Cronaca
Arrestati due Carabinieri. L'accusa: «Soldi per le soffiate al clan Di Cosola»
Terremoto in caserma, il blitz è scattato all'alba. In manette anche un elemento di spicco del gruppo e un commerciante
Giovinazzo - giovedì 18 giugno 2020
13.08
Partecipazione, organizzazione e concorso esterno in associazione mafiosa: queste le pesanti accuse che la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari contesta, a vario titolo, a due appuntati dell'Arma di 51 e 50 anni, in servizio presso la Stazione di Giovinazzo, finiti in carcere.
All'alba di oggi, i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari hanno dato esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Marco Galesi, col coordinamento del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Destinatari dei provvedimenti di custodia cautelare, oltre ai due militari, anche un esponente di spicco del clan Di Cosola, il 41enne Mario Del Vecchio, e un commerciante di 39 anni.
«I destinatari del provvedimento odierno - si legge in una nota redatta dall'Arma - rispondono, a vario titolo, di partecipazione, organizzazione e concorso esterno in associazione mafiosa poiché, taluni in qualità di promotori, gli altri in quella di concorrenti esterni, fornivano un contributo al clan Di Cosola. In particolare, i due militari sono anche ritenuti responsabili, in concorso, di corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio».
Precisamente, «gli stessi, in più occasioni, avrebbero ricevuto denaro ed altre utilità - è scritto nelle indagini svolte sul campo dagli uomini del maggiore Stefano Invernizzi - per omettere oppure ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, al fine di agevolare taluni appartenenti al gruppo malavitoso» dei Di Cosola, «sempre attivo su Giovinazzo» come certificato dall'Antimafia nella relazione riferita al primo semestre del 2019.
«A sua volta, l'esponente locale del clan mafioso (un pregiudicato di Giovinazzo, nda), tramite il commerciante - hanno ricostruito i Carabinieri - avrebbe indotto i due militari a rivelare informazioni relative ad operazioni di polizia giudiziaria, in taluni casi in merito alle indagini in corso, a fornire dettagli sui turni di servizio dei colleghi della Stazione e sugli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive».
Insomma, i due militari avrebbero ricevuto denaro per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan Di Cosola, fornendo in alcune occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia. Lo sottolinea l'Arma, in un passaggio chiave: «In tre distinte occasioni avrebbero inoltre consegnato documenti informatici e cartacei non divulgabili, contenenti registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia».
«La complessa indagine - concludono dall'Arma dei Carabinieri - è stata delegata ed eseguita dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari, con il costante coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia».
All'alba di oggi, i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari hanno dato esecuzione a quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Marco Galesi, col coordinamento del sostituto procuratore Federico Perrone Capano. Destinatari dei provvedimenti di custodia cautelare, oltre ai due militari, anche un esponente di spicco del clan Di Cosola, il 41enne Mario Del Vecchio, e un commerciante di 39 anni.
«I destinatari del provvedimento odierno - si legge in una nota redatta dall'Arma - rispondono, a vario titolo, di partecipazione, organizzazione e concorso esterno in associazione mafiosa poiché, taluni in qualità di promotori, gli altri in quella di concorrenti esterni, fornivano un contributo al clan Di Cosola. In particolare, i due militari sono anche ritenuti responsabili, in concorso, di corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio».
Precisamente, «gli stessi, in più occasioni, avrebbero ricevuto denaro ed altre utilità - è scritto nelle indagini svolte sul campo dagli uomini del maggiore Stefano Invernizzi - per omettere oppure ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, al fine di agevolare taluni appartenenti al gruppo malavitoso» dei Di Cosola, «sempre attivo su Giovinazzo» come certificato dall'Antimafia nella relazione riferita al primo semestre del 2019.
«A sua volta, l'esponente locale del clan mafioso (un pregiudicato di Giovinazzo, nda), tramite il commerciante - hanno ricostruito i Carabinieri - avrebbe indotto i due militari a rivelare informazioni relative ad operazioni di polizia giudiziaria, in taluni casi in merito alle indagini in corso, a fornire dettagli sui turni di servizio dei colleghi della Stazione e sugli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive».
Insomma, i due militari avrebbero ricevuto denaro per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan Di Cosola, fornendo in alcune occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia. Lo sottolinea l'Arma, in un passaggio chiave: «In tre distinte occasioni avrebbero inoltre consegnato documenti informatici e cartacei non divulgabili, contenenti registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia».
«La complessa indagine - concludono dall'Arma dei Carabinieri - è stata delegata ed eseguita dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari, con il costante coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia».