Armi, droga e tentati omicidi, 46 condanne

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Roberto Oliveri del Castillo, ha inflitto 46 condanne comprese fra i 20 e i 3 anni di reclusione e 4 assoluzioni al termine del processo con rito abbreviato nei confronti di presunti affiliati ai clan baresi Di Cosola e Stramaglia, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, tentato omicidio, traffico e spaccio di droga, porto e detenzione di armi da fuoco e da guerra.

Il giudice ha condannato 16 imputati a 20 anni di reclusione, infliggendo pene in molti casi più elevate delle richieste fatte dal pubblico ministero antimafia Carmelo Rizzo. Tra gli imputati che hanno ottenuto la condanna più alta ci sono il boss Cosimo Di Cosola, fratello di Antonio, il capo del clan che da alcuni mesi ha deciso di diventare collaboratore di giustizia, i pregiudicati Giuseppe Armenise, Davide e Antonio Bartolo (entrambi finiti in carcere anche per una estorsione denunciata dal gestore di un lido di Giovinazzo nel 2013, ndr, Giuseppe Pappagallo e Michelangelo Stramaglia, figlio del boss ucciso a Valenzano nell'aprile 2009.

Non solo: anche Ezio Ferri, originario del quartiere barese Santo Spirito, referente del clan nella zona tra Giovinazzo e Bisceglie, dove le attività avrebbero riguardato anche la gestione dei servizi di sicurezza di alcune discoteche. Alcuni degli imputati furono arrestati dalla polizia, e molti di loro sono ancora detenuti, nel luglio 2014 nell'operazione ribattezzata "Hinterland 2".

Si tratta dell'evoluzione dell'indagine "Hinterland" conclusasi a novembre del 2010 con 92 arresti che documentò i fatti da sangue che caratterizzarono l'estate del 2007 e l'autunno del 2008 quando le due famiglie criminali Di Cosola e Stramaglia erano in contrasto. Questa inchiesta, invece, ha ricostruito la successiva alleanza tra le i due clan e le gestione di traffico di armi e droga nei territori di Bari, Adelfia, Triggiano, Valenzano, Bitritto, Sannicandro di Bari, Giovinazzo, Bisceglie, Rutigliano e Palo del Colle.