Vita di città
I panzerotti buoni? Sono quelli della signora Anna
Tutti i segreti della Vigilia dell'Immacolata svelati da una splendida casalinga giovinazzese
Giovinazzo - venerdì 8 dicembre 2017
05.30
Ma come si fa a farli davvero buoni i panzerotti?
Se a raccontarlo fossero chef qualificati (ed a Giovinazzo ce ne sono di molto bravi), sarebbe tutto più semplice. Ma noi siamo entrati a casa di Anna Milone in Caravella, una formazione artistica, con un passato da insegnate di scuola materna, mamma e nonna premurosa e all'occorrenza meravigliosa cuoca. Da lei abbiamo cercato di carpire le migliori tradizioni gastronomiche della Vigilia dell'Immacolata appena trascorsa.
E lei, nonostante il suo essere schiva, ci ha aperto le porte della sua casa ed ha raccontato i suoi piccoli grandi segreti culinari. Ne è venuta fuori una chiacchierata divertente che vi riproponiamo.
Partiamo dal primo dubbio: i panzerotti vanno mangiati a pranzo o a cena alla Vigilia dell'Immacolata?
Io sono originaria di Santo Spirito, quindi di Bari, figlia di una giovinazzese doc e vivo a Giovinazzo da 40 anni, e confermo che la tradizione in molte località pugliesi è quella di festeggiare la sera. Non è così da noi, dove si mangiano a pranzo, con buone rape lesse condite con un goccio di olio d'oliva buono della nostra terra e un po' di limone.
Lei però preferisce la prima opzione, quella della cena, se non abbiamo capito male...
Si e no. Nel senso che il rituale del pranzo lo manteniamo con mio marito e figli. Però la sera del 7 dicembre ci ritroviamo con tutta la famiglia allargata, nuore, nipoti e cognati compresi. Ed è allora che comincia la vera festa.
Dicono che lei abbia trovato la giusta ricetta per presentare a tavola panzerotti fritti digeribili e buonissimi: è vero?
Non sono una cuoca professionista, ma ci metto amore da oltre 40 anni. Per preparare un buon panzerotto, la prima cosa fondamentale è avere una farina non industriale. Io uso un mix, con una base importante di farina di semola di grano duro macinata sulla pietra. E poi c'è un altro aspetto importantissimo, oltre al non far consumare l'olio: la lievitazione.
Ce lo spieghi meglio.
Non è difficile: bisogna che la pasta riposi dalle 18 alle 24 ore, come vi potranno dire i cuochi ed i pizzaioli professionisti, altrimenti inizierebbe a lievitare nell'intestino dei commensali.
Sì, ma all'interno di questi panzerotti, per avere rispetto della nostra tradizione, cosa ci va?
Quello può essere un fattore a discrezione delle famiglie, anche se dalle nostre parti ci sono dei passaggi obbligati. Noi amiamo quelli con mortadella e provolone e l'altro tipo con cipolla e ricotta "ascquande". E poi ci sono le varianti...
Pure?
Certo. Ci sono quelli con la carne, figli della tradizione barese, e quelli con le rape stufate, a cui aggiungere un pomodorino che ne smorzi il sapore più intenso rispetto a quelle lesse. Ed ovviamente quelli più comuni: mozzarella e pomodoro, con cui non si sbaglia mai.
Signora, non ci resta che assaggiarne uno...
Favorite!
Se a raccontarlo fossero chef qualificati (ed a Giovinazzo ce ne sono di molto bravi), sarebbe tutto più semplice. Ma noi siamo entrati a casa di Anna Milone in Caravella, una formazione artistica, con un passato da insegnate di scuola materna, mamma e nonna premurosa e all'occorrenza meravigliosa cuoca. Da lei abbiamo cercato di carpire le migliori tradizioni gastronomiche della Vigilia dell'Immacolata appena trascorsa.
E lei, nonostante il suo essere schiva, ci ha aperto le porte della sua casa ed ha raccontato i suoi piccoli grandi segreti culinari. Ne è venuta fuori una chiacchierata divertente che vi riproponiamo.
Partiamo dal primo dubbio: i panzerotti vanno mangiati a pranzo o a cena alla Vigilia dell'Immacolata?
Io sono originaria di Santo Spirito, quindi di Bari, figlia di una giovinazzese doc e vivo a Giovinazzo da 40 anni, e confermo che la tradizione in molte località pugliesi è quella di festeggiare la sera. Non è così da noi, dove si mangiano a pranzo, con buone rape lesse condite con un goccio di olio d'oliva buono della nostra terra e un po' di limone.
Lei però preferisce la prima opzione, quella della cena, se non abbiamo capito male...
Si e no. Nel senso che il rituale del pranzo lo manteniamo con mio marito e figli. Però la sera del 7 dicembre ci ritroviamo con tutta la famiglia allargata, nuore, nipoti e cognati compresi. Ed è allora che comincia la vera festa.
Dicono che lei abbia trovato la giusta ricetta per presentare a tavola panzerotti fritti digeribili e buonissimi: è vero?
Non sono una cuoca professionista, ma ci metto amore da oltre 40 anni. Per preparare un buon panzerotto, la prima cosa fondamentale è avere una farina non industriale. Io uso un mix, con una base importante di farina di semola di grano duro macinata sulla pietra. E poi c'è un altro aspetto importantissimo, oltre al non far consumare l'olio: la lievitazione.
Ce lo spieghi meglio.
Non è difficile: bisogna che la pasta riposi dalle 18 alle 24 ore, come vi potranno dire i cuochi ed i pizzaioli professionisti, altrimenti inizierebbe a lievitare nell'intestino dei commensali.
Sì, ma all'interno di questi panzerotti, per avere rispetto della nostra tradizione, cosa ci va?
Quello può essere un fattore a discrezione delle famiglie, anche se dalle nostre parti ci sono dei passaggi obbligati. Noi amiamo quelli con mortadella e provolone e l'altro tipo con cipolla e ricotta "ascquande". E poi ci sono le varianti...
Pure?
Certo. Ci sono quelli con la carne, figli della tradizione barese, e quelli con le rape stufate, a cui aggiungere un pomodorino che ne smorzi il sapore più intenso rispetto a quelle lesse. Ed ovviamente quelli più comuni: mozzarella e pomodoro, con cui non si sbaglia mai.
Signora, non ci resta che assaggiarne uno...
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