Corsivi
Il silenzio di ciò che non è stato
Una riflessione sul Venerdì di Passione più surreale degli ultimi decenni
Giovinazzo - sabato 4 aprile 2020
13.40
No, non li abbiamo visti incedere lentamente per le strade cittadine, tra due ali di fedeli che pregavano, si segnavano e parlottavano tra loro sottovoce. Il vociare dell'attesa che non si è fatto composto e poi silenzio pregno di devozione al passaggio dell'effigie dell'Addolorata.
I confratelli della Purificazione non si sono vestiti con l'abito e lo scapolare giallo che li caratterizza ed il primo, inevitabile "ritrovo" della primavera non ha avuto luogo ieri sera. Nessuna processione, nessun assembramento (che parola orribile) di devoti. Nulla. Solo silenzio mesto per le strade. E non per il meteo avverso o per inconvenienti dell'ultim'ora, ma per un nemico che colpisce alle spalle e che non conoscevamo fino a ieri.
Non ci siamo ritrovati, fedeli e passanti, credenti ed atei, per le vie e nelle piazze di Giovinazzo. La processione del Venerdì di Passione rappresenta inevitabilmente il primo momento in cui ci si ritrova davvero in tanti, quasi tutti, dopo la pausa invernale.
Che si sia cattolici o no, poco importa. Sarebbe stata quella la serata deputata al "risveglio" della comunità giovinazzese, il primo sussulto collettivo dopo il letargo che forse dura dai Falò di Sant'Antonio Abate. Le ore in cui la passione e morte di Cristo sarebbero entrate nel cuore dei credenti ed in cui la leggerezza delle festività imminenti avrebbero pervaso anche tutti gli altri.
Anziane vestite con abiti scuri e giovani coppie coi passeggini avrebbero incrociato gli sguardi. Adulti con bimbi per mano si sarebbero fermati al passaggio della Madre dolorosa, gli occhietti dei secondi increduli davanti ad un mistero che non avrebbero compreso. Confratelli e spettatori del rito della pietà popolare si sarebbero stretti assieme, come fa una comunità di persone che hanno scelto di vivere in quel posto. Stretti, nelle strade, per le strade. I primi col peso sulle spalle dell'effigie, i secondi per pregare, come succede nei paesi, nei nostri paesi del sud Italia, ed osservare l'amico o il parente per trarne qualche chiacchiera da condividere. Meno nobile, ma molto frequente.
Non è accaduto e secondo le prescrizioni diocesane potrebbe accadere il 15 settembre. Dopo, con calma, quando tutto sarà finito. Forse.
Siamo rimasti dentro le nostre case a vivere la nostra Passione "necessaria" a sconfiggere un nemico invisibile e le uniche note che si sono udite provenivano dai nostri pc, su cui andavano in onda le Sante Messe in chiese vuote come quelle dei territori martoriati dalle guerre.
Fuori solo silenzio. Il silenzio dei nostri luoghi senza di noi e di ciò che non è stato.
I confratelli della Purificazione non si sono vestiti con l'abito e lo scapolare giallo che li caratterizza ed il primo, inevitabile "ritrovo" della primavera non ha avuto luogo ieri sera. Nessuna processione, nessun assembramento (che parola orribile) di devoti. Nulla. Solo silenzio mesto per le strade. E non per il meteo avverso o per inconvenienti dell'ultim'ora, ma per un nemico che colpisce alle spalle e che non conoscevamo fino a ieri.
Non ci siamo ritrovati, fedeli e passanti, credenti ed atei, per le vie e nelle piazze di Giovinazzo. La processione del Venerdì di Passione rappresenta inevitabilmente il primo momento in cui ci si ritrova davvero in tanti, quasi tutti, dopo la pausa invernale.
Che si sia cattolici o no, poco importa. Sarebbe stata quella la serata deputata al "risveglio" della comunità giovinazzese, il primo sussulto collettivo dopo il letargo che forse dura dai Falò di Sant'Antonio Abate. Le ore in cui la passione e morte di Cristo sarebbero entrate nel cuore dei credenti ed in cui la leggerezza delle festività imminenti avrebbero pervaso anche tutti gli altri.
Anziane vestite con abiti scuri e giovani coppie coi passeggini avrebbero incrociato gli sguardi. Adulti con bimbi per mano si sarebbero fermati al passaggio della Madre dolorosa, gli occhietti dei secondi increduli davanti ad un mistero che non avrebbero compreso. Confratelli e spettatori del rito della pietà popolare si sarebbero stretti assieme, come fa una comunità di persone che hanno scelto di vivere in quel posto. Stretti, nelle strade, per le strade. I primi col peso sulle spalle dell'effigie, i secondi per pregare, come succede nei paesi, nei nostri paesi del sud Italia, ed osservare l'amico o il parente per trarne qualche chiacchiera da condividere. Meno nobile, ma molto frequente.
Non è accaduto e secondo le prescrizioni diocesane potrebbe accadere il 15 settembre. Dopo, con calma, quando tutto sarà finito. Forse.
Siamo rimasti dentro le nostre case a vivere la nostra Passione "necessaria" a sconfiggere un nemico invisibile e le uniche note che si sono udite provenivano dai nostri pc, su cui andavano in onda le Sante Messe in chiese vuote come quelle dei territori martoriati dalle guerre.
Fuori solo silenzio. Il silenzio dei nostri luoghi senza di noi e di ciò che non è stato.