Cultura
Peppino Impastato nel ricordo di suo fratello Giovanni
Ieri sera la presentazione del libro "Oltre i cento passi"
Giovinazzo - venerdì 12 maggio 2017
11.17
A 39 anni dall'uccisione di Peppino Impastato, avvenuta il 9 maggio 1978, il cui mandante fu Tano Badalamenti, capomafia di Cinisi, l'argomento resta vivo e di grande interesse. Parlare di mafia senza retorica, senza sciorinare dati appare sempre più difficile, ma è quanto accaduto ieri sera in Sala San Felice, nel corso della presentazione del libro "Oltre i cento passi" di Giovanni Impastato, fratello di Peppino.
A moderare l'incontro, promosso dall'Assessorato alla Pubblica Istruzione, il prof. Francesco Minervini, docente e scrittore. Con lui proprio l'Assessore Michele Sollecito, a cui sono stati affidati i saluti istituzionali (si è sentito «onorato di ospitare Impastato») alla presenza di un folto pubblico composto anche da tanti insegnanti delle scuole giovinazzesi.
Francesco Minervini ha elogiato il Comune di Giovinazzo, a partire dal Vicesindaco, che a differenza di molti altri comuni, forse "spaventati" dall'eco che il cognome Impastato può ancora suscitare, ha accolto questa iniziativa che dà voce ad una storia di vita vera e drammatica. «Peppino Impastato - ha affermato Minervini - è un'icona degli anni '70 e non solo perché lottò contro la mafia locale; Peppino rappresenta la bellezza di esserci! Stasera non si parlerà del film ("I cento passi" di Marco Tullio Giordana, ndr) o solo della storia di Peppino - ha rimarcato il prof. Minervini -.
Stasera verrà messo in risalto l'impegno della mamma Felicia e del fratello Giovanni. Nel libro si racconta della mafia e dei mafiosi che la famiglia Impastato ha conosciuto, del paese di Cinisi in cui un giovane studente, che hanno cercato di infangare perché definito rivoluzionario e di Lotta Continua, rappresentava invece la voglia di esprimersi per "denunciare" e fare chiarezza. Lo sforzo della famiglia è dimostrare che Peppino non ha finito di parlare - ha proseguito il moderatore -. Peppino Impastato scuote ancora le coscienze. Se guardi e taci sei complice della mafia».
Minervini ha altresì evidenziato come Giovanni Falcone definisse la mafia un fatto temporaneo, umano, che dovrà prima o poi passare, anche se per far sì che questo avvenga bisognerebbe sconfiggere il silenzio. Un silenzio che Giovanni Impastato non ha mai conosciuto, nonostante i tanti atti intimidatori, compreso l'atto incendiario contro una pizzeria di sua proprietà.
L'autore ha poi definito i contorni del suo libro, che non è "un libro di denuncia", ma è piuttosto un libro che racconta vita vissuta, vita all'interno di un nucleo famigliare che aveva tra i suoi esponenti anche quel Cesare Manzella, zio di Peppino e Giovanni, divenuto capo mandamento ed ai vertici della Cupola mafiosa.
Era lui un parafulmine che venne meno con la sua uccisione: la famiglia appariva scoperta, non più invulnerabile. Bisognava baciare altre mani.
Nei ricordi che Giovanni Impastato ha espresso dinanzi all'attenta platea, è riaffiorato il nome di Luciano Liggio, latitante protetto dallo zio, ricercato dalla polizia di tutta Italia oltre ad altri mafiosi noti. La mafia era in casa Impastato, quindi, ma Peppino incarnò la rottura degli schemi, la voglia di cambiare davvero.
Il libro narra dello scenario della Sicilia negli anni '60, dello scirocco proveniente dall'Africa, della cultura contadina, dell'acqua che si prendeva dal pozzo, del canto delle cicale e di un ricordo indelebile che Giovanni Impastato vuol condividere legato al buio della sera in cui le lucciole facevano capolino tra i muri di pietra. Ricordi di un bambino diventato poi grande anche grazie alle letture di Pier Paolo Pasolini ed all'impegno del fratello.
Nel suo racconto, l'autore ha ricordato lo scrittore e regista che ha ammirato per l'impegno sociale, parlando della musica degli anni '60, del raduno musicale per eccellenza quale fu Woodstock, del rock che nasceva, dei Pink Floyd, dei cantautori italiani e della canzone impegnata. E poi della scuola cantautorale di Gino Paoli, Bruno Lauzi, Fabrizio De Andrè, poi ancora di Enzo Iannacci, di Giorgio Gaber, di Lucio Dalla, di Francesco Guccini, di Claudio Lolli del talento di Dario Fo, delle band rock storiche come Pfm, Area, Banco del Mutuo Soccorso, colonne sonore di una giovinezza troppo presta andata via.
Nei suoi ricordi occupa un posto rilevante l'immensa passione per Luigi Tenco che non ha mai conosciuto, ma del quale ha visitato la casa e toccato i suoi spartiti, divenuto famoso dopo l'omicidio del fratello. Giovanni Impastato ha raccontato, con linguaggio chiaro e fluido, della sua vita, dell'aver conosciuto la band dei Modena City Ramblers, che andarono al paese a conoscerlo e scrissero la canzone "Cento passi" per dedicarla a Peppino.
Il libro, di sicuro interessante, visti i contenuti dei quali in sintesi abbiamo accennato, è un monito per i giovani affinché crescano con la consapevolezza che anche in contesti difficili, si può e si deve crescere attraverso la vita di ogni giorni, l'approccio alla musica ed alla cultura in genere.
A loro, soprattutto a loro, è giunto forte il messaggio dell'impegno di Giovanni e donna Felicia contro la macchina del fango, contro chi, anche nello Stato, ha tentato di ostacolare il processo che intende rendere giustizia a Peppino.
Battaglia lunga e difficile, a sostegno della quale ieri sera è stata messa in campo una iniziativa atta a sensibilizzare le coscienze verso una legalità condivisa e sempre sostenuta a gran voce e a chiare lettere. Questo messaggio per i giovani presenti sarà un insegnamento da mettere sempre in pratica per il rispetto verso l'altro.
Per ricordare Peppino Impastato ci fa piacere citare uno dei pensieri da lui espressi, una sorta di manifesto di incontri come quello di ieri che intendono scardinare l'omertà e che si propongono di tracciare la via verso la libertà: «La mafia uccide, il silenzio pure».
A moderare l'incontro, promosso dall'Assessorato alla Pubblica Istruzione, il prof. Francesco Minervini, docente e scrittore. Con lui proprio l'Assessore Michele Sollecito, a cui sono stati affidati i saluti istituzionali (si è sentito «onorato di ospitare Impastato») alla presenza di un folto pubblico composto anche da tanti insegnanti delle scuole giovinazzesi.
Francesco Minervini ha elogiato il Comune di Giovinazzo, a partire dal Vicesindaco, che a differenza di molti altri comuni, forse "spaventati" dall'eco che il cognome Impastato può ancora suscitare, ha accolto questa iniziativa che dà voce ad una storia di vita vera e drammatica. «Peppino Impastato - ha affermato Minervini - è un'icona degli anni '70 e non solo perché lottò contro la mafia locale; Peppino rappresenta la bellezza di esserci! Stasera non si parlerà del film ("I cento passi" di Marco Tullio Giordana, ndr) o solo della storia di Peppino - ha rimarcato il prof. Minervini -.
Stasera verrà messo in risalto l'impegno della mamma Felicia e del fratello Giovanni. Nel libro si racconta della mafia e dei mafiosi che la famiglia Impastato ha conosciuto, del paese di Cinisi in cui un giovane studente, che hanno cercato di infangare perché definito rivoluzionario e di Lotta Continua, rappresentava invece la voglia di esprimersi per "denunciare" e fare chiarezza. Lo sforzo della famiglia è dimostrare che Peppino non ha finito di parlare - ha proseguito il moderatore -. Peppino Impastato scuote ancora le coscienze. Se guardi e taci sei complice della mafia».
Minervini ha altresì evidenziato come Giovanni Falcone definisse la mafia un fatto temporaneo, umano, che dovrà prima o poi passare, anche se per far sì che questo avvenga bisognerebbe sconfiggere il silenzio. Un silenzio che Giovanni Impastato non ha mai conosciuto, nonostante i tanti atti intimidatori, compreso l'atto incendiario contro una pizzeria di sua proprietà.
L'autore ha poi definito i contorni del suo libro, che non è "un libro di denuncia", ma è piuttosto un libro che racconta vita vissuta, vita all'interno di un nucleo famigliare che aveva tra i suoi esponenti anche quel Cesare Manzella, zio di Peppino e Giovanni, divenuto capo mandamento ed ai vertici della Cupola mafiosa.
Era lui un parafulmine che venne meno con la sua uccisione: la famiglia appariva scoperta, non più invulnerabile. Bisognava baciare altre mani.
Nei ricordi che Giovanni Impastato ha espresso dinanzi all'attenta platea, è riaffiorato il nome di Luciano Liggio, latitante protetto dallo zio, ricercato dalla polizia di tutta Italia oltre ad altri mafiosi noti. La mafia era in casa Impastato, quindi, ma Peppino incarnò la rottura degli schemi, la voglia di cambiare davvero.
Il libro narra dello scenario della Sicilia negli anni '60, dello scirocco proveniente dall'Africa, della cultura contadina, dell'acqua che si prendeva dal pozzo, del canto delle cicale e di un ricordo indelebile che Giovanni Impastato vuol condividere legato al buio della sera in cui le lucciole facevano capolino tra i muri di pietra. Ricordi di un bambino diventato poi grande anche grazie alle letture di Pier Paolo Pasolini ed all'impegno del fratello.
Nel suo racconto, l'autore ha ricordato lo scrittore e regista che ha ammirato per l'impegno sociale, parlando della musica degli anni '60, del raduno musicale per eccellenza quale fu Woodstock, del rock che nasceva, dei Pink Floyd, dei cantautori italiani e della canzone impegnata. E poi della scuola cantautorale di Gino Paoli, Bruno Lauzi, Fabrizio De Andrè, poi ancora di Enzo Iannacci, di Giorgio Gaber, di Lucio Dalla, di Francesco Guccini, di Claudio Lolli del talento di Dario Fo, delle band rock storiche come Pfm, Area, Banco del Mutuo Soccorso, colonne sonore di una giovinezza troppo presta andata via.
Nei suoi ricordi occupa un posto rilevante l'immensa passione per Luigi Tenco che non ha mai conosciuto, ma del quale ha visitato la casa e toccato i suoi spartiti, divenuto famoso dopo l'omicidio del fratello. Giovanni Impastato ha raccontato, con linguaggio chiaro e fluido, della sua vita, dell'aver conosciuto la band dei Modena City Ramblers, che andarono al paese a conoscerlo e scrissero la canzone "Cento passi" per dedicarla a Peppino.
Il libro, di sicuro interessante, visti i contenuti dei quali in sintesi abbiamo accennato, è un monito per i giovani affinché crescano con la consapevolezza che anche in contesti difficili, si può e si deve crescere attraverso la vita di ogni giorni, l'approccio alla musica ed alla cultura in genere.
A loro, soprattutto a loro, è giunto forte il messaggio dell'impegno di Giovanni e donna Felicia contro la macchina del fango, contro chi, anche nello Stato, ha tentato di ostacolare il processo che intende rendere giustizia a Peppino.
Battaglia lunga e difficile, a sostegno della quale ieri sera è stata messa in campo una iniziativa atta a sensibilizzare le coscienze verso una legalità condivisa e sempre sostenuta a gran voce e a chiare lettere. Questo messaggio per i giovani presenti sarà un insegnamento da mettere sempre in pratica per il rispetto verso l'altro.
Per ricordare Peppino Impastato ci fa piacere citare uno dei pensieri da lui espressi, una sorta di manifesto di incontri come quello di ieri che intendono scardinare l'omertà e che si propongono di tracciare la via verso la libertà: «La mafia uccide, il silenzio pure».