Politica
Consiglio Comuale, ancora un teatrino
Maggioranza e opposizione a muso duro
Giovinazzo - mercoledì 10 settembre 2014
16.21
E sono anche volate parole grosse tra i consiglieri di maggioranza e opposizione, quando questi ultimi, ad eccezione di Ruggero Iannone, hanno deciso di abbandonare l'aula. Sembrava dovesse essere un consiglio comunale di routine, all'ordine del giorno le determinazioni circa l'utilizzo dell'ex convitto Santarella, ma evidentemente così non è stato.
Gli animi erano «surriscaldati» già dalle prime battute della riunione della massima assise cittadina. Forse perché tutti sapevano quele sarebbe stato il «gioco», le carte erano già scoperte. Ad accendere gli animi, il battibecco sin dall'ingresso in aula tra Vincenzo D'Amato (Lista Schittulli) e il presidente del consiglio Vito Favuzzi. Secondo il consigliere di opposizione il consiglio comunale non sarebbe stato convocato correttamente. Una tesi sposata anche dagli esponenti del Pd che hanno sottoscritto insieme a D'amato un documento attraverso il quale hanno stigmatizzato le procedure adottate da Favuzzi. Reo, secondo loro, di aver «forzato» la mano più di una volta in seno alla conferenza dei capigruppo, quella riunione che anticipa il consiglio comunale vero e proprio. Avrebbe cioè validato la riunione nonostante non ci fosse il numero legale. «Una riunione propedeutica e non solo consultiva - hanno affermato – utile a stabilire l'ordine del giorno, per questo fondamentale per il corretto svolgimento dei lavori consiliari». E per questo hanno chiesto le dimissioni di Favuzzi. «Non possiamo correre il rischio di fermare la macchina amministrativa – è stata la difesa del presidente del consiglio – Se dovesse mancare sempre il numero legale non verremmo più in consiglio comunale. E poi - ha proseguito – il regolamento del consiglio comunale è contraddittorio e farraginoso, andrebbe rivisto e aggiornato». «Intanto quel regolamento è l'unico in vigore – ha controbattuto Lia Dagostino – per cui le norme anche se non ci piacciono vanno rispettate. E poi abbiamo come guida lo Statuto comunale che dice come dobbiamo comportarci».
Uno statuto e un regolamento che per la verità non tutti i consiglieri sembrano conoscere. Persino il presidente del consiglio che, da garante dell'intero consiglio comunale, ha usato parole forti all'indirizzo delle opposizioni, non riuscendo così a garantire un corretto svolgimento dei lavori. Anzi, ha contribuito a far scaldare gli animi. «Ci illumini d'immenso» una sua poco ortodossa affermazione indirizzata verso i banchi dell'opposizione. Il culmine della temperatura si è poi raggiunto proprio nel momento dell'abbandono dell'aula delle opposizioni. Le parole grosse sono volate dai banchi della maggioranza, le risposte altrettanto colorite dai consiglieri di minoranza.
Gli animi erano «surriscaldati» già dalle prime battute della riunione della massima assise cittadina. Forse perché tutti sapevano quele sarebbe stato il «gioco», le carte erano già scoperte. Ad accendere gli animi, il battibecco sin dall'ingresso in aula tra Vincenzo D'Amato (Lista Schittulli) e il presidente del consiglio Vito Favuzzi. Secondo il consigliere di opposizione il consiglio comunale non sarebbe stato convocato correttamente. Una tesi sposata anche dagli esponenti del Pd che hanno sottoscritto insieme a D'amato un documento attraverso il quale hanno stigmatizzato le procedure adottate da Favuzzi. Reo, secondo loro, di aver «forzato» la mano più di una volta in seno alla conferenza dei capigruppo, quella riunione che anticipa il consiglio comunale vero e proprio. Avrebbe cioè validato la riunione nonostante non ci fosse il numero legale. «Una riunione propedeutica e non solo consultiva - hanno affermato – utile a stabilire l'ordine del giorno, per questo fondamentale per il corretto svolgimento dei lavori consiliari». E per questo hanno chiesto le dimissioni di Favuzzi. «Non possiamo correre il rischio di fermare la macchina amministrativa – è stata la difesa del presidente del consiglio – Se dovesse mancare sempre il numero legale non verremmo più in consiglio comunale. E poi - ha proseguito – il regolamento del consiglio comunale è contraddittorio e farraginoso, andrebbe rivisto e aggiornato». «Intanto quel regolamento è l'unico in vigore – ha controbattuto Lia Dagostino – per cui le norme anche se non ci piacciono vanno rispettate. E poi abbiamo come guida lo Statuto comunale che dice come dobbiamo comportarci».
Uno statuto e un regolamento che per la verità non tutti i consiglieri sembrano conoscere. Persino il presidente del consiglio che, da garante dell'intero consiglio comunale, ha usato parole forti all'indirizzo delle opposizioni, non riuscendo così a garantire un corretto svolgimento dei lavori. Anzi, ha contribuito a far scaldare gli animi. «Ci illumini d'immenso» una sua poco ortodossa affermazione indirizzata verso i banchi dell'opposizione. Il culmine della temperatura si è poi raggiunto proprio nel momento dell'abbandono dell'aula delle opposizioni. Le parole grosse sono volate dai banchi della maggioranza, le risposte altrettanto colorite dai consiglieri di minoranza.