Il Commento
La Storia fuori e dentro dai cassetti
Lo studio e la ricerca spesso non fa rima con divulgazione
domenica 8 febbraio 2015
12.29
È vero, in tre righe si può stravolgere la storia. Il commento che la professoressa Rosanna Carlucci ha voluto lasciare a margine dell'articolo "30 ducati per un capolavoro immortale" pubblicato ieri, suona come un rimprovero.
Ce lo prendiamo tutto, quel rimprovero, visto che avremmo mal interpretato le dichiarazioni rilasciate durante la serata di presentazione del "San Felice in Cattedra" appena restaurato e ritornato nella chiesa di San Domenico. Sappiamo che la Storia è sempre in evoluzione, lo studio e la ricerca, i nuovi documenti possono aggiungere dettagli fino a qualche momento prima del tutto sconosciuti. Compito degli studiosi e degli storici è quello di ricostruire, aggiungere o in qualche caso togliere, da quello che sappiamo. Così è anche per la tela di Lorenzo Lotto. Succede però che i ricercatori non siano bravi divulgatori, succede che abbiano difficoltà a comunicare.
Quello che scoprono, dopo tanta apprezzabile fatica, purtroppo rimane per troppo tempo chiuso nei loro cassetti. E così succede che i cronisti riportino notizie inesatte, qualche volta incomplete, spesso basate su quello che in precedenza si conosceva. Qui nascerebbe la «liberissima deduzione» di chi scrive articoli. Era opinione comune che le altre due tele, quelle dedicate a Sant'Antonio e San Nicola da Tolentino, fossero andate distrutte nell'incendio che nel 1691 si sviluppò in quella che è oggi la sala San Felice, all'epoca tempio consacrato. Adesso apprendiamo che solo i documenti cartacei custoditi in quella chiesa furono aggrediti dalle fiamme. Tutte le tele che componevano il trittico rimasero illese.
E allora, verrebbe da chiedersi, se il San Felice è rimasto a Giovinazzo, quale è la strada che hanno preso le altre opere? Dove sono finite, dove sono custodite? Nella Bologna in cui viveva il mercante citato da Berenson? La curiosità c'è tutta, pur comprendendo come il lavoro in taluni casi sia arduo e spesso non riesca a portare a risultati. La speranza è che gli stessi storici, quelli che hanno preso così a cuore il "San Felice in Cattedra", riescano a ricostruire l'intera vicenda di quello che ormai a tutti gli effetti si può considerare un capolavoro senza tempo.
Ce lo prendiamo tutto, quel rimprovero, visto che avremmo mal interpretato le dichiarazioni rilasciate durante la serata di presentazione del "San Felice in Cattedra" appena restaurato e ritornato nella chiesa di San Domenico. Sappiamo che la Storia è sempre in evoluzione, lo studio e la ricerca, i nuovi documenti possono aggiungere dettagli fino a qualche momento prima del tutto sconosciuti. Compito degli studiosi e degli storici è quello di ricostruire, aggiungere o in qualche caso togliere, da quello che sappiamo. Così è anche per la tela di Lorenzo Lotto. Succede però che i ricercatori non siano bravi divulgatori, succede che abbiano difficoltà a comunicare.
Quello che scoprono, dopo tanta apprezzabile fatica, purtroppo rimane per troppo tempo chiuso nei loro cassetti. E così succede che i cronisti riportino notizie inesatte, qualche volta incomplete, spesso basate su quello che in precedenza si conosceva. Qui nascerebbe la «liberissima deduzione» di chi scrive articoli. Era opinione comune che le altre due tele, quelle dedicate a Sant'Antonio e San Nicola da Tolentino, fossero andate distrutte nell'incendio che nel 1691 si sviluppò in quella che è oggi la sala San Felice, all'epoca tempio consacrato. Adesso apprendiamo che solo i documenti cartacei custoditi in quella chiesa furono aggrediti dalle fiamme. Tutte le tele che componevano il trittico rimasero illese.
E allora, verrebbe da chiedersi, se il San Felice è rimasto a Giovinazzo, quale è la strada che hanno preso le altre opere? Dove sono finite, dove sono custodite? Nella Bologna in cui viveva il mercante citato da Berenson? La curiosità c'è tutta, pur comprendendo come il lavoro in taluni casi sia arduo e spesso non riesca a portare a risultati. La speranza è che gli stessi storici, quelli che hanno preso così a cuore il "San Felice in Cattedra", riescano a ricostruire l'intera vicenda di quello che ormai a tutti gli effetti si può considerare un capolavoro senza tempo.