Attualità
Giovinazzo ricorda la strage di Capaci e si ferma
Trent'anni fa uno dei giorni più bui della Repubblica
Giovinazzo - martedì 24 maggio 2022
Uno dei giorni più bui della Repubblica.
Questo è stata la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo insieme agli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, simbolo fulgido dell'antimafia, quella vera, non a chiacchiere, di servitori umili e coraggiosi dello Stato.
Ieri pomeriggio, alle 17.57 in punto, ai piedi di Palazzo di Città, il vicesindaco Michele Sollecito ed il presidente del Consiglio comunale, Alfonso Arbore, quest'ultimo in rappresentanza di tutte le forze politiche giovinazzese che siedono nella massima assise, si sono fermati per un minuto.
Un intenso minuto che vuol ribadire il "no" netto alle mafie di una comunità che di recente ha vissuto sussulti giudiziari ma che resta ancora in larga parte sana.
L'antimafia è una pianta che va innaffiata, magari senza la (troppa) retorica che nella nostra nazione ne macchia spesso il significato, tra politica autoincensante e arrampicatori sociali che anche in quel campo sono penetrati.
Ben oltre le parole e più delle parole, a volte, servono il silenzio e la riflessione profonda. A testa china, di tutti, a chiedere scusa di ciò che non fummo capaci di fare 30, 40 o 50 anni fa per preservare quelle vite e tante altre.
Questo è stata la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo insieme agli agenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, simbolo fulgido dell'antimafia, quella vera, non a chiacchiere, di servitori umili e coraggiosi dello Stato.
Ieri pomeriggio, alle 17.57 in punto, ai piedi di Palazzo di Città, il vicesindaco Michele Sollecito ed il presidente del Consiglio comunale, Alfonso Arbore, quest'ultimo in rappresentanza di tutte le forze politiche giovinazzese che siedono nella massima assise, si sono fermati per un minuto.
Un intenso minuto che vuol ribadire il "no" netto alle mafie di una comunità che di recente ha vissuto sussulti giudiziari ma che resta ancora in larga parte sana.
L'antimafia è una pianta che va innaffiata, magari senza la (troppa) retorica che nella nostra nazione ne macchia spesso il significato, tra politica autoincensante e arrampicatori sociali che anche in quel campo sono penetrati.
Ben oltre le parole e più delle parole, a volte, servono il silenzio e la riflessione profonda. A testa china, di tutti, a chiedere scusa di ciò che non fummo capaci di fare 30, 40 o 50 anni fa per preservare quelle vite e tante altre.