Cronaca
Soldi per pilotare le indagini sui Di Cosola: chiesta un'altra condanna
La Procura ha chiesto 15 anni per Laforgia. Si tornerà in aula il 13 luglio con l'arringa della difesa, la sentenza entro l'estate
Giovinazzo - venerdì 1 luglio 2022
Si avvia verso la sentenza il secondo filone della vicenda sui due carabinieri che sarebbero stati a libro paga del clan Di Cosola. La Procura di Bari per l'appuntato scelto Domenico Laforgia, nell'ambito del processo con il rito ordinario che si sta celebrando dinanzi a Tribunale ha chiesto una condanna a 15 anni di carcere.
Secondo l'indagine svolta dal Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia, Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, Antonio Salerno (condannato a 10 anni) e Laforgia (difeso dall'avvocato Tiziano Tedeschi), avrebbero agevolato esponenti del clan Di Cosola, fornendo informazioni sulle operazioni di polizia giudiziaria relative ad indagini in corso, sui turni di servizio e sui controlli da svolgere verso gli affiliati posti ai domiciliari.
Stando alla ricostruzione degli investigatori, i militari, in passato in servizio a Giovinazzo, in almeno due circostanze avrebbero procurato documenti informatici e cartacei contenenti registrazioni e verbali di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. In cambio, secondo l'accusa, avrebbero «ricevuto denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai propri doveri, al fine di agevolare gli appartenenti all'articolazione locale dei Di Cosola».
Tenere a busta paga i due militari dal 2012 al 2018 sarebbe costato complessivamente 400mila euro oltre a regali e persino l'indebito risarcimento del danno per un incidente stradale organizzato su sua richiesta per approfittare dell'indennità di servizio per la malattia. L'inchiesta, il 17 giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un affiliato al clan, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre ai domiciliari, mentre Del Vecchio nel carcere Badu 'e Carros.
Proprio Del Vecchio, il referente del clan nella cittadina barese è stato condannato alla pena più alta (13 anni e 4 mesi), mentre Giotti, ritenuto dagli investigatori il gancio tra il sodalizio criminale e i due militari arrestati, dovrà scontare 7 anni e 8 mesi. Nel primo filone del processo era imputato anche Michele Giangaspero, uomo del clan poi divenuto collaboratore, che con le sue dichiarazioni ha scoperto il vaso di Pandora e fatto arrestare i due militari: è stato condannato a 6 anni.
Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio. Per Laforgia, dopo la requisitoria dell'accusa, il 13 luglio toccherà alla difesa che nel corso delle udienze ha esaminato i testi a discarico. La sentenza è attesa entro l'estate.
Secondo l'indagine svolta dal Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia, Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, Antonio Salerno (condannato a 10 anni) e Laforgia (difeso dall'avvocato Tiziano Tedeschi), avrebbero agevolato esponenti del clan Di Cosola, fornendo informazioni sulle operazioni di polizia giudiziaria relative ad indagini in corso, sui turni di servizio e sui controlli da svolgere verso gli affiliati posti ai domiciliari.
Stando alla ricostruzione degli investigatori, i militari, in passato in servizio a Giovinazzo, in almeno due circostanze avrebbero procurato documenti informatici e cartacei contenenti registrazioni e verbali di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. In cambio, secondo l'accusa, avrebbero «ricevuto denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai propri doveri, al fine di agevolare gli appartenenti all'articolazione locale dei Di Cosola».
Tenere a busta paga i due militari dal 2012 al 2018 sarebbe costato complessivamente 400mila euro oltre a regali e persino l'indebito risarcimento del danno per un incidente stradale organizzato su sua richiesta per approfittare dell'indennità di servizio per la malattia. L'inchiesta, il 17 giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un affiliato al clan, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre ai domiciliari, mentre Del Vecchio nel carcere Badu 'e Carros.
Proprio Del Vecchio, il referente del clan nella cittadina barese è stato condannato alla pena più alta (13 anni e 4 mesi), mentre Giotti, ritenuto dagli investigatori il gancio tra il sodalizio criminale e i due militari arrestati, dovrà scontare 7 anni e 8 mesi. Nel primo filone del processo era imputato anche Michele Giangaspero, uomo del clan poi divenuto collaboratore, che con le sue dichiarazioni ha scoperto il vaso di Pandora e fatto arrestare i due militari: è stato condannato a 6 anni.
Gli imputati sono stati ritenuti colpevoli di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio. Per Laforgia, dopo la requisitoria dell'accusa, il 13 luglio toccherà alla difesa che nel corso delle udienze ha esaminato i testi a discarico. La sentenza è attesa entro l'estate.