Cronaca
Nasce Adrionet, una svolta epocale per la tutela delle tartarughe
Condividerà dati e procedure operative. Ne farà parte anche il centro di recupero di Molfetta
Giovinazzo - giovedì 30 luglio 2020
9.35
Questa volta la "rete" non rappresenterà una minaccia, ma al contrario una speranza per le tartarughe marine che frequentano l'Adriatico e lo Ionio per nutrirsi e per deporre le uova.
Dopo una gestazione di quasi 8 mesi (complice anche il Covid-19) ha visto infatti la luce in questi giorni la Rete Adriatico-Ionica di coordinamento tra i centri di recupero tartarughe marine, in sigla Adrionet CRTM. Le premesse erano state poste nel dicembre dello scorso anno, a Città Sant'Angelo, in provincia di Pescara, in un convegno nazionale nel quale era emersa la necessità di collaborare per ottimizzare i risultati.
La formula scelta è quella del protocollo di intesa, firmato da 6 CRTM che operano nei mari Adriatico e Ionio: "Luigi Cagnolaro" Pescara, Museo di Storia Naturale del Salento Calimera, Rimini/Riccione, Oasi WWF Policoro, Area Marina Protetta di Torre Guaceto e WWF Molfetta. Naturalmente saranno possibili, e sono anzi auspicate, ulteriori adesioni.
Della rete fanno parte anche professionisti che, pur non strutturati in forma di CRTM, sono coinvolti, sul piano scientifico e operativo, nelle tematiche connesse al recupero delle tartarughe. Attualmente queste figure rappresentano la Societas Herpetologica Italica, il CNR-IRBIM di Ancona, l'Istituto Zooprofilattico di Teramo e le Università di Bari, Pisa e Foggia.
Gli obiettivi sono ambiziosi: coordinamento e standardizzazione delle modalità e dei protocolli di intervento, condivisione delle esperienze gestionali, regole comuni nella raccolta dei dati con la finalità di realizzare studi a più ampio raggio e di maggiore rilievo scientifico, accrescimento della capacità di influenza nei confronti dei decision makers e, analogamente, realizzazione di campagne di informazione rivolte ai cittadini per favorire programmi e iniziative finalizzati alla salvaguardia delle tartarughe e più in generale della biodiversità e delle buone condizioni dei mari Adriatico e Ionio in tutte le loro componenti.
La Rete sarà gestita da un Comitato tecnico (un rappresentante per ogni aderente), da un segretariato e da un coordinatore-portavoce. Tutti gli incarichi avranno durata annuale e saranno svolti a rotazione dagli aderenti.
Che cosa cambia in concreto è presto detto: in passato ciascun centro operava per proprio conto o al più in collaborazione con quelli confinanti con metodologie, di azione e di raccolta dati, difficilmente comparabili, anche se tutte ispirate alle "Linee Guida per il recupero, soccorso, affidamento e gestione delle tartarughe marine ai fini della riabilitazione e per la manipolazione e rilascio a scopi scientifici" varate da Ispra nel 2013.
La Rete consentirà di ottimizzare i risultati attraverso scambio di informazioni, di buone pratiche e collaborazione in mare e nei centri. Una svolta epocale: non più competizione ma condivisione nella consapevolezza che insieme si riuscirà a ottenere migliori risultati nell'interesse delle tartarughe e del mare.
Dopo una gestazione di quasi 8 mesi (complice anche il Covid-19) ha visto infatti la luce in questi giorni la Rete Adriatico-Ionica di coordinamento tra i centri di recupero tartarughe marine, in sigla Adrionet CRTM. Le premesse erano state poste nel dicembre dello scorso anno, a Città Sant'Angelo, in provincia di Pescara, in un convegno nazionale nel quale era emersa la necessità di collaborare per ottimizzare i risultati.
La formula scelta è quella del protocollo di intesa, firmato da 6 CRTM che operano nei mari Adriatico e Ionio: "Luigi Cagnolaro" Pescara, Museo di Storia Naturale del Salento Calimera, Rimini/Riccione, Oasi WWF Policoro, Area Marina Protetta di Torre Guaceto e WWF Molfetta. Naturalmente saranno possibili, e sono anzi auspicate, ulteriori adesioni.
Della rete fanno parte anche professionisti che, pur non strutturati in forma di CRTM, sono coinvolti, sul piano scientifico e operativo, nelle tematiche connesse al recupero delle tartarughe. Attualmente queste figure rappresentano la Societas Herpetologica Italica, il CNR-IRBIM di Ancona, l'Istituto Zooprofilattico di Teramo e le Università di Bari, Pisa e Foggia.
Gli obiettivi sono ambiziosi: coordinamento e standardizzazione delle modalità e dei protocolli di intervento, condivisione delle esperienze gestionali, regole comuni nella raccolta dei dati con la finalità di realizzare studi a più ampio raggio e di maggiore rilievo scientifico, accrescimento della capacità di influenza nei confronti dei decision makers e, analogamente, realizzazione di campagne di informazione rivolte ai cittadini per favorire programmi e iniziative finalizzati alla salvaguardia delle tartarughe e più in generale della biodiversità e delle buone condizioni dei mari Adriatico e Ionio in tutte le loro componenti.
La Rete sarà gestita da un Comitato tecnico (un rappresentante per ogni aderente), da un segretariato e da un coordinatore-portavoce. Tutti gli incarichi avranno durata annuale e saranno svolti a rotazione dagli aderenti.
Che cosa cambia in concreto è presto detto: in passato ciascun centro operava per proprio conto o al più in collaborazione con quelli confinanti con metodologie, di azione e di raccolta dati, difficilmente comparabili, anche se tutte ispirate alle "Linee Guida per il recupero, soccorso, affidamento e gestione delle tartarughe marine ai fini della riabilitazione e per la manipolazione e rilascio a scopi scientifici" varate da Ispra nel 2013.
La Rete consentirà di ottimizzare i risultati attraverso scambio di informazioni, di buone pratiche e collaborazione in mare e nei centri. Una svolta epocale: non più competizione ma condivisione nella consapevolezza che insieme si riuscirà a ottenere migliori risultati nell'interesse delle tartarughe e del mare.