Chiesa locale
La Via Crucis cittadina in Concattedrale tra preghiera e riflessione profonda
A Giovinazzo è arrivata la croce fatta fare con i resti del relitto del barcone dei migranti morti a Cutro
Giovinazzo - lunedì 3 aprile 2023
22.33
La Via Crucis cittadina, organizzata dall'Azione Cattolica con il sostegno della Diocesi, a causa del maltempo, si è svolta questa sera, 3 aprile, all'interno della Concattedrale di Giovinazzo.
Vi hanno partecipato tutte le parrocchie e il clero cittadino, ed il momento di preghiera e riflessione collettiva è stato presieduto dal vescovo della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Mons. Domenico Cornacchia.
«Forgiamo i nostri sentimenti interiori - ha detto il parroco di Santa Maria Assunta, don Andrea Azzollini - , giusti per vivere il pio esercizio della Via crucis, apriamo i nostri cuori all'amore di Dio. Preghiamo lungo la via della croce con le parole e le riflessioni scritte dal venerabile don Tonino Bello. Chiediamo unanime opposizione alla guerra, che Papa Francesco definisce pazzia».
Il Vescovo ha soffermato l'attenzione dei numerosi fedeli presenti sul simbolo della croce. «Sarà un momento di preghiera e di meditazione collettiva sul valore salvifico della croce, che vuol dire Passione ma anche fedeltà; preghiamo per le anime di chi invano ha atteso l'alba della libertà, per le tante vittime dei naufragi in mare».
La via Crucis è stato, più che mai quest'anno, un momento condiviso di preghiera attorno alla croce fatta realizzare da don Francesco Loprete con alcuni resti dell'imbarcazione naufragata sulla costa di Steccato di Cutro, in Calabria. Tra la notte del 25 e del 26 febbraio scorso, in quel naufragio, hanno perduto la vita 90 persone, tra cui 35 bambini al di sotto dei 12 anni.
Sulla via dolorosa che porta alla croce ci sono anche loro. Ciascuno di noi, ciascun cattolico, ciascun cristiano, dovrà avere la forza di chiedersi ciò che può fare per fermare tutto questo, commercio e morte di tanti innocenti, con l'unica colpa di cercare una vita migliore lontani da fame, violenza e guerre.
Vivere intensamente la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo vuol dire anche questo, mettersi a nudo e chiedere perdono per quante volte ci siamo scoperti indifferenti, o peggio, assuefatti al dolore altrui.
Vi hanno partecipato tutte le parrocchie e il clero cittadino, ed il momento di preghiera e riflessione collettiva è stato presieduto dal vescovo della Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, Mons. Domenico Cornacchia.
«Forgiamo i nostri sentimenti interiori - ha detto il parroco di Santa Maria Assunta, don Andrea Azzollini - , giusti per vivere il pio esercizio della Via crucis, apriamo i nostri cuori all'amore di Dio. Preghiamo lungo la via della croce con le parole e le riflessioni scritte dal venerabile don Tonino Bello. Chiediamo unanime opposizione alla guerra, che Papa Francesco definisce pazzia».
Il Vescovo ha soffermato l'attenzione dei numerosi fedeli presenti sul simbolo della croce. «Sarà un momento di preghiera e di meditazione collettiva sul valore salvifico della croce, che vuol dire Passione ma anche fedeltà; preghiamo per le anime di chi invano ha atteso l'alba della libertà, per le tante vittime dei naufragi in mare».
La via Crucis è stato, più che mai quest'anno, un momento condiviso di preghiera attorno alla croce fatta realizzare da don Francesco Loprete con alcuni resti dell'imbarcazione naufragata sulla costa di Steccato di Cutro, in Calabria. Tra la notte del 25 e del 26 febbraio scorso, in quel naufragio, hanno perduto la vita 90 persone, tra cui 35 bambini al di sotto dei 12 anni.
Sulla via dolorosa che porta alla croce ci sono anche loro. Ciascuno di noi, ciascun cattolico, ciascun cristiano, dovrà avere la forza di chiedersi ciò che può fare per fermare tutto questo, commercio e morte di tanti innocenti, con l'unica colpa di cercare una vita migliore lontani da fame, violenza e guerre.
Vivere intensamente la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo vuol dire anche questo, mettersi a nudo e chiedere perdono per quante volte ci siamo scoperti indifferenti, o peggio, assuefatti al dolore altrui.