Religioni
I pellegrini di San Nicola ultimi custodi di una fede autentica
In tanti hanno percorso le strade di Molfetta e Giovinazzo a piedi, prima di giungere nel capoluogo
Giovinazzo - sabato 11 maggio 2024
Li si poteva incontrare nei giorni scorsi lungo le strade che dal Nord Barese portavano a Bari. Sono transitati da Molfetta e Giovinazzo, fermandosi per un breve ristoro. A piedi, come 50 o 100 anni fa, con un crocifisso ad aprire il corteo ed il gonfalone del comune di provenienza. Sono loro gli altri protagonisti della Festa di San Nicola, che oggi, 10 maggio, si avvierà alla conclusione. Sono i pellegrini, i devoti che arrivano dall'Abruzzo soprattutto, ma anche da Molise, Basilicata e Calabria e qualcuno anche dalla Ciociaria.
Loro, i custodi di una fede autentica che resiste alla secolarizzazione, al tentativo di annacquarla mescolando sacro e profano, al goffo provare a dare una identità materiale ad una festa che di materiale dovrebbe aver poco.
I pellegrini di San Nicola o come un tempo li chiamavano i barese, "gli ziazì", c'erano, ci sono e, a Dio piacendo, ci saranno ancora negli anni a venire, simbolo di una spiritualità coerente che fa appello al sacrificio (il cammino, appunto) fisico come atto penitenziale e devozionale. Il Santo di Myra è il Vescovo dell'ecumenismo, che fa incontrare e mette d'accordo popoli, che unisce Occidente ed Oriente, ma quell'ecumenismo non è vuota retorica, un piegarsi costante alla politica, ai poteri, all'ateismo strisciante che prova a prendersi la scena grazie ai Santi. È autentica comunione di spirito tra popoli, è pace vera del cuore.
I pellegrini lo sanno, perché conoscono da generazioni i gesti semplici delle genti semplici che hanno ben chiaro un aspetto: la fede va coltivata e rinnovata, come la terra che darà i suoi frutti, ma bisogna arare il campo del cuore e chiedere grazia e chi sta in alto. I Santi sono il tramite per la salvezza concessa dal Cristo Re, dal Dio che tutto può. Nei gesti dei pellegrini di San Nicola c'è tutto questo, nei loro occhi pieni di lacrime all'arrivo in Basilica c'è il sunto delle peripezie dell'animo umano e la gioia per l'incontro con il Vescovo degli ultimi.
Loro, quegli uomini e quelle donne arrivati da Vasto, Fossacesia, Archi, Lanciano, Campobasso, Isernia, dalla Sila e dalla Lucania sono emblema della festa stessa di San Nicola, non corredo, particolare di poca importanza. Tramandano una fede vera e sono custodi di una ritualità tutt'altro che vuota, immutata, che segna un tempo senza tempo.
*foto Michele Decicco
Loro, i custodi di una fede autentica che resiste alla secolarizzazione, al tentativo di annacquarla mescolando sacro e profano, al goffo provare a dare una identità materiale ad una festa che di materiale dovrebbe aver poco.
I pellegrini di San Nicola o come un tempo li chiamavano i barese, "gli ziazì", c'erano, ci sono e, a Dio piacendo, ci saranno ancora negli anni a venire, simbolo di una spiritualità coerente che fa appello al sacrificio (il cammino, appunto) fisico come atto penitenziale e devozionale. Il Santo di Myra è il Vescovo dell'ecumenismo, che fa incontrare e mette d'accordo popoli, che unisce Occidente ed Oriente, ma quell'ecumenismo non è vuota retorica, un piegarsi costante alla politica, ai poteri, all'ateismo strisciante che prova a prendersi la scena grazie ai Santi. È autentica comunione di spirito tra popoli, è pace vera del cuore.
I pellegrini lo sanno, perché conoscono da generazioni i gesti semplici delle genti semplici che hanno ben chiaro un aspetto: la fede va coltivata e rinnovata, come la terra che darà i suoi frutti, ma bisogna arare il campo del cuore e chiedere grazia e chi sta in alto. I Santi sono il tramite per la salvezza concessa dal Cristo Re, dal Dio che tutto può. Nei gesti dei pellegrini di San Nicola c'è tutto questo, nei loro occhi pieni di lacrime all'arrivo in Basilica c'è il sunto delle peripezie dell'animo umano e la gioia per l'incontro con il Vescovo degli ultimi.
Loro, quegli uomini e quelle donne arrivati da Vasto, Fossacesia, Archi, Lanciano, Campobasso, Isernia, dalla Sila e dalla Lucania sono emblema della festa stessa di San Nicola, non corredo, particolare di poca importanza. Tramandano una fede vera e sono custodi di una ritualità tutt'altro che vuota, immutata, che segna un tempo senza tempo.
*foto Michele Decicco