Eventi e cultura
"Futilità" di Francesco Fiorentino presentato alla Vedetta sul Mediterraneo di Giovinazzo
Il romanzo racconta le vicende di un professore di storia dell'arte in crisi di mezza età
Giovinazzo - lunedì 19 luglio 2021
Una lunga carriera di studioso di letteratura francese, spesa per oltre trent'anni nell'Ateneo barese, di cui è stato uno dei professori più in vista. Dopo due romanzi polizieschi scritti con l'ex procuratore di Trieste, Carlo Mastelloni, Francesco Fiorentino sta vivendo un nuovo esordio in proprio con un romanzo impegnativo, breve ma a lungo meditato, dal titolo Futilità (ed. Marsilio).
Il libro è stato presentato a Giovinazzo, venerdì 16 luglio, nell'affascinante cornice della Vedetta sul Mediterraneo, cuore dell'incantevole borgo antico. A dialogare con lui c'era un suo allievo, quel Michele Sollecito da due consigliature Vicesindaco e Assessore comunale alle Politiche Educative.
Il romanzo narra le vicende di un professore di storia dell'arte, che negli anni Novanta, a Parigi, affronta una crisi di mezza età, sia nella sfera erotica sia in quella professionale. Una storia personale che si interseca con i fatti che hanno interessato l'intera nazionale italiana, dal 1992 al 2002, dall'inchiesta di "Mani pulite" all'ascesa del berlusconismo, alla inesorabile disfatta di una classe intellettuale rivelatasi inconsistente ed autoreferenziale.
«Non si tratta di un romanzo di autofiction né tanto meno di un romanzo autobiografico - ha spiegato lo stesso Fiorentino a margine della presentazione giovinazzese -. Ho voluto rappresentare un rischio che mi pare che non solo i maschi della generazione che ha fatto il '68 fatalmente corrono, intorno ai cinquant'anni. Quella che era prima una sorta di appagamento o rassegnazione in una vita coniugale si traduce in una crisi, nella ricerca di una nuova possibilità. Non si accetta una diminuzione dell'erotismo e della capacità di seduzione. Ci si pensa come non si è, perché sul mercato sentimentale un single cinquantenne e piacente viene ben valutato e perché grazie a diete e pillole si trattiene un certo vigore. Le giovani donne che divengono le possibili partner a loro volta sono alla ricerca di altro: vorrebbero condividere pensieri e tempo con questi uomini, sostanzialmente individualisti e per di più abituati all'autonomia da routine matrimoniali.
Ma questi amori difficili e impossibili proprio per questo sono degli amori: solo nella sofferenza e nell'abbandono si riesce infatti a guardare nella profondità di un rapporto. Questo romanzo vuole anche essere l'anatomia di un amore».
Il protagonista è dunque un docente di storia dell'arte che intende scrivere un libro sulle Annunciazioni. È un uomo elegante, non solo perché dispone di un acuto senso estetico, ma è anche gentile, si autodefinisce egli stesso un buonuomo. Ma, come gli obietta una donna, solo perché vuole dare un'immagine di stile. «Ecco - è la sottolineatura di Fiorentino - questa estetizzazione della moralità come eleganza, che probabilmente mi viene dalla mia consuetudine con La Rochefoucauld, il grande moralista seicentesco, mi pare un tratto decisivo del personaggio. Però questa eleganza non resiste alla crisi.
Un'altra caratteristica del romanzo è la rappresentazione spietata della mondanità intellettuale e in particolare dei professori. «In effetti credo che la diminuzione del prestigio sociale dei professori - ha rimarcato l'autore - abbia spesso finito per convincere i professori stessi circa la loro scarsa utilità sociale. Il risultato sono spesso comportamenti ridicoli. Vorrei dire che un po' di orgoglio in più per quello che si sa e per quello che si fa sarebbe giusto e farebbe bene alla categoria».
Chiamato ad esplicitare meglio il suo pensiero sulla evoluzione o forse involuzione della politica di casa nostra a cavallo di quegli anni, Francesco Fiorentino ha spiegato: «Mi pare che nel complesso rispetto a quanto finiva, col nuovo si apriva un'epoca di improvvisazione a destra come a sinistra: il mercato, i sondaggi, la televisione, la personalizzazione. Ma i rappresentanti di questa svolta, Berlusconi come Occhetto, rappresentavano una profonda crisi delle coscienze, la fine dei valori, dell'impegno. L'avvento della futilità.
La futilità è anche un rifugio privato. Nel romanzo ce ne sono due tipi. Quella di una vita matrimoniale, fatta di abitudini e sicurezze, noiosetta e confortante. E quella di chi invece pensa che ci sarà sempre un'altra possibilità e un'altra donna che promette cose nuove - promessa a cui non si può resistere. Illusione: perché non conta che le donne cambino, in quanto lui resta sempre lo stesso. Questa seconda futilità, inebriante e faticosa, condanna alla solitudine nell'attesa che tutto finisca», è stato il suo commento.
Infine lo stile, la scrittura di un autore che è anche professore e che non sempre ha voglia di snaturare il suo percorso di vita e professionale: «Ho cercato di non scrivere come un professore che fa il romanziere - ha detto sorridendo Fiorentino, rispondendo ad una domanda di Sollecito -. Cioè a ogni frase, aspettarmi che il lettore dica quanto sei bravo. Ho scelto un registro medio, ironico, volentieri tendente alla massima. Soprattutto un ritmo che eviti il pericolo di restare sul posto per l'affondo a effetto, e si precipita invece verso l'essenziale. Spero proprio - è stata la sua conclusione - di esserci abbastanza riuscito, perché questa è sempre la sfida più difficile».
Il libro è stato presentato a Giovinazzo, venerdì 16 luglio, nell'affascinante cornice della Vedetta sul Mediterraneo, cuore dell'incantevole borgo antico. A dialogare con lui c'era un suo allievo, quel Michele Sollecito da due consigliature Vicesindaco e Assessore comunale alle Politiche Educative.
Il romanzo narra le vicende di un professore di storia dell'arte, che negli anni Novanta, a Parigi, affronta una crisi di mezza età, sia nella sfera erotica sia in quella professionale. Una storia personale che si interseca con i fatti che hanno interessato l'intera nazionale italiana, dal 1992 al 2002, dall'inchiesta di "Mani pulite" all'ascesa del berlusconismo, alla inesorabile disfatta di una classe intellettuale rivelatasi inconsistente ed autoreferenziale.
«Non si tratta di un romanzo di autofiction né tanto meno di un romanzo autobiografico - ha spiegato lo stesso Fiorentino a margine della presentazione giovinazzese -. Ho voluto rappresentare un rischio che mi pare che non solo i maschi della generazione che ha fatto il '68 fatalmente corrono, intorno ai cinquant'anni. Quella che era prima una sorta di appagamento o rassegnazione in una vita coniugale si traduce in una crisi, nella ricerca di una nuova possibilità. Non si accetta una diminuzione dell'erotismo e della capacità di seduzione. Ci si pensa come non si è, perché sul mercato sentimentale un single cinquantenne e piacente viene ben valutato e perché grazie a diete e pillole si trattiene un certo vigore. Le giovani donne che divengono le possibili partner a loro volta sono alla ricerca di altro: vorrebbero condividere pensieri e tempo con questi uomini, sostanzialmente individualisti e per di più abituati all'autonomia da routine matrimoniali.
Ma questi amori difficili e impossibili proprio per questo sono degli amori: solo nella sofferenza e nell'abbandono si riesce infatti a guardare nella profondità di un rapporto. Questo romanzo vuole anche essere l'anatomia di un amore».
Il protagonista è dunque un docente di storia dell'arte che intende scrivere un libro sulle Annunciazioni. È un uomo elegante, non solo perché dispone di un acuto senso estetico, ma è anche gentile, si autodefinisce egli stesso un buonuomo. Ma, come gli obietta una donna, solo perché vuole dare un'immagine di stile. «Ecco - è la sottolineatura di Fiorentino - questa estetizzazione della moralità come eleganza, che probabilmente mi viene dalla mia consuetudine con La Rochefoucauld, il grande moralista seicentesco, mi pare un tratto decisivo del personaggio. Però questa eleganza non resiste alla crisi.
Un'altra caratteristica del romanzo è la rappresentazione spietata della mondanità intellettuale e in particolare dei professori. «In effetti credo che la diminuzione del prestigio sociale dei professori - ha rimarcato l'autore - abbia spesso finito per convincere i professori stessi circa la loro scarsa utilità sociale. Il risultato sono spesso comportamenti ridicoli. Vorrei dire che un po' di orgoglio in più per quello che si sa e per quello che si fa sarebbe giusto e farebbe bene alla categoria».
Chiamato ad esplicitare meglio il suo pensiero sulla evoluzione o forse involuzione della politica di casa nostra a cavallo di quegli anni, Francesco Fiorentino ha spiegato: «Mi pare che nel complesso rispetto a quanto finiva, col nuovo si apriva un'epoca di improvvisazione a destra come a sinistra: il mercato, i sondaggi, la televisione, la personalizzazione. Ma i rappresentanti di questa svolta, Berlusconi come Occhetto, rappresentavano una profonda crisi delle coscienze, la fine dei valori, dell'impegno. L'avvento della futilità.
La futilità è anche un rifugio privato. Nel romanzo ce ne sono due tipi. Quella di una vita matrimoniale, fatta di abitudini e sicurezze, noiosetta e confortante. E quella di chi invece pensa che ci sarà sempre un'altra possibilità e un'altra donna che promette cose nuove - promessa a cui non si può resistere. Illusione: perché non conta che le donne cambino, in quanto lui resta sempre lo stesso. Questa seconda futilità, inebriante e faticosa, condanna alla solitudine nell'attesa che tutto finisca», è stato il suo commento.
Infine lo stile, la scrittura di un autore che è anche professore e che non sempre ha voglia di snaturare il suo percorso di vita e professionale: «Ho cercato di non scrivere come un professore che fa il romanziere - ha detto sorridendo Fiorentino, rispondendo ad una domanda di Sollecito -. Cioè a ogni frase, aspettarmi che il lettore dica quanto sei bravo. Ho scelto un registro medio, ironico, volentieri tendente alla massima. Soprattutto un ritmo che eviti il pericolo di restare sul posto per l'affondo a effetto, e si precipita invece verso l'essenziale. Spero proprio - è stata la sua conclusione - di esserci abbastanza riuscito, perché questa è sempre la sfida più difficile».