Everest 2014
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Politica

Almirante e Berlinguer: gli uomini e l’insegnamento

Alla convention «Everest 014», Gasparri, La Torre e Mugnai raccontano i due grandi statisti

Nella camera ardente di via delle Botteghe Oscure c'è un silenzio laico che sa di chiesa. Fuori la marea rossa sta dando il suo ultimo saluto ad Enrico Berlinguer, più un padre del Partito Comunista Italiano che un segretario. In quella marea rossa si farà largo, rischiando qualcosa anche fisicamente, l'avversario di sempre, Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano. Vuol rendere omaggio a Berlinguer, all'uomo prima che al politico. È il 13 giugno 1984 a Roma, e quei due uomini, l'uno in un feretro, l'altro a testa china davanti a lui, stanno ancora una volta scrivendo la storia della Repubblica, storia di rivalità politica, di aspri dibattiti, ma anche di rispetto reciproco.

Da questo ricordo di un'epoca politica che non c'è più, è partita la riflessione bi-partisan all'interno della seconda giornata della convention «Everest 014», in corso presso l'hotel Riva del Sole a Giovinazzo ed organizzata dai giovani di Forza Italia. A proporlo è stato Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, che ha ricordato anche come fu Giancarlo Pajetta ad accompagnare Almirante fino al feretro. «Oltre il rogo, non vive ira nemica», sottolineò in quella circostanza l'uomo chiave della destra italiana, a chi gli chiedeva perché fosse andato da solo. Un gesto di grande umanità, ricambiato qualche anno dopo proprio dallo stesso Pajetta, alla morte del segretario storico dell'MSI, in via della Scrofa. Passione civile, impegno, ma anche rispetto erano la base del rapporto tra Giorgio Almirante ed Enrico Berlinguer, diversissimi anche caratterialmente. Gasparri ha precisato come «bisogna contestualizzare le loro figure e quel gesto in una Italia fatta di tensioni e sangue, molto diversa da quella attuale, in cui lo slancio politico è ai minimi storici». L'ex di Alleanza Nazionale ha citato l'episodio mai chiarito dell'incidente stradale in Bulgaria occorso a Berlinguer, «mai troppo amato da Mosca - secondo Gasparri -, e che per questo avrebbe potuto distaccarsene in maniera più netta».

Nicola La Torre del Partito Democratico ha invece posto l'accento sulla «speranza di cui erano portatori questi due uomini nella loro azione politica. Era quella speranza che davano alla gente che guidava il loro intero percorso». Speranza declinata in maniera differente, ma carburante necessario per legare la base elettorale ai partiti. La Torre ha così voluto sottolineare come oggi quella speranza appare non essere più al centro del messaggio politico, lasciando il campo a movimenti come quello di Grillo che hanno fatto del distacco tra istituzioni e popolo un cavallo di battaglia. Franco Mugnai, Presidente della Fondazione Alleanza Nazionale, ha menzionato i tanti appuntamenti, già svoltisi o in programma in tutta la penisola, per ricordare i cento anni dalla nascita di Almirante, focalizzandosi poi sul processo di revisione storica avviato dai due leaders e completato nel decennio successivo. «Una riflessione ed una revisione – ha ricordato – avviata da noi di destra, prima che a sinistra, perché, usciti sconfitti dalla seconda guerra mondiale, avevamo imparato a comprendere i nostri errori». Mugnai ha altresì ricordato il grande insegnamento uscito da quella fase storica: «il migliore tra i migliori dei loro, non poteva più essere peggiore del peggiore tra i nostri». I tre politici a confronto hanno ribadito unanimemente il vuoto di leadership che ha accompagnato il nostro Paese negli ultimi anni, con Gasparri che ha proiettato il suo discorso anche all'estero, con riferimenti alle vicende francesi ed al calo di consensi di Obama negli Stati Uniti.

La Torre ha precisato di non essere un «nostalgico di Berlinguer, poiché anch'egli commise errori di natura politica. Ma non posso nascondere – ha precisato - che a sinistra, per troppo tempo, inseguendo la strada imposta dal berlusconismo, si è vista la rievocazione di quel grande uomo quasi come elemento di impaccio». Mugnai ha infine ricordato che in chi si reca davanti alla bara di Berlinguer, ci sia molto più di una ritualità spicciola, doverosa quasi. C'è il riconoscimento reciproco di battaglie antiche, fatte da opposte fazioni, ma comuni, come la lotta all'imperialismo finanziario, divenuto realtà amaramente conosciuta da tutti qualche decennio più tardi. «Everest 014» è stato anche questo: confronto-incontro tra due parti politiche diverse, che, in un Paese affatto pacificato dal dopoguerra ad oggi, tenta di risalire a valori comuni attraverso cui costruire l'Italia del domani.
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