Attualità
II Traversa Marconi diventa via Ottavio Maria Daconto
Domani la cerimonia d'intitolazione alle ore 10.00. Ecco chi era l'uomo a cui sarà dato un posto nella toponomastica cittadina
Giovinazzo - mercoledì 27 novembre 2019
16.49
Si terrà domattina, giovedì 28 novembre, l'intitolazione dell'attuale II Traversa di via Marconi al Generale Ottavio Maria Daconto.
La giornata che Giovinazzo dedicherà ad una così insigne figura si completerà poi nel pomeriggio a partire dalle ore 18.30, in sala San felice, con la conferenza dal titolo significativo: "Piegato, non spezzato: il contributo dell'Esercito Italiano alla guerra di Liberazione".
Dopo i saluti istituzionali, vi sarà la testimonianza del Capitano di Vascello Attilio Maria Daconto, Comandante della II Direzione Marittima di Puglia e Basilicata, a cui seguirà un intervento di carattere accademico, a cura del Gen. C.A. Michele Torres, docente di Geopolitica e delle Relazioni Internazionali all'Università degli Studi "Aldo Moro" di Bari.
A chiudere l'evento ci saranno i saluti conclusivi affidati nuovamente al Gen. B.Giorgio Rainò. L'incontro sarà moderato dal Maggiore Mauro Lastella, Capo Sezione Pubblica Informazione Comando Militare dell'Esercito della Puglia.
Biografia completa
Ottavio Maria Daconto, nasce a Giovinazzo il 7 ottobre del 1920, da Saverio Daconto, medico chirurgo, insigne storico e studioso di storia locale già vice presidente della Deputazione Provinciale di "Storia Patria", e da Maria Palombella, figlia di Giuseppe Palombella medico chirurgo e sindaco di Giovinazzo e Consigliere Provinciale in epoca prefascista attento alla crescita politica, sociale e culturale della sua città, a cui l'Amministrazione Comunale di Giovinazzo ha intitolato la Villa Comunale come a Saverio Daconto una strada della città .
L'essere cresciuto in tale contesto familiare contribuì, non poco, alla sua formazione ed alla sua solida cultura umanistica.
Ultimati gli studi classici, presso il Liceo Ginnasio Matteo Spinelli di Giovinazzo, entrò alla Ragia Accademia di Fanteria e Cavalleria dell'Esercito a Modena, ove frequentò l'83^ Corso Rex.
Terminata l'Accademia, i cui corsi per lo scoppio del secondo conflitto bellico furono compressi, partecipò dalla fine del 1941 ai primi mesi del 1943 alla campagna di guerra in Africa Settentrionale.
Conclusasi, tragicamente, la campagna d'Africa con la sconfitta delle Truppe dell'Asse ed il conseguente rientro in Italia, prese parte, dal febbraio all'agosto del 1943, ai combattimenti in difesa della Sicilia.
Nell'agosto del 1943, con la conquista definitiva dell'Isola da parte degli Anglo-Americani ed il conseguente ordine di ripiegare in continente, l'allora Tenente Daconto, si ritrovò, per varie, complesse e tragiche ragioni, tra le quali l'essere l'unico Ufficiale non isolano, a comandare il Reggimento cui era stato destinato, peraltro numericamente ridotto per le numerose perdite.
Nel corso del ripiegamento dapprima verso Salerno e poi verso Napoli avvenne un episodio che descrive meglio di qualsiasi altro episodio l'uomo Ottavio Daconto.
Passando da Pizzo Calabro, ricordò che in quella cittadina era stato giustiziato Gioacchino Murat le cui doti di grande soldato Egli aveva sempre ammirato. Decise, quindi, di accampare il reparto e si recò in Comune. Giunto al Municipio chiese all'impiegato dello Stato Civile di poter ricopiare l'atto di morte di Murat. L'Ufficiale di Stato Civile, attonito e sbigottito, gli rispose che con tutto quello stava succedendo la Sua richiesta gli sembrava una follia. L'allora Tenente Daconto replicò che sarebbe potuto morire quel giorno stesso e che quello poteva essere il suo ultimo desiderio non poteva, quindi, negarglielo. L'Ufficiale di Stato Civile, sorrise e con fare rassegnato, anche in ragione della giustificazione della sua insistenza, gli permise di fare ciò che gli era stato chiesto.
Giunto a Napoli con i resti del Reggimento, fu assegnato al 153^ Comando Tappa, e lì rimase fino ai primi di ottobre del 1943, allorquando dopo la liberazione della città, cui aveva partecipato inquadrato nelle truppe del Regno del Sud, ebbe l'ordine di smobilitazione ed il permesso di rientrare a casa.
Non volendo dismettere la divisa e vestire panni borghesi per sfuggire all'eventuale incontro di truppe tedesche che, ancora presenti nel meridione d'Italia, rastrellavano le campagne e le città alla ricerca di militari del Regio Esercito, ritenuti disertori, ritornò a Giovinazzo a piedi e in uniforme militare fra mille peripezie.
Infatti, nelle campagne del beneventano fu catturato da una pattuglia tedesca ma, fortuna volle, che il capo di quella pattuglia fosse un Sottufficiale tedesco che il Tenente Daconto aveva conosciuto in Africa Settentrionale e con il quale aveva avuto un ottimo rapporto. Quel Sottufficiale, riconosciutolo consentì a Daconto di fuggire e di proseguire per Giovinazzo. Nei pressi di Cerignola, però, si ammalò con febbre altissima fu accolto, praticamente stremato, da una famiglia di contadini che lo tenne in casa fino alla sua guarigione.
Finalmente a fine ottobre fece rientro a casa dove rimase solo qualche giorno, in quanto fu mobilitato con il ricostituito Regio Esercito ed assegnato al 184^ Reggimento Artiglieria "Nembo", inquadrato nell'omonima divisione poi rinominato in "Folgore". Inquadrato in questa Unità, facente parte dapprima del 1° Raggruppamento Motorizzato ed in seguito del Corpo Italiano di Liberazione, partecipò al fianco delle truppe alleate alla liberazione del territorio italiano. Pagina della Storia d'Italia poco conosciuta ma determinante per ricostruire l'ossatura della Forze Armate Italiane dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Avendo partecipato ad una delle più sanguinose battaglie della guerra di liberazione combattuta a Filottrano fu insignito della cittadinanza onoraria di quella città.
Nel corso della sua prestigiosa carriera ha svolto importanti incarichi di Comando fino a Comandante della Scuola Ufficiali di Amministrazione di Maddaloni, e Direttore della Direzione di Amministrazione del Comando Militare Territoriale della Regione Militare Meridionale a Napoli.
Durante tale incarico, in occasione del terremoto dell'Irpinia del 1980, in ragione delle sue particolari capacità e doti organizzative, fu Ufficiale responsabile dei soccorsi in molti Comuni della Basilicata e dell'avellinese colpiti dal sisma.
Negli ultimi anni della carriera ricoprì incarichi di sicurezza nell'ambito dei Servizi Segreti Militari.
Fin qui la sua vita professionale. Ottavio Maria Daconto fu uomo dotato di immensa e poliedrica cultura. Laureato in giurisprudenza, sempre aperto alla conoscenza e al sapere che, anche nell'ambito sociale profuse il suo utile, fattivo e prezioso contributo, non solo in forma privata ed anonima ma anche quale socio del Rotary club di Molfetta, di cui divenne presidente tra il 1989 ed il 1990.
Profondamente religioso, fu confratello della Confraternita della Santissima Trinità.
Sposò nel 1962 Concetta Jannone, insegnante e figlia di Attilio Jannone e Alba Messere, dal loro matrimonio sono nati due figli Francesco Saverio e Attilio Maria.
n. 2 Croci al Merito di Guerra;
Medaglia di Benemerenza per i volontari della Guerra 1940 – 1945 ed attraversamento delle linee;
Medaglia commemorativa della Guerra 1940 – 1943 per essere stato in territorio dichiarato in stato di Guerra tra il 1941 ed il 1943;
Medaglia commemorativa della Guerra 1943 – 1945 per essere stato in territorio dichiarato in stato di Guerra tra il 1943 ed il 1945;
Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana;
Cavaliere dell'Ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro;
Medaglia Mauriziana al Merito dei 10 lustri di carriera militare;
Croce d'Oro per anzianità di servizio;
Medaglia commemorativa per le operazioni di soccorso in Campania in occasione del sisma del 1980;
Cavaliere del Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio;
Croce Lateranense di 1ª classe.
Il programma della giornata
La cerimonia, a cui è invitata tutta la cittadinanza, avrà inizio alle ore 10.00. Dopo i saluti del Sindaco, Tommaso Depalma, prenderà la parola, il Gen. B. Giorgio Rainò, Comandante territoriale della Puglia dell'Esercito Italiano. La cerimonia inizierà alle ore 10.00 e vi è invitata tutta la cittadinanza.La giornata che Giovinazzo dedicherà ad una così insigne figura si completerà poi nel pomeriggio a partire dalle ore 18.30, in sala San felice, con la conferenza dal titolo significativo: "Piegato, non spezzato: il contributo dell'Esercito Italiano alla guerra di Liberazione".
Dopo i saluti istituzionali, vi sarà la testimonianza del Capitano di Vascello Attilio Maria Daconto, Comandante della II Direzione Marittima di Puglia e Basilicata, a cui seguirà un intervento di carattere accademico, a cura del Gen. C.A. Michele Torres, docente di Geopolitica e delle Relazioni Internazionali all'Università degli Studi "Aldo Moro" di Bari.
A chiudere l'evento ci saranno i saluti conclusivi affidati nuovamente al Gen. B.Giorgio Rainò. L'incontro sarà moderato dal Maggiore Mauro Lastella, Capo Sezione Pubblica Informazione Comando Militare dell'Esercito della Puglia.
Chi era Ottavio Maria Daconto
Per i più giovani, per chi non lo ha conosciuto, per quanti invece sanno chi fosse ma non ne conoscono la storia umana e professionale nel dettaglio, vi proponiamo la sua biografia completa per la quale ringraziamo il figlio, Francesco Saverio Daconto.Biografia completa
Ottavio Maria Daconto, nasce a Giovinazzo il 7 ottobre del 1920, da Saverio Daconto, medico chirurgo, insigne storico e studioso di storia locale già vice presidente della Deputazione Provinciale di "Storia Patria", e da Maria Palombella, figlia di Giuseppe Palombella medico chirurgo e sindaco di Giovinazzo e Consigliere Provinciale in epoca prefascista attento alla crescita politica, sociale e culturale della sua città, a cui l'Amministrazione Comunale di Giovinazzo ha intitolato la Villa Comunale come a Saverio Daconto una strada della città .
L'essere cresciuto in tale contesto familiare contribuì, non poco, alla sua formazione ed alla sua solida cultura umanistica.
Ultimati gli studi classici, presso il Liceo Ginnasio Matteo Spinelli di Giovinazzo, entrò alla Ragia Accademia di Fanteria e Cavalleria dell'Esercito a Modena, ove frequentò l'83^ Corso Rex.
Terminata l'Accademia, i cui corsi per lo scoppio del secondo conflitto bellico furono compressi, partecipò dalla fine del 1941 ai primi mesi del 1943 alla campagna di guerra in Africa Settentrionale.
Conclusasi, tragicamente, la campagna d'Africa con la sconfitta delle Truppe dell'Asse ed il conseguente rientro in Italia, prese parte, dal febbraio all'agosto del 1943, ai combattimenti in difesa della Sicilia.
Nell'agosto del 1943, con la conquista definitiva dell'Isola da parte degli Anglo-Americani ed il conseguente ordine di ripiegare in continente, l'allora Tenente Daconto, si ritrovò, per varie, complesse e tragiche ragioni, tra le quali l'essere l'unico Ufficiale non isolano, a comandare il Reggimento cui era stato destinato, peraltro numericamente ridotto per le numerose perdite.
Nel corso del ripiegamento dapprima verso Salerno e poi verso Napoli avvenne un episodio che descrive meglio di qualsiasi altro episodio l'uomo Ottavio Daconto.
Passando da Pizzo Calabro, ricordò che in quella cittadina era stato giustiziato Gioacchino Murat le cui doti di grande soldato Egli aveva sempre ammirato. Decise, quindi, di accampare il reparto e si recò in Comune. Giunto al Municipio chiese all'impiegato dello Stato Civile di poter ricopiare l'atto di morte di Murat. L'Ufficiale di Stato Civile, attonito e sbigottito, gli rispose che con tutto quello stava succedendo la Sua richiesta gli sembrava una follia. L'allora Tenente Daconto replicò che sarebbe potuto morire quel giorno stesso e che quello poteva essere il suo ultimo desiderio non poteva, quindi, negarglielo. L'Ufficiale di Stato Civile, sorrise e con fare rassegnato, anche in ragione della giustificazione della sua insistenza, gli permise di fare ciò che gli era stato chiesto.
Giunto a Napoli con i resti del Reggimento, fu assegnato al 153^ Comando Tappa, e lì rimase fino ai primi di ottobre del 1943, allorquando dopo la liberazione della città, cui aveva partecipato inquadrato nelle truppe del Regno del Sud, ebbe l'ordine di smobilitazione ed il permesso di rientrare a casa.
Non volendo dismettere la divisa e vestire panni borghesi per sfuggire all'eventuale incontro di truppe tedesche che, ancora presenti nel meridione d'Italia, rastrellavano le campagne e le città alla ricerca di militari del Regio Esercito, ritenuti disertori, ritornò a Giovinazzo a piedi e in uniforme militare fra mille peripezie.
Infatti, nelle campagne del beneventano fu catturato da una pattuglia tedesca ma, fortuna volle, che il capo di quella pattuglia fosse un Sottufficiale tedesco che il Tenente Daconto aveva conosciuto in Africa Settentrionale e con il quale aveva avuto un ottimo rapporto. Quel Sottufficiale, riconosciutolo consentì a Daconto di fuggire e di proseguire per Giovinazzo. Nei pressi di Cerignola, però, si ammalò con febbre altissima fu accolto, praticamente stremato, da una famiglia di contadini che lo tenne in casa fino alla sua guarigione.
Finalmente a fine ottobre fece rientro a casa dove rimase solo qualche giorno, in quanto fu mobilitato con il ricostituito Regio Esercito ed assegnato al 184^ Reggimento Artiglieria "Nembo", inquadrato nell'omonima divisione poi rinominato in "Folgore". Inquadrato in questa Unità, facente parte dapprima del 1° Raggruppamento Motorizzato ed in seguito del Corpo Italiano di Liberazione, partecipò al fianco delle truppe alleate alla liberazione del territorio italiano. Pagina della Storia d'Italia poco conosciuta ma determinante per ricostruire l'ossatura della Forze Armate Italiane dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
Avendo partecipato ad una delle più sanguinose battaglie della guerra di liberazione combattuta a Filottrano fu insignito della cittadinanza onoraria di quella città.
Nel corso della sua prestigiosa carriera ha svolto importanti incarichi di Comando fino a Comandante della Scuola Ufficiali di Amministrazione di Maddaloni, e Direttore della Direzione di Amministrazione del Comando Militare Territoriale della Regione Militare Meridionale a Napoli.
Durante tale incarico, in occasione del terremoto dell'Irpinia del 1980, in ragione delle sue particolari capacità e doti organizzative, fu Ufficiale responsabile dei soccorsi in molti Comuni della Basilicata e dell'avellinese colpiti dal sisma.
Negli ultimi anni della carriera ricoprì incarichi di sicurezza nell'ambito dei Servizi Segreti Militari.
Fin qui la sua vita professionale. Ottavio Maria Daconto fu uomo dotato di immensa e poliedrica cultura. Laureato in giurisprudenza, sempre aperto alla conoscenza e al sapere che, anche nell'ambito sociale profuse il suo utile, fattivo e prezioso contributo, non solo in forma privata ed anonima ma anche quale socio del Rotary club di Molfetta, di cui divenne presidente tra il 1989 ed il 1990.
Profondamente religioso, fu confratello della Confraternita della Santissima Trinità.
Sposò nel 1962 Concetta Jannone, insegnante e figlia di Attilio Jannone e Alba Messere, dal loro matrimonio sono nati due figli Francesco Saverio e Attilio Maria.
Medaglie, titoli ed onorificenze
Ottavio Maria Daconto fu insignito delle seguenti onorificenze:n. 2 Croci al Merito di Guerra;
Medaglia di Benemerenza per i volontari della Guerra 1940 – 1945 ed attraversamento delle linee;
Medaglia commemorativa della Guerra 1940 – 1943 per essere stato in territorio dichiarato in stato di Guerra tra il 1941 ed il 1943;
Medaglia commemorativa della Guerra 1943 – 1945 per essere stato in territorio dichiarato in stato di Guerra tra il 1943 ed il 1945;
Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana;
Cavaliere dell'Ordine dei Santissimi Maurizio e Lazzaro;
Medaglia Mauriziana al Merito dei 10 lustri di carriera militare;
Croce d'Oro per anzianità di servizio;
Medaglia commemorativa per le operazioni di soccorso in Campania in occasione del sisma del 1980;
Cavaliere del Sacro Ordine Costantiniano di San Giorgio;
Croce Lateranense di 1ª classe.