parti si invertono si invertono anche le posizioni. E non è una storia di oggi. È una questione che va a vanti da almeno 20 anni. Ma può Giovinazzo continuare ad essere la città che è chiamata a risolvere i problemi in materia di rifiuti solidi urbani di decine di comuni? Può continuare Giovinazzo a sopportare un carico ambientale così notevole avendo in cambio praticamente nulla, anzi continuando a pagare quella che oggi si chiama "Tari", ieri "Tares", avanti ieri "Tarsu", più alta di tutto il circondario?
Forse sarebbe bene rinfrescarsi la memoria, ricordarci cosa in questi 20 anni è successo intorno a San Pietro Pago e di conseguenza quali possano essere le responsabilità dei politici. Era ancora il tempo della "Prima Repubblica", il sindaco veniva scelto dai consiglieri comunali eletti e non direttamente dai cittadini e già l'emergenza discarica campeggiava a Giovinazzo. Nel frattempo di sindaci e di amministrazioni ne sono passati, compreso l'attuale, cinque. Si sono anche alternati tre commissari prefettizi, e nulla è cambiato. Comitati contro la discarica, raccolte di firme, ormai non si contano più quanti siano stati i consigli comunali monotematici si sono celebrati per dire "No alla discarica", blocchi dei camion che arrivavano anche da nord Italia a scaricare in un sito costruito alla fine degli anni '80 e che in teoria doveva avere autonomia per 10 anni ma che nella metà del tempo andò esaurito. Interrogazioni parlamentari ,inchieste, sigilli giudiziari, processi. Tutto questo è successo negli anni, senza che alcun risultato sia stato mai raggiunto. Nella prima metà degli anni '90 con l'amministrazione retta da Saverio Andriano si ipotizzava la costruzione di un inceneritore proprio a San Pietro Pago. Con L'amministrazione di Ruggero Iannone , siamo sempre negli anni '90 il dibattito, meglio lo scontro, era sulla ipotesi di sopraelevazione dei lotti I,II e III, gli stessi di cui si parla oggi, o l'ampliamento al IV lotto. Con il sindaco Giuseppe Illuzzi fu fatta sparire addirittura una strada vicinale per giustificare la contiguità dei primi tre lotti con il IV, che alla fine fu aperto e riempito. Arrivarono poi i due mandati di Antonello Natalicchio. Si costruì il primo impianto di biostabilizzazione dell'intera Puglia, si ottenne un ristoro ambientale che consentì un restyling della villa comunale e del verde urbano per 500.000 euro, ma si arrivò alla realizzazione del VI lotto di discarica, che doveva essere temporaneo, anch'esso andato oggi esaurito.
Adesso, dopo due decenni, si ritorna alle origini. Si torna alla sopraelevazione dei primi tre lotti. E di nuovo con una promessa di ristoro ambientale di, questa volta, 2 milioni di euro. Sono cambiate le amministrazioni, gli oppositori sono diventati maggioranza e viceversa, l'azienda che gestisce il sito ha cambiato più volte la sua ragione sociale. Ma gli attori rimangono sempre gli stessi e la discarica continua ad essere a disposizione di chiunque ne faccia richiesta. Al di la delle posizioni politiche di tutti, al di là della legittimità o meno del provvedimento attuale, quel 2% di rifiuti, una quantità minima secondo Tommaso Depalma, avrà il potere di andare a risvegliare quella carica batterica latente che il volume complessivo dei rifiuti li depositati ancora contiene. Con quali conseguenze? È vero non sapremo forse mai se le impermeabilizzazioni del fondo della cava reggeranno al nuovo carico, ma di conseguenze ne avremo. Basta sentire gli odori che ormai arrivano in città. Cattivi odori che avevamo dimenticato. Giovinazzo continua ad essere il luogo scelto per salvare una intera Provincia dall'emergenza rifiuti.
Un'ultima considerazione. I 20 comuni che stanno venendo a scaricare il loro rifiuti solidi urbani a San Pietro Pago, sono ormai un centinaio di camion al giorno che arrivano, fino ad oggi dove avevano smaltito? Probabilmente in discariche private con una spesa a loro carico non indifferente. L'apertura della discarica a questo vasto bacino avrà probabilmente il pregio di far risparmiare a quelle comunità molti denari. Risparmieranno tutti tranne i giovinazzesi che oltre alla "Tari" dovranno sopportare un carico ambientale di non poco conto. Saranno sufficienti quei 2 milioni di euro promessi a ristorare un ambiente che per almeno i prossimi 30 anni rimarrà compromesso? A giovinazzesi rimarranno le briciole, la torta prenderà altre strade.