Peppino Cervone: «Vi racconto la "mia" stagione di voga»
Il patron biancoverde traccia il bilancio finale dell'attività agonistica
venerdì 23 settembre 2016
Il trionfo con le ragazze ed il terzo posto finale con i ragazzi. Il Trofeo dell'Adriatico 2016 di voga è andato in archivio come una delle edizioni in cui l'Associazione Vogatori "Massimo Cervone" ha ottenuto il maggior bottino. Un'edizione da ricordare, insomma, soprattutto per la caparbietà di non arrendersi ad un inizio di stagione a corrente alternata. Tante le emozioni, per i vogatori e le vogatrici, per lo staff, per gli appassionati e per tutta quella gente che negli anni ha imparato ad amare ed a sostenere il sodalizio di piazza Porto.
Ne abbiamo parlato con Peppino Cervone, presidente dei biancoverdi, che però ci ha voluto raccontare l'altra stagione, quella che lui stesso ha definito la "mia" stagione di voga, vista dalla prospettiva di chi investe ogni anno tanto e guarda dal di fuori ciò che accade in barca. Ecco cosa ne è emerso.
Presidente, riavvolgiamo il nastro. A qualche settimana dall'inizio del Trofeo dell'Adriatico Peppino Cervone si accorge di qualcosa. Di cosa si trattava?
Beh, mi resi conto in tarda primavera che vi erano due equipaggi differenti nella loro struttura e che avevamo molto da lavorare. I ragazzi si erano rinnovati per l'atavica difficoltà a formare un vivaio degno di tal nome, nel senso che molti arrivano, gareggiano una stagione e poi, presi da impegni personali, vanno via. Rigenerare una squadra ogni anno significa ripartire da zero. Da altre parti, penso a Molfetta, invece, hanno saputo fare innesti su un gruppo preesistente ed i risultati sono stati evidenti. Quanto alle ragazze, invece, avevamo dentro di noi la certezza del valore assoluto dell'equipaggio, ma sapevamo che le peggiori difficoltà erano tutte interiori alle nostre vogatrici.
Si spieghi meglio...
Dal mio punto di vista sono meglio amalgamate degli uomini. Fanno gruppo, nonostante la differenza d'età le "anziane" fanno da chioccia alle altre, escono assieme. Insomma, sono squadra. Ma, va sottolineato, a volte non capisco ancora il perché, forse per la natura femminile molto sensibile, si autocondizionano, sentono la pressione e forniscono prestazioni al di sotto delle aspettative.
Ed infatti siete partiti ad handicap. Come ha vissuto quell'avvio?
Non poterle seguire dal vivo, per via di acciacchi alla mia schiena, un po' mi scocciava. Poi le prestazioni con alternanza di risultati non mi lasciavano tranquillo. A Brindisi male, poi bene a Molfetta, poi di nuovo dietro tarantine e molfettesi. Non capivo, forse non lo capirò mai, ma soffrivo nel vederle a volte sottotono in maniera spiazzante. Eppure sono donne eccezionali, alcune madri, mature, persone che danno il cuore.
Quando ha capito che le ragazze ce l'avrebbero potuta fare e che per i ragazzi quel podio non era affatto lontano?
Direi che Vasto ha segnato una svolta. Tracciato di gara per noi ostico storicamente. Ed invece lì è arrivato il riscatto, con ottime prestazioni. Lì, consultandomi con mio figlio Francesco, che è l'altra anima di questa squadra, ci siamo detti che era obbligatorio crederci e che non ci eravamo sbagliati.
Infine la Regata dei Gonfaloni che per la famiglia Cervone vuol dire tanto da un punto di vista emozionale, prima ancora che agonistico...
Sì ,dice bene. La Regata dei Gonfaloni per noi significa Massimo, il suo ricordo, la voglia di sentirlo tra noi. Il 7 agosto abbiamo trovato una combinazione giusta di sensazioni, nonostante le ragazze non fossero prime a fine mattinata. Ma c'era l'alchimia giusta, difficile da descrivere. Osservavo loro ed i miei ragazzi a tavola, nel consueto pranzo conviviale, e sentivo che avrebbero dato tutto a sera. Se quel tutto sarebbe bastato non lo sapevo, ma ero certo che saremmo usciti dalle acque di Cala Porto senza rimpianti. E poi è successo quel che è successo...
È successo che avete vinto con le ragazze e che avete agguantato un podio con gli uomini. Ora però deve pensare al futuro di una manifestazione che ormai richiama migliaia di spettatori. Bolle qualcosa in pentola?
Devo ringraziare l'Amministrazione comunale per l'apporto che ci conferma di anno in anno. Quanto al format, già quattro anni fa provammo ad estendere l'intera manifestazione a due giornate. La gara resterebbe sempre circoscritta alle due manche domenicali, come è da prassi nel Trofeo, ma si potrebbe riprovare a fare qualcosa in piazza Porto il sabato sera. È una idea, una delle tante che ho in testa. Ma non voglio precludermi nulla. Sempre in accordo con gli amministratori del momento cercheremo di offrire uno spettacolo degno del richiamo di gente.
Non ci resta che chiudere con le prospettive delle due squadre. Vi state ancora allenando? E l'anno prossimo puntate all'en plein?
Non montiamoci la testa, la voga è uno sport difficile, dai pronostici imprevedibili. Gli equipaggi si stanno ancora allenando, fin quando il clima lo consentirà. C'è la volontà di lavorare sin dall'inverno, magari in palestra, per dare forma alle nostre aspirazioni future. Ecco, una cosa è molto importante: è rinato l'entusiasmo attorno a noi con queste prestazioni. Spero diventi più facile avere ricambi negli anni futuri. Giovinazzo ha bisogno di consolidare una bella tradizione.
Ne abbiamo parlato con Peppino Cervone, presidente dei biancoverdi, che però ci ha voluto raccontare l'altra stagione, quella che lui stesso ha definito la "mia" stagione di voga, vista dalla prospettiva di chi investe ogni anno tanto e guarda dal di fuori ciò che accade in barca. Ecco cosa ne è emerso.
Presidente, riavvolgiamo il nastro. A qualche settimana dall'inizio del Trofeo dell'Adriatico Peppino Cervone si accorge di qualcosa. Di cosa si trattava?
Beh, mi resi conto in tarda primavera che vi erano due equipaggi differenti nella loro struttura e che avevamo molto da lavorare. I ragazzi si erano rinnovati per l'atavica difficoltà a formare un vivaio degno di tal nome, nel senso che molti arrivano, gareggiano una stagione e poi, presi da impegni personali, vanno via. Rigenerare una squadra ogni anno significa ripartire da zero. Da altre parti, penso a Molfetta, invece, hanno saputo fare innesti su un gruppo preesistente ed i risultati sono stati evidenti. Quanto alle ragazze, invece, avevamo dentro di noi la certezza del valore assoluto dell'equipaggio, ma sapevamo che le peggiori difficoltà erano tutte interiori alle nostre vogatrici.
Si spieghi meglio...
Dal mio punto di vista sono meglio amalgamate degli uomini. Fanno gruppo, nonostante la differenza d'età le "anziane" fanno da chioccia alle altre, escono assieme. Insomma, sono squadra. Ma, va sottolineato, a volte non capisco ancora il perché, forse per la natura femminile molto sensibile, si autocondizionano, sentono la pressione e forniscono prestazioni al di sotto delle aspettative.
Ed infatti siete partiti ad handicap. Come ha vissuto quell'avvio?
Non poterle seguire dal vivo, per via di acciacchi alla mia schiena, un po' mi scocciava. Poi le prestazioni con alternanza di risultati non mi lasciavano tranquillo. A Brindisi male, poi bene a Molfetta, poi di nuovo dietro tarantine e molfettesi. Non capivo, forse non lo capirò mai, ma soffrivo nel vederle a volte sottotono in maniera spiazzante. Eppure sono donne eccezionali, alcune madri, mature, persone che danno il cuore.
Quando ha capito che le ragazze ce l'avrebbero potuta fare e che per i ragazzi quel podio non era affatto lontano?
Direi che Vasto ha segnato una svolta. Tracciato di gara per noi ostico storicamente. Ed invece lì è arrivato il riscatto, con ottime prestazioni. Lì, consultandomi con mio figlio Francesco, che è l'altra anima di questa squadra, ci siamo detti che era obbligatorio crederci e che non ci eravamo sbagliati.
Infine la Regata dei Gonfaloni che per la famiglia Cervone vuol dire tanto da un punto di vista emozionale, prima ancora che agonistico...
Sì ,dice bene. La Regata dei Gonfaloni per noi significa Massimo, il suo ricordo, la voglia di sentirlo tra noi. Il 7 agosto abbiamo trovato una combinazione giusta di sensazioni, nonostante le ragazze non fossero prime a fine mattinata. Ma c'era l'alchimia giusta, difficile da descrivere. Osservavo loro ed i miei ragazzi a tavola, nel consueto pranzo conviviale, e sentivo che avrebbero dato tutto a sera. Se quel tutto sarebbe bastato non lo sapevo, ma ero certo che saremmo usciti dalle acque di Cala Porto senza rimpianti. E poi è successo quel che è successo...
È successo che avete vinto con le ragazze e che avete agguantato un podio con gli uomini. Ora però deve pensare al futuro di una manifestazione che ormai richiama migliaia di spettatori. Bolle qualcosa in pentola?
Devo ringraziare l'Amministrazione comunale per l'apporto che ci conferma di anno in anno. Quanto al format, già quattro anni fa provammo ad estendere l'intera manifestazione a due giornate. La gara resterebbe sempre circoscritta alle due manche domenicali, come è da prassi nel Trofeo, ma si potrebbe riprovare a fare qualcosa in piazza Porto il sabato sera. È una idea, una delle tante che ho in testa. Ma non voglio precludermi nulla. Sempre in accordo con gli amministratori del momento cercheremo di offrire uno spettacolo degno del richiamo di gente.
Non ci resta che chiudere con le prospettive delle due squadre. Vi state ancora allenando? E l'anno prossimo puntate all'en plein?
Non montiamoci la testa, la voga è uno sport difficile, dai pronostici imprevedibili. Gli equipaggi si stanno ancora allenando, fin quando il clima lo consentirà. C'è la volontà di lavorare sin dall'inverno, magari in palestra, per dare forma alle nostre aspirazioni future. Ecco, una cosa è molto importante: è rinato l'entusiasmo attorno a noi con queste prestazioni. Spero diventi più facile avere ricambi negli anni futuri. Giovinazzo ha bisogno di consolidare una bella tradizione.