Carlo De Palma sulle tracce di don Tonino
Carlo De Palma sulle tracce di don Tonino
Vita di città

Diciotto giorni lungo il Cammino di don Tonino. L'esperienza di Carlo De Palma

La nostra intervista per comprendere meglio tutto il bello che si racchiude in una scelta

Nella nostra intervista l'interessante racconto di un percorso lungo più di 400 chilometri che il nostro concittadino, Carlo De Palma, ha compiuto. È partito da Molfetta, fulcro della diocesi in cui don Tonino Bello fu vescovo ed è giunto ad Alessano, in Salento, città di origine del venerabile.
Noi lo abbiamo intervistato.

Cosa ti spinge a fare tutto questo?
Ogni esperienza di cammino che ho fin ora condotto ha avuto una motivazione diversa, a partire dalla prima. Tutte hanno in comune una visione di fede ma le motivazioni sono sempre state diverse e trovano la loro origine nel periodo che le precede: le esperienze che quotidianamente vivo, i libri che leggo, le persone che incontro e le riflessioni che faccio sulle mie osservazioni. Tutto questo determina la loro natura e diventano oggetto di confronto e riflessione ulteriore durante il cammino.

In cosa consiste il "Cammino di don Tonino"?
Il cammino di don Tonino è una splendida intuizione della nostra diocesi che grazie all'opera dello staff guidato da don Luigi Amendolagine continua a parlare di "contemplattività", un concetto molto caro a don Tonino Bello e che, per me, ha in sé ancora tanto potenziale inespresso se considerato come strumento di catechesi per gli adulti. Ma nella mia esperienza personale, il "cammino di don Tonino", non è solo un percorso adeguatamente segnato con i colori bianco/celeste che dalla nostra diocesi, attraversando l'intera nostra regione conduce alla tomba di Don Tonino passando per trentadue città e nove diocesi, ma diventa quello spazio e quel tempo in cui tutto acquisisce una velocità diversa. Per poco più di due settimane, lungo i circa 400km in cui si snoda il cammino, smonti e rimonti il tuo zaino tutti i giorni, il tempo rallenta, io rallento, i pensieri emergono liberi di manifestarsi a loro piacimento durante le ore di cammino posandosi spesso sul mio diario, le riflessioni si fanno più profonde, i sogni si affacciano alla finestra della vita, le cose apparentemente banali acquistano un valore diverso che mi guida nei giorni a venire e mi donano una consapevolezza della mia esperienza di vita.
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Quale è stata la parte più emozionante?
Ogni tappa del cammino può sorprendenti per come la vivi e per quello che può accadere e per gli scorci paesaggistici di cui puoi godere. Nella mia ultima esperienza è stato emozionante essere stato riconosciuto alle porte di Cellino San Marco da una persona a me sconosciuta, solo perché fratello di una signora da me incontrata a Bari. Questione di attimi e non ci saremmo visti. Ma stessa emozione mi danno il modo in cui sono accolto e la disponibilità che le persone offrono a condividere il loro tempo con me o a condividere anche un piccolo tratto di cammino. Attraversare la Valle d'Itria è uno spettacolo che mi emoziona sempre ma una tappa in particolare alla quale mi sento particolarmente legato è la Galatina/Ruffano. Passare nella serra di Supersano è sicuramente faticoso ma la soddisfazione che segue la fatica mi ripaga di tutto: e poi è la tappa che precede l'arrivo ad Alessano per cui comincio già ad assaporare l'arrivo e la piacevolezza di incontrare Maria Grazia Bello la sua famiglia che mi attendono ogni anno a Tricase.

C'è stato un incontro che ti ha particolarmente emozionato in quei diciotto giorni?
Tutti gli incontri fatti sul cammino sono particolari, ma se parlo della mia ultima esperienza uno su tutti prevale. Si tratta di un incontro che, a distanza di tempo, di tanto in tanto, mi ritorna alla mente. Nel giungere a Torchiarolo dovevo essere ospitato presso il centro pastorale S. Giuseppe. Tuttavia chi doveva ospitarmi non sarebbe stata presente al mio arrivo così mi ha informato che mi avrebbe accolto una signora ucraina lì stabilità e fuggita dalla sua nazione per via del noto conflitto con la Russia. Lungo la strada mi sono chiesto come poterla salutare in un modo a lei familiare e così ho fatto una ricerca e scoperto che in lingua ucraina buongiorno corrisponde alle parole dobroho ranku. Così appena giunto le ho pronunciato queste parole e Natalie, questo il suo nome, mi ha accolto con un sorriso misto a stupore e gioia. Parlava poche parole di italiano, mi ha accompagnato e mostrato la mia stanza e le ho da dove venisse. Mi ha detto che veniva dal Donbass dove aveva numerosi nipoti. Nel dirmi questo ho percepito che il suo volto si era rabbuiato, le ho fatto una carezza e le lacrime sono venute giù. Ha provato a raccontarmi alcuni episodi vissuti prima della sua partenza mentre io venivo investito dalla drammaticità dei suoi racconti e ne avvertivo il peso. Nella mia vita, non credo di essere stato mai così vicino ad una guerra e alla sua scia di morte e distruzione. Un invito rivolto alle persone, qualcuno che vuole provarsi, che ha una motivazione particolare per fare l'esperienza non occorre essere particolarmente allenati per un'esperienza di cammino. Ogni anno incontro persone che mi dicono "il prossimo anno lo faccio anche io". Io sorrido il più delle volte perchè so già che questo non avverrà ma quello che vorrei rivolgere a tutti è un invito a sperimentare questo genere di esperienza, magari senza farlo necessariamente per intero il cammino, Magari dandosi degli obiettivi limitati a qualche tappa soltanto o magari a solo cento km che corrispondono praticamente a cinque giorni di cammino. Fissare degli obiettivi raggiungibili aumenta la fiducia in se stessi e ci consente di spostare un po' più in là i nostri limiti. Un'esperienza di cammino è un'esperienza trasformativa con profondi benefici nella vita di chi la vive, un'esperienza che continua a parlare anche dopo averla conclusa così come ancora mi parla quella che ho fatto nel 2018, che è stata la mia prima esperienza di cammino.

Sappiamo che c'è tanta bellezza racchiusa nel tuo diario di viaggio...
Porto sempre qualcosa per prendere appunti lungo il cammino, per catturare pensieri, stati d'animo, propositi ed è sempre emozionante rileggere tutto a distanza di tempo. Credo che la bellezza risieda proprio in questo. In quello che quel diario ti restituisce negli anni a venire. Nella possibilità di ricalcare i passi già fatti con una maturità diversa intravedendo, in questo, un cammino dentro un altro cammino.
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