Cronaca
Assolti dall'accusa di detenzione di droga: non c'è presunzione di spaccio
Per un 28enne ed un 24enne è finito un lungo calvario giudiziario durato 7 anni. Scagionati perché «il fatto non sussiste»
Giovinazzo - martedì 29 gennaio 2019
22.33
Hanno dovuto attendere 7 anni per vedere riconosciuta la loro innocenza. Un 28enne ed un 24enne di Giovinazzo furono denunciati a piede libero dai Carabinieri della locale Stazione dopo essere stati fermati in piazza Porto, nell'estate del 2012, con in tasca alcune dosi di marijuana.
In aula, i due imputati, accusati del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, del tipo marijuana, sono stati rinviati a giudizio, ma il giudice del Tribunale di Bari, Antonietta Guerra, accogliendo le questioni sollevate dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Mario Mongelli, ha rinviato gli atti al pubblico ministero, il quale ha formulato una nuova richiesta di rinvio a giudizio.
Il processo si è così incardinato dinanzi al giudice Annachiara Mastrorilli. Secondo il giudice dell'udienza preliminare, che all'esito del rito abbreviato ha assolto i due imputati perché «il fatto non sussiste», l'eventuale superamento dei limiti massimi tabellari non è, di per sé, indizio di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio né determina alcuna presunzione della destinazione della droga ad uso non personale.
Per poter affermare, con assoluta certezza, che la sostanza stupefacente detenuta sia destinata allo spaccio, infatti, non è sufficiente il mero dato oggettivo dell'eventuale superamento dei limiti massimi stabiliti dalla legge, ma occorre prendere in considerazione anche le modalità di presentazione della sostanza e le altre circostanze dell'azione. Insomma, l'eventuale superamento dei limiti massimi non è, di per sé, indizio di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.
Il solo dato quantitativo dell'eventuale superamento dei limiti tabellari non può valere ad invertire l'onere della prova a carico dell'imputato, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale. In altre parole, dalla circostanza dell'eventuale superamento dei limiti non si può ricavare, per via meramente presuntiva, che la sostanza non sia detenuta a fini personali, ma anche a fini di spaccio.
E così dopo un lungo calvario giudiziario durato 7 anni, il 28enne ed il 24enne potranno riprendersi la loro vita e cercare di cancellare questo periodo difficile, grazie al loro legale, l'avvocato Mario Mongelli, che nella vicenda processuale non ha mai smesso di lottare per dimostrare la loro innocenza.
In aula, i due imputati, accusati del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, del tipo marijuana, sono stati rinviati a giudizio, ma il giudice del Tribunale di Bari, Antonietta Guerra, accogliendo le questioni sollevate dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Mario Mongelli, ha rinviato gli atti al pubblico ministero, il quale ha formulato una nuova richiesta di rinvio a giudizio.
Il processo si è così incardinato dinanzi al giudice Annachiara Mastrorilli. Secondo il giudice dell'udienza preliminare, che all'esito del rito abbreviato ha assolto i due imputati perché «il fatto non sussiste», l'eventuale superamento dei limiti massimi tabellari non è, di per sé, indizio di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio né determina alcuna presunzione della destinazione della droga ad uso non personale.
Per poter affermare, con assoluta certezza, che la sostanza stupefacente detenuta sia destinata allo spaccio, infatti, non è sufficiente il mero dato oggettivo dell'eventuale superamento dei limiti massimi stabiliti dalla legge, ma occorre prendere in considerazione anche le modalità di presentazione della sostanza e le altre circostanze dell'azione. Insomma, l'eventuale superamento dei limiti massimi non è, di per sé, indizio di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.
Il solo dato quantitativo dell'eventuale superamento dei limiti tabellari non può valere ad invertire l'onere della prova a carico dell'imputato, ovvero ad introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale. In altre parole, dalla circostanza dell'eventuale superamento dei limiti non si può ricavare, per via meramente presuntiva, che la sostanza non sia detenuta a fini personali, ma anche a fini di spaccio.
E così dopo un lungo calvario giudiziario durato 7 anni, il 28enne ed il 24enne potranno riprendersi la loro vita e cercare di cancellare questo periodo difficile, grazie al loro legale, l'avvocato Mario Mongelli, che nella vicenda processuale non ha mai smesso di lottare per dimostrare la loro innocenza.