Attualità
Coronavirus. «Rimasti a Milano per senso di responsabilità. Era l'unica scelta giusta»
La riflessione di Tiziana, una mamma di Giovinazzo trapiantata in Lombardia: «Stiamo soffrendo e mai come ora la mia terra mi manca»
Giovinazzo - mercoledì 18 marzo 2020
12.22
«Ci hanno costretto a casa e noi ci restiamo. Avrei potuto prendere il mio bambino e fuggire, ma Seneca non sbaglia quando dice che non esiste un luogo dove la sorte non possa raggiungerci. E poi io voglio bene ai miei cari e non metterei mai a repentaglio la loro salute».
A parlare è Tiziana, mamma e insegnante giovinazzese trapiantata in Lombardia da ormai 6 anni. In questi giorni di emergenza sanitaria da Coronavirus, Tiziana ha deciso di rimanere a Milano, di resistere, di evitare che il virus si propagasse in maniera incontrollata: «Sono insegnante e sono, dunque, privilegiata. Peraltro sono in maternità e quindi sono a casa da novembre. Il 19 gennaio è nato Francesco Leonardo.
Ogni giorno mi sono detta che appena avremmo potuto l'avrei portato a scoprire Milano. Poi, inaspettato, è arrivato lui: il Covid-19! E siamo a casa! Addio alle nostre passeggiate! Addio frenesia! Addio alla Milano degli aperitivi e della movida (devo dire già ben poca, perché in gravidanza non è che poi si può proprio brindare con lo spritz). Ci hanno costretto a casa e noi ci restiamo».
In tanti sono tornati. Altri, però, hanno deciso di non rientrare a casa, in Puglia, a Giovinazzo. Tra di loro proprio Tiziana: «Avrei potuto prendere il mio bambino e fuggire a sud, ma Seneca non sbaglia quando dice che non esiste un luogo dove la sorte non possa raggiungerci. E poi io voglio bene ai miei cari e non metterei mai a repentaglio la loro salute. A casa ho cominciato a riflettere su questo mostro, che fa paura, ma questa è pur sempre un'emozione primaria.
Tra tv, giornali e un libro per staccare un po' (in realtà non ho scelto proprio il libro giusto, perché anche questo un po' mi carica di ansia) ho spesso pensato a ciò che sta succedendo; al mio compagno dico sempre che non ho paura per me, ma per Leo (o meglio non è che non abbia paura per me o per il mio compagno, ma quella per il mio Leo è assolutamente decuplicata).
Dalle mie riflessioni è venuto fuori che questo Coronavirus è un po' un controsenso: se da una parte ci costringe a casa, dall'altra ci aiuta ad apprezzare la nostra dimora super tecnologica che di solito non viviamo pienamente; colpisce le vie respiratorie, ma l'aria di Milano non è mai stata così pulita!
Ci impedisce i contatti, ma ci permette di capire quanto siano importanti, non ci permette di viaggiare e ci costringe a pensare, ora più che mai la nostra terra ci manca, perché è irraggiungibile, inafferrabile, proibita!
In questi giorni, lo ammetto, piango spesso e do colpa agli ormoni; continuamente mi dico che andrà tutto bene e che verrà l'estate, potrò far conoscere il mio bambino ad amici e parenti , restituirlo all'abbraccio dei nonni e degli zii, che lo hanno visto così poco, portarlo a vedere il corteo storico, la ritirata della Madonna. La verità è che ora stiamo davvero soffrendo e mai come ora la mia Giovinazzo mi manca.
Quando i pensieri brutti mi assalgono cominciamo a cantare e ballare (ho scoperto un sacco di App sulla mia smart tv), il mio compagno ha trovato il tempo per suonare la chitarra. Per fortuna le tecnologie ci tengono vicine ai nostri cari! Quando tutto questo sarà finito vorrei che ci restasse un po' di umanità, che ci ricordassimo che siamo fragili e che dobbiamo restare uniti e evitare spinte individualistiche, che spesso si dimostrano nocive.
Vorrei che tutti imparassimo questa grande lezione. Leo non ha ancora visto il mondo, ma ha conosciuto i suoi vicini dal balcone. Chi l'avrebbe mai detto!».
A parlare è Tiziana, mamma e insegnante giovinazzese trapiantata in Lombardia da ormai 6 anni. In questi giorni di emergenza sanitaria da Coronavirus, Tiziana ha deciso di rimanere a Milano, di resistere, di evitare che il virus si propagasse in maniera incontrollata: «Sono insegnante e sono, dunque, privilegiata. Peraltro sono in maternità e quindi sono a casa da novembre. Il 19 gennaio è nato Francesco Leonardo.
Ogni giorno mi sono detta che appena avremmo potuto l'avrei portato a scoprire Milano. Poi, inaspettato, è arrivato lui: il Covid-19! E siamo a casa! Addio alle nostre passeggiate! Addio frenesia! Addio alla Milano degli aperitivi e della movida (devo dire già ben poca, perché in gravidanza non è che poi si può proprio brindare con lo spritz). Ci hanno costretto a casa e noi ci restiamo».
In tanti sono tornati. Altri, però, hanno deciso di non rientrare a casa, in Puglia, a Giovinazzo. Tra di loro proprio Tiziana: «Avrei potuto prendere il mio bambino e fuggire a sud, ma Seneca non sbaglia quando dice che non esiste un luogo dove la sorte non possa raggiungerci. E poi io voglio bene ai miei cari e non metterei mai a repentaglio la loro salute. A casa ho cominciato a riflettere su questo mostro, che fa paura, ma questa è pur sempre un'emozione primaria.
Tra tv, giornali e un libro per staccare un po' (in realtà non ho scelto proprio il libro giusto, perché anche questo un po' mi carica di ansia) ho spesso pensato a ciò che sta succedendo; al mio compagno dico sempre che non ho paura per me, ma per Leo (o meglio non è che non abbia paura per me o per il mio compagno, ma quella per il mio Leo è assolutamente decuplicata).
Dalle mie riflessioni è venuto fuori che questo Coronavirus è un po' un controsenso: se da una parte ci costringe a casa, dall'altra ci aiuta ad apprezzare la nostra dimora super tecnologica che di solito non viviamo pienamente; colpisce le vie respiratorie, ma l'aria di Milano non è mai stata così pulita!
Ci impedisce i contatti, ma ci permette di capire quanto siano importanti, non ci permette di viaggiare e ci costringe a pensare, ora più che mai la nostra terra ci manca, perché è irraggiungibile, inafferrabile, proibita!
In questi giorni, lo ammetto, piango spesso e do colpa agli ormoni; continuamente mi dico che andrà tutto bene e che verrà l'estate, potrò far conoscere il mio bambino ad amici e parenti , restituirlo all'abbraccio dei nonni e degli zii, che lo hanno visto così poco, portarlo a vedere il corteo storico, la ritirata della Madonna. La verità è che ora stiamo davvero soffrendo e mai come ora la mia Giovinazzo mi manca.
Quando i pensieri brutti mi assalgono cominciamo a cantare e ballare (ho scoperto un sacco di App sulla mia smart tv), il mio compagno ha trovato il tempo per suonare la chitarra. Per fortuna le tecnologie ci tengono vicine ai nostri cari! Quando tutto questo sarà finito vorrei che ci restasse un po' di umanità, che ci ricordassimo che siamo fragili e che dobbiamo restare uniti e evitare spinte individualistiche, che spesso si dimostrano nocive.
Vorrei che tutti imparassimo questa grande lezione. Leo non ha ancora visto il mondo, ma ha conosciuto i suoi vicini dal balcone. Chi l'avrebbe mai detto!».