Le intercettazioni dei Carabinieri
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Cronaca

Voto di scambio, lo sfogo del clan: «Se si decidevano prima... »

«Il voto veniva pagato 50-60 euro dal politico, 15-20 euro alla persona». Le rivelazioni del pentito Di Cosola

Natale Mariella, imprenditore barese candidatosi alle elezioni regionali del 2015 con la lista dei Popolari, non era stato eletto al Consiglio Regionale, ma aveva ricevuto centinaia di voti (512 nella sola Giovinazzo) proprio nei Comuni nei quali non era dato tra i favoriti.

Lo stupore di chi commentava così il dopo elezioni compare nelle oltre 100 pagine che compongono l'ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Francesco Agnino, e che ha portato in carcere 22 persone (tra queste tre giovinazzesi, il 42enne Carmine Maisto, il 37enne Pasquale Maisto e il 28enne Piero Mesecorto), in gran parte affiliate al clan mafioso dei Di Cosola.

Le accuse, a vario titolo, sono voto di scambio, associazione mafiosa e coercizione elettorale in concorso. Tra gli arrestati, anche Armando Giove, amico e braccio destro di Mariella, anche lui politico. Giove sarebbe stato incastrato dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Michele Di Cosola (figlio dello storico capoclan Antonio, pentitosi prima di suo figlio), ma anche da alcune intercettazioni ambientali.

Le indagini dei Carabinieri del Nucleo investigativo di Bari, durate un anno e sono state coordinate dai pubblici ministeri antimafia Carmelo Rizzo e Federico Perrone Capano, hanno documentato come il clan avrebbe assicurato a Natale Mariella migliaia di voti, proprio in quei comuni nei quali c'era una maggiore presenza criminale, tra cui Giovinazzo.

Secondo gli investigatori, Giove avrebbe offerto 50 euro a voto, 20 dei quali sarebbero andati all'elettore, la restante parte al clan. «Dopo aver pagato - ha spiegato il comandante provinciale di Bari, il colonnello Vincenzo Molinese - si assicuravano che gli elettori che dovevano garantire il voto, attraverso delle minacce, facessero quanto da loro promesso».

Nelle carte, gli affiliati raccontano lo stupore di alcuni presidenti di seggio che, leggendo le schede elettorali e ritrovando sempre lo stesso nome, ne evidenziavano la stranezza considerata anche l'assenza di rappresentanti di lista. E il fatto che Natale Mariella non fosse poi stato eletto è attribuito dagli stessi malavitosi al ritardo con cui il gruppo affaristico criminale si era mosso: «Magari se si decidevano prima del 20 maggio!».
I verbali

«Il voto veniva pagato 50-60 euro dal politico, 15-20 euro alla persona che doveva andare a votare e poi c'era il guadagnano su quel voto. A ognuno di noi sono arrivati dopo le elezioni 4-5mila euro a testa». Le rivelazioni fanno riferimento alle elezioni regionali in Puglia del 2015 e sono contenute nel verbale di interrogatorio di Michele Di Cosola, figlio dello storico capoclan barese, divenuto nei mesi scorsi collaboratore di giustizia.

Il politico al quale Di Cosola è Mariella. «Secondo me al politico - dice il pentito - questa cosa è costata almeno 100mila euro». Nel suo interrogatorio, reso agli inquirenti baresi nel maggio scorso, Michele Di Cosola spiega che «c'erano parecchi soggetti che hanno lavorato per questo politico, per portare il voto a questo politico in vari paesi», divisi per zone fra il rione barese di Ceglie del Campo, Giovinazzo, Bitritto e Valenzano, alle porte di Bari.
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