Cronaca
Un pentito contro Arbore: «Lì con i nostri voti». La replica: «Diffamazioni»
Le pesanti accuse di Giangaspero in un verbale dell'Antimafia. Spunta anche il nome dell'ex consigliere comunale Delvecchio
Giovinazzo - martedì 30 marzo 2021
10.00
La testimonianza arriva direttamente dal collaboratore di giustizia Michele Giangaspero che davanti ai pm baresi, ha raccontato come nel 2017 - secondo quanto rivela la Repubblica - l'articolazione cittadina del clan Di Cosola avrebbe sostenuto Alfonso Arbore, attuale presidente del consiglio comunale di Giovinazzo.
Il referente del gruppo criminale, a Giovinazzo, era - sempre secondo quanto raccontato dal pentito - un pregiudicato, Mario Del Vecchio, in carcere dallo scorso giugno perché avrebbe indotto due appuntati della Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo - entrambi ai domiciliari - a rivelare informazioni relative a operazioni di polizia giudiziaria, anche in merito alle indagini in corso. Un affare elettorale che coinvolgerebbe anche il fratello di Mario, Antonio, già consigliere comunale.
Antonio Delvecchio, alle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012, fu candidato con il Partito Democratico e con 389 consensi conquistò uno scranno nella massima assise cittadina, prima di dichiararsi indipendente nella seduta del 20 luglio 2012, andando a rinfoltire il Gruppo Misto. «Noi appoggiammo Antonio Del Vecchio quando si candidò come consigliere comunale. E Alfonso Arbore. Hanno vinto tutti», avrebbe raccontato Giangaspero agli inquirenti il 29 gennaio scorso.
«In ordine alle infamanti accuse apparse sui giornali di cronaca odierna - afferma l'avvocato penalista Marco Di Bartolomeo, legale di Antonio Delvecchio - il mio assistito si dichiara assolutamente estraneo ai fatti pubblicati e pronto ad esperire ogni azione giudiziaria opportuna alla tutela della sua immagine». Secondo quanto dichiarato dal pentito, che vive in una città protetta, il clan Di Cosola avrebbe appoggiato non solo Antonio Delvecchio, ma anche Alfonso Arbore.
Il presidente del consiglio comunale di Giovinazzo, che non risulta iscritto nel registro degli indagati, alle elezioni amministrative dell'11 giugno 2017, candidato con la lista civica Terre di Giovinazzo, a supporto dell'attuale sindaco Tommaso Depalma, conquistò 224 voti, prima di essere eletto a numero uno della massima assise cittadina il 26 luglio 2017. Anche lui sarebbe stato sostenuto dal clan: «Noi appoggiammo Antonio Delvecchio. E Alfonso Arbore. Hanno vinto tutti».
Il presidente del consiglio comunale, tra l'altro tra i fondatori di Terre di Giovinazzo, ha deciso di replicare attraverso il suo avvocato, Francesco Mastro: «Quello che è stato scritto da Repubblica - afferma il legale - è assolutamente diffamante perché Giangaspero non ha detto quelle cose. I verbali, che io ho letto, riportano ben altro, anzi tutt'altro e raccontano di un paio di consiglieri comunali, a cui sono stati conferiti i voti, di cui uno è stato aiutato, ma il pentito non ricordava quale».
Secondo il penalista giovinazzese, dunque, Giangaspero non avrebbe indicato Arbore, ma solo un candidato legato a «un candidato sindaco donna, che quindi non poteva essere Arbore che, in effetti, non è mai stato candidato con un candidato sindaco donna e non è mai stato nominato come il possibile fruitore dei voti di Mario Del Vecchio e di Michele Giangaspero. Un articolo diffamante: ora le conseguenze saranno abbastanza dure - promette Mastro - con risarcimenti abbastanza importanti».
Mastro, dunque, smentisce la Repubblica: «Alfonso Arbore non è stato indicato da Michele Giangaspero». Ma lo stesso Arbore, secondo il pentito era «l'affittuario di un locale, il cui proprietario era un agente penitenziario». Tutto ciò avvenne nel 2017, quando Giangaspero fu scarcerato: «Lui (Mario Del Vecchio, nda) mi mette a conoscenza dell'agenzia di scommesse, dove vengono ritirati tutti i soldi delle sostanze stupefacenti, e anche del locale che era intestato l'affittuario ad Alfonso Arbore».
Anche quest'ultimo aspetto l'avvocato Mastro minaccia di querelare chi dice il falso. «Questo locale - dice - era di proprietà di un agente penitenziario ed era dato in affitto ad Arbore. Ma Giangaspero non dice nulla su Arbore e sul suo presunto coinvolgimento in un ipotetico giro di spaccio di sostanze stupefacenti in città. La notizia non è corretta e infanga il mio assistito. Che il locale fosse dato in affitto ad Arbore, questo sì. E quindi? Questa è diffamazione», conclude Mastro.
Le dichiarazioni di Giangaspero, che con le sue rivelazioni, ha fatto arrestare due militari dell'Arma, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, sono ora sul tavolo del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Si attendono le reazioni dal mondo politico. Intanto, questo pomeriggio, si torna in aula con la convocazione del consiglio comunale.
Il referente del gruppo criminale, a Giovinazzo, era - sempre secondo quanto raccontato dal pentito - un pregiudicato, Mario Del Vecchio, in carcere dallo scorso giugno perché avrebbe indotto due appuntati della Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo - entrambi ai domiciliari - a rivelare informazioni relative a operazioni di polizia giudiziaria, anche in merito alle indagini in corso. Un affare elettorale che coinvolgerebbe anche il fratello di Mario, Antonio, già consigliere comunale.
Antonio Delvecchio, alle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012, fu candidato con il Partito Democratico e con 389 consensi conquistò uno scranno nella massima assise cittadina, prima di dichiararsi indipendente nella seduta del 20 luglio 2012, andando a rinfoltire il Gruppo Misto. «Noi appoggiammo Antonio Del Vecchio quando si candidò come consigliere comunale. E Alfonso Arbore. Hanno vinto tutti», avrebbe raccontato Giangaspero agli inquirenti il 29 gennaio scorso.
«In ordine alle infamanti accuse apparse sui giornali di cronaca odierna - afferma l'avvocato penalista Marco Di Bartolomeo, legale di Antonio Delvecchio - il mio assistito si dichiara assolutamente estraneo ai fatti pubblicati e pronto ad esperire ogni azione giudiziaria opportuna alla tutela della sua immagine». Secondo quanto dichiarato dal pentito, che vive in una città protetta, il clan Di Cosola avrebbe appoggiato non solo Antonio Delvecchio, ma anche Alfonso Arbore.
Il presidente del consiglio comunale di Giovinazzo, che non risulta iscritto nel registro degli indagati, alle elezioni amministrative dell'11 giugno 2017, candidato con la lista civica Terre di Giovinazzo, a supporto dell'attuale sindaco Tommaso Depalma, conquistò 224 voti, prima di essere eletto a numero uno della massima assise cittadina il 26 luglio 2017. Anche lui sarebbe stato sostenuto dal clan: «Noi appoggiammo Antonio Delvecchio. E Alfonso Arbore. Hanno vinto tutti».
Il presidente del consiglio comunale, tra l'altro tra i fondatori di Terre di Giovinazzo, ha deciso di replicare attraverso il suo avvocato, Francesco Mastro: «Quello che è stato scritto da Repubblica - afferma il legale - è assolutamente diffamante perché Giangaspero non ha detto quelle cose. I verbali, che io ho letto, riportano ben altro, anzi tutt'altro e raccontano di un paio di consiglieri comunali, a cui sono stati conferiti i voti, di cui uno è stato aiutato, ma il pentito non ricordava quale».
Secondo il penalista giovinazzese, dunque, Giangaspero non avrebbe indicato Arbore, ma solo un candidato legato a «un candidato sindaco donna, che quindi non poteva essere Arbore che, in effetti, non è mai stato candidato con un candidato sindaco donna e non è mai stato nominato come il possibile fruitore dei voti di Mario Del Vecchio e di Michele Giangaspero. Un articolo diffamante: ora le conseguenze saranno abbastanza dure - promette Mastro - con risarcimenti abbastanza importanti».
Mastro, dunque, smentisce la Repubblica: «Alfonso Arbore non è stato indicato da Michele Giangaspero». Ma lo stesso Arbore, secondo il pentito era «l'affittuario di un locale, il cui proprietario era un agente penitenziario». Tutto ciò avvenne nel 2017, quando Giangaspero fu scarcerato: «Lui (Mario Del Vecchio, nda) mi mette a conoscenza dell'agenzia di scommesse, dove vengono ritirati tutti i soldi delle sostanze stupefacenti, e anche del locale che era intestato l'affittuario ad Alfonso Arbore».
Anche quest'ultimo aspetto l'avvocato Mastro minaccia di querelare chi dice il falso. «Questo locale - dice - era di proprietà di un agente penitenziario ed era dato in affitto ad Arbore. Ma Giangaspero non dice nulla su Arbore e sul suo presunto coinvolgimento in un ipotetico giro di spaccio di sostanze stupefacenti in città. La notizia non è corretta e infanga il mio assistito. Che il locale fosse dato in affitto ad Arbore, questo sì. E quindi? Questa è diffamazione», conclude Mastro.
Le dichiarazioni di Giangaspero, che con le sue rivelazioni, ha fatto arrestare due militari dell'Arma, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, sono ora sul tavolo del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Si attendono le reazioni dal mondo politico. Intanto, questo pomeriggio, si torna in aula con la convocazione del consiglio comunale.