Il Commento
Angelo Depalma: una vita di servizio
Il sorriso lo ha accompagnato fino all’ultimo
venerdì 4 marzo 2016
13.08
La porta del suo ufficio di Presidente del Consiglio comunale era sempre aperta. Fisicamente aperta. A tutti. E in quell'ufficio ne abbiamo fatte di chiacchierate.
Parlavamo di politica, dai massimi sistemi alle piccole cose quotidiane che coinvolgevano l'operato dell'amministrazione comunale, delle dinamiche che determinano la politica nazionale e internazionale. Parlavamo di letteratura e di cultura in generale, con chiavi di lettura sempre diverse, senza dare mai nulla per scontato. Mi raccontava delle sue esperienze in Francia, degli autori, dei filosofi, che hanno contribuito alla sua formazione, di viaggi di istruzione come accompagnatore di classi scolastiche.
Gli raccontavo dei miei esperienze in giro per il mondo tra popoli «esotici» e tribù. Non mi raccontava della sua fede, quella emergeva in ogni sua parola e in ogni sua azione. Gli raccontavo per contro di come altri popoli, quelli che avevo conosciuto viaggiando, vivevano la loro fede. Qualunque essa fosse. Per Angelo era importante capire e sapere anche questo. Dopo la sua esperienza da Presidente del Consiglio aveva deciso di lasciare ad altri l'agone politico. Per molti sarebbe stato il sindaco ideale.
«È tempo che siano i giovani ad impegnarsi», diceva con il sorriso sulle labbra, declinando l'invito che da più parti gli arrivava a continuare con il suo impegno di amministratore pubblico. Non sapeva ancora della gravità della sua malattia. Una malattia che poi ha combattuto con serenità, con dignità e con forza fino all'ultimo girono. «Fin che sto in piedi sto bene» ripeteva. E lo diceva anche a chi come lui lottava per la sua salute.
Quanta tenerezza nel vederlo confrontarsi con chi era colpito dallo stesso male, confortare e confortarsi. Parlare del suo male quasi in terza persona. Lui che aveva perso la moglie solo pochi anni addietro e sua madre qualche mese fa. Le sue uscite erano diventate più rare negli ultimi tempi. Vederlo in quelle occasioni era sempre un piacere. E tutte le volte non esitava a chiedermi dello stato di salute dei miei genitori, quasi che il loro benessere fosse il suo benessere.
Questo è stato Angelo. Questo è ancora Angelo. Un Uomo che avrebbe potuto insegnare ancora molto a tanti.
(Mino Ciocia)
Parlavamo di politica, dai massimi sistemi alle piccole cose quotidiane che coinvolgevano l'operato dell'amministrazione comunale, delle dinamiche che determinano la politica nazionale e internazionale. Parlavamo di letteratura e di cultura in generale, con chiavi di lettura sempre diverse, senza dare mai nulla per scontato. Mi raccontava delle sue esperienze in Francia, degli autori, dei filosofi, che hanno contribuito alla sua formazione, di viaggi di istruzione come accompagnatore di classi scolastiche.
Gli raccontavo dei miei esperienze in giro per il mondo tra popoli «esotici» e tribù. Non mi raccontava della sua fede, quella emergeva in ogni sua parola e in ogni sua azione. Gli raccontavo per contro di come altri popoli, quelli che avevo conosciuto viaggiando, vivevano la loro fede. Qualunque essa fosse. Per Angelo era importante capire e sapere anche questo. Dopo la sua esperienza da Presidente del Consiglio aveva deciso di lasciare ad altri l'agone politico. Per molti sarebbe stato il sindaco ideale.
«È tempo che siano i giovani ad impegnarsi», diceva con il sorriso sulle labbra, declinando l'invito che da più parti gli arrivava a continuare con il suo impegno di amministratore pubblico. Non sapeva ancora della gravità della sua malattia. Una malattia che poi ha combattuto con serenità, con dignità e con forza fino all'ultimo girono. «Fin che sto in piedi sto bene» ripeteva. E lo diceva anche a chi come lui lottava per la sua salute.
Quanta tenerezza nel vederlo confrontarsi con chi era colpito dallo stesso male, confortare e confortarsi. Parlare del suo male quasi in terza persona. Lui che aveva perso la moglie solo pochi anni addietro e sua madre qualche mese fa. Le sue uscite erano diventate più rare negli ultimi tempi. Vederlo in quelle occasioni era sempre un piacere. E tutte le volte non esitava a chiedermi dello stato di salute dei miei genitori, quasi che il loro benessere fosse il suo benessere.
Questo è stato Angelo. Questo è ancora Angelo. Un Uomo che avrebbe potuto insegnare ancora molto a tanti.
(Mino Ciocia)