Religioni
A piedi verso la basilica di San Michele Arcangelo
Prima l'omaggio a Michele Tardio, poi il pellegrinaggio al santuario di Monte Sant'Angelo
Giovinazzo - martedì 29 settembre 2015
11.55
San Michele Arcangelo patrono della Chiesa Universale e principe della Celeste milizia, con la sua spada fiammante sconfigge Satana, ritenuto per la Chiesa il male assoluto. In Puglia sul monte Gargano, la città di Monte Sant'Angelo accoglie il più celebre santuario dell'occidente latino dedicato a San Michele Arcangelo, festeggiato quest'oggi insieme agli arcangeli Gabriele e Raffaele.
Nell'Antico Testamento, l'arcangelo Michele, viene menzionato per tre volte, in particolare nel libro di Daniele (Dn 10,13,21, 12,1) dove viene indicato quale difensore del popolo ebraico e capo supremo dell'esercito celeste che difende i perseguitati e i deboli: «Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro». (Daniele 12,1).
A Giovinazzo, i tanti devoti dell'Arcangelo, dopo aver raccolto e donato pacchi viveri e scuola (grembiuli, matite, penne e quaderni, nda) a famiglie segnalate dalla parrocchia Sant'Agostino («Quest'anno abbiamo registrato un incremento rispetto al 2014», afferma soddisfatto Michele Decicco), nella serata di ieri, sempre all'interno della chiesa costruita nel XVIII secolo, hanno proiettato un documentario sul significato del pellegrinaggio micaelico settembrino verso la grotta angelica di Monte Sant'Angelo.
Nell'incontro, introdotto dal giornalista Michele Marolla, Michele Decicco, che ha realizzato il cortometraggio grazie all'ausilio di Giuseppe Buonfito e Maurizio D'Alessandro, ha rimarcato «l'omaggio di riconoscenza a Gabriele Tardio, teologo, tecnico agricolo, storico di San Marco in Lamis e grande conoscitore del culto micaelico».
L'appassionato ricercatore, scomparso nel 2013, «25 anni fa - ha proseguito Decicco - ha ridato vita al pellegrinaggio notturno, rispolverando una vecchia tradizione ormai perduta grazie ad un prezioso documento del 1490 in cui raccontava di numerosi romei santi micaelai e viandanti che attraversavano la piccola frazione di San Marco in Lamis per recarsi al santuario garganico di San Michele Arcangelo».
«Un santuario garganico - secondo lo stesso Tardio, in un documento pubblicato sul web nel 2011 - frequentato nei suoi quindici secoli non da santi, papi ed eroi, ma principalmente da umili pellegrini, gente comune, che non entreranno mai nei libri di storia ma che con il proprio lavoro, con il proprio impegno, con il proprio sacrificio, con la gioia e le lacrime ha costruito la storia dell'uomo: questi sono i veri pellegrini al santuario del Gargano».
Tra questi anche Francesco, fervente devoto giovinazzese, che nella notte appena trascorsa ha percorso a piedi i circa 35 chilometri, attraversando anche la Foresta Umbra, che da San Marco in Lamis conducono alla grotta di San Michele Arcangelo in un pellegrinaggio dal forte connotato penitenziale di preghiera.
«Durante il pellegrinaggio - le parole di Tardio - ognuno avrà la possibilità di sentire il proprio cuore e il proprio silenzio; di vedere la notte che si apre all'alba del nuovo giorno e, nel salire il monte, vedere la luce piena e libera; di vivere un itinerario di conversione e avvicinamento a Dio nella preghiera e nella scoperta del fratello durante il cammino a piedi; di assaporare la bellezza della semplicità e del sacrificio per raggiungere una meta della propria vita evitando le facili "scorciatoie"».
Nell'Antico Testamento, l'arcangelo Michele, viene menzionato per tre volte, in particolare nel libro di Daniele (Dn 10,13,21, 12,1) dove viene indicato quale difensore del popolo ebraico e capo supremo dell'esercito celeste che difende i perseguitati e i deboli: «Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro». (Daniele 12,1).
A Giovinazzo, i tanti devoti dell'Arcangelo, dopo aver raccolto e donato pacchi viveri e scuola (grembiuli, matite, penne e quaderni, nda) a famiglie segnalate dalla parrocchia Sant'Agostino («Quest'anno abbiamo registrato un incremento rispetto al 2014», afferma soddisfatto Michele Decicco), nella serata di ieri, sempre all'interno della chiesa costruita nel XVIII secolo, hanno proiettato un documentario sul significato del pellegrinaggio micaelico settembrino verso la grotta angelica di Monte Sant'Angelo.
Nell'incontro, introdotto dal giornalista Michele Marolla, Michele Decicco, che ha realizzato il cortometraggio grazie all'ausilio di Giuseppe Buonfito e Maurizio D'Alessandro, ha rimarcato «l'omaggio di riconoscenza a Gabriele Tardio, teologo, tecnico agricolo, storico di San Marco in Lamis e grande conoscitore del culto micaelico».
L'appassionato ricercatore, scomparso nel 2013, «25 anni fa - ha proseguito Decicco - ha ridato vita al pellegrinaggio notturno, rispolverando una vecchia tradizione ormai perduta grazie ad un prezioso documento del 1490 in cui raccontava di numerosi romei santi micaelai e viandanti che attraversavano la piccola frazione di San Marco in Lamis per recarsi al santuario garganico di San Michele Arcangelo».
«Un santuario garganico - secondo lo stesso Tardio, in un documento pubblicato sul web nel 2011 - frequentato nei suoi quindici secoli non da santi, papi ed eroi, ma principalmente da umili pellegrini, gente comune, che non entreranno mai nei libri di storia ma che con il proprio lavoro, con il proprio impegno, con il proprio sacrificio, con la gioia e le lacrime ha costruito la storia dell'uomo: questi sono i veri pellegrini al santuario del Gargano».
Tra questi anche Francesco, fervente devoto giovinazzese, che nella notte appena trascorsa ha percorso a piedi i circa 35 chilometri, attraversando anche la Foresta Umbra, che da San Marco in Lamis conducono alla grotta di San Michele Arcangelo in un pellegrinaggio dal forte connotato penitenziale di preghiera.
«Durante il pellegrinaggio - le parole di Tardio - ognuno avrà la possibilità di sentire il proprio cuore e il proprio silenzio; di vedere la notte che si apre all'alba del nuovo giorno e, nel salire il monte, vedere la luce piena e libera; di vivere un itinerario di conversione e avvicinamento a Dio nella preghiera e nella scoperta del fratello durante il cammino a piedi; di assaporare la bellezza della semplicità e del sacrificio per raggiungere una meta della propria vita evitando le facili "scorciatoie"».