Cronaca
«C'è del marcio... a Giovinazzo»
Secondo l'Osservatorio «la nostra comunità è in pericolo. Ciascuno nel suo ambito è chiamato a rispondere»
Giovinazzo - martedì 23 giugno 2020
10.12
«Sapevamo che la nostra realtà è da anni attenzionata dalla Dia. Avevamo anche il fondato sospetto che Giovinazzo non fosse esattamente quell'isola felice che ci viene descritta. Non immaginavamo però che i clan mafiosi avessero addirittura allungato i loro tentacoli fin dentro la nostra caserma dei Carabinieri».
È l'incipit di un comunicato stampa diffuso dall'Osservatorio per la legalità e per la difesa del Bene Comune di Giovinazzo dopo la complessa indagine eseguita dal Nucleo Investigativo di Bari su due appuntati dell'Arma in servizio alla Stazione di Giovinazzo: i due militari, si sarebbero fatti consegnare beni, fra somme di denaro e regali, per un valore di 400mila euro, da un pregiudicato vicino al clan mafioso Di Cosola, per il tramite di un commerciante.
In cambio i due militari, arrestati e portati nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, avrebbero rivelato informazioni sulle operazioni di polizia giudiziaria, su indagini o provvedimenti restrittivi da eseguire nei confronti di affiliati all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola, fornendo agli affiliati all'organizzazione mafiosa «copertura» e, in alcune occasioni, registrazioni e verbali ancora coperti da segreto con le dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
«Dopo l'amara sorpresa - prosegue il post pubblicato sulla propria pagina Facebook - moltissimi giovinazzesi vivono in questi giorni l'angoscia di scoprirsi deboli, soli contro l'attacco della mafia locale e scossi nella propria naturale fiducia nelle stesse forze dell'ordine. Soprattutto sconcerta constatare che questa penosa condizione di illegalità perdura incontrastata a Giovinazzo ormai da molti anni!
Ritornano profetiche alla memoria - si legge ancora - le parole dell'allora procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia, Pasquale Drago, che in un convegno promosso dall'Osservatorio e da Libera nell'aprile del 2017, proprio sulla infiltrazione della criminalità organizzata, chiuse la sua splendida relazione chiedendo che fossimo noi cittadini a difendere il territorio. Loro, magistratura e forze di polizia, concluse, avrebbero fatto il possibile (clicca qui)
Per qualcuno quelle parole risuonarono strane, ma i fatti di questi giorni dimostrano chiaramente, ancora una volta, che la delega della legalità non può esistere, che ciascuno deve sentirsi responsabile della propria comunità, che tutti sono chiamati a comportamenti non solo leciti, ma anche eticamente corretti, perché l'intero tessuto sociale sia reso sano e forte e non offra così occasione e possibilità alla criminalità mafiosa di attecchire e prosperare.
Le cose da noi non sono andate come potevamo desiderare. Sono stati fatti degli errori e ci sono responsabilità da appurare. È tempo ora - dice l'Osservatorio - di aprire gli occhi, di farsi delle domande, di tentare di capire, per limitare i danni e per prevenirne di peggiori. La magistratura e i Carabinieri lo stanno facendo, con determinazione e coraggio. A loro va il nostro grazie più grande e la nostra vicinanza.
Ma è necessario che anche tutti noi, ad iniziare da chi è investito delle responsabilità amministrative di questa città, facciamo altrettanto, con serenità e onestà, accettiamo di guardarci dentro, senza fuggire, per capire se qualche nostro comportamento possa aver contribuito inconsapevolmente ad allargare quella "zona grigia", che funge da supporto alla criminalità organizzata, "terreno di coltura di tante trame corruttive ", come ha ammonito il presidente Sergio Mattarella.
Perché se esiste la mafia e dall'altra parte la legalità - è scritto ancora nel post pubblicato su Facebook - esiste anche la "mafiosità", che è un modo di essere, di pensare e di agire, magari formalmente legale, ma che è quanto di più pernicioso per una comunità. La realtà di questi giorni parla da sé: la nostra comunità è in pericolo e chiede aiuto.
Ciascuno nel suo ambito, magistratura, forze di polizia, partito, associazione, scuola.., è chiamato a rispondere e a offrire il proprio contributo. Sarebbe da stolti - conclude l'Osservatorio - girarsi dall'altra parte e fingere di non ascoltare».
È l'incipit di un comunicato stampa diffuso dall'Osservatorio per la legalità e per la difesa del Bene Comune di Giovinazzo dopo la complessa indagine eseguita dal Nucleo Investigativo di Bari su due appuntati dell'Arma in servizio alla Stazione di Giovinazzo: i due militari, si sarebbero fatti consegnare beni, fra somme di denaro e regali, per un valore di 400mila euro, da un pregiudicato vicino al clan mafioso Di Cosola, per il tramite di un commerciante.
In cambio i due militari, arrestati e portati nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, avrebbero rivelato informazioni sulle operazioni di polizia giudiziaria, su indagini o provvedimenti restrittivi da eseguire nei confronti di affiliati all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola, fornendo agli affiliati all'organizzazione mafiosa «copertura» e, in alcune occasioni, registrazioni e verbali ancora coperti da segreto con le dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
«Dopo l'amara sorpresa - prosegue il post pubblicato sulla propria pagina Facebook - moltissimi giovinazzesi vivono in questi giorni l'angoscia di scoprirsi deboli, soli contro l'attacco della mafia locale e scossi nella propria naturale fiducia nelle stesse forze dell'ordine. Soprattutto sconcerta constatare che questa penosa condizione di illegalità perdura incontrastata a Giovinazzo ormai da molti anni!
Ritornano profetiche alla memoria - si legge ancora - le parole dell'allora procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia, Pasquale Drago, che in un convegno promosso dall'Osservatorio e da Libera nell'aprile del 2017, proprio sulla infiltrazione della criminalità organizzata, chiuse la sua splendida relazione chiedendo che fossimo noi cittadini a difendere il territorio. Loro, magistratura e forze di polizia, concluse, avrebbero fatto il possibile (clicca qui)
Per qualcuno quelle parole risuonarono strane, ma i fatti di questi giorni dimostrano chiaramente, ancora una volta, che la delega della legalità non può esistere, che ciascuno deve sentirsi responsabile della propria comunità, che tutti sono chiamati a comportamenti non solo leciti, ma anche eticamente corretti, perché l'intero tessuto sociale sia reso sano e forte e non offra così occasione e possibilità alla criminalità mafiosa di attecchire e prosperare.
Le cose da noi non sono andate come potevamo desiderare. Sono stati fatti degli errori e ci sono responsabilità da appurare. È tempo ora - dice l'Osservatorio - di aprire gli occhi, di farsi delle domande, di tentare di capire, per limitare i danni e per prevenirne di peggiori. La magistratura e i Carabinieri lo stanno facendo, con determinazione e coraggio. A loro va il nostro grazie più grande e la nostra vicinanza.
Ma è necessario che anche tutti noi, ad iniziare da chi è investito delle responsabilità amministrative di questa città, facciamo altrettanto, con serenità e onestà, accettiamo di guardarci dentro, senza fuggire, per capire se qualche nostro comportamento possa aver contribuito inconsapevolmente ad allargare quella "zona grigia", che funge da supporto alla criminalità organizzata, "terreno di coltura di tante trame corruttive ", come ha ammonito il presidente Sergio Mattarella.
Perché se esiste la mafia e dall'altra parte la legalità - è scritto ancora nel post pubblicato su Facebook - esiste anche la "mafiosità", che è un modo di essere, di pensare e di agire, magari formalmente legale, ma che è quanto di più pernicioso per una comunità. La realtà di questi giorni parla da sé: la nostra comunità è in pericolo e chiede aiuto.
Ciascuno nel suo ambito, magistratura, forze di polizia, partito, associazione, scuola.., è chiamato a rispondere e a offrire il proprio contributo. Sarebbe da stolti - conclude l'Osservatorio - girarsi dall'altra parte e fingere di non ascoltare».