La riscoperta di Pietro Camporeale
Il centrocampista giovinazzese che in Molise è tornato campione: «Termoli, il mio trampolino di lancio»
venerdì 22 maggio 2015
14.26
Andare a giocare lontano dal tacco dello stivale è una scelta dettata molto spesso da ragioni di portafoglio: non è questo il caso di Pietro Camporeale.
Nato a Pistoia nel 1994, il centrocampista giovinazzese ha avuto un'infanzia calcistica simile a quella dei ragazzi della sua età. Tanti anni di settore giovanile, l'esordio a Fasano in Eccellenza, il fatato biennio a Monopoli in serie D. La stoffa c'è, sono tanti gli addetti ai lavori a notarlo. Tra questi il diesse Franco Sgrona che in estate lo porta ad Andria, in quarta serie. L'esperienza con la Fidelis comincia bene, ma purtroppo il suo grande talento sbatte contro il muro della sfortuna.
«Un infortunio al ginocchio destro - racconta Camporeale - mi ha tenuto fermo per quasi un mese e mezzo. Al rientro, poi, ho giocato davvero poco: la squadra, ben oliata, aveva già un'intelaiatura ben impostata tatticamente e tecnicamente». Di qui, la decisione drastica: fare fagotto e scappare in Molise, a Termoli, sempre in serie D. Un'esperienza dal sapore dolceamaro. Una vetrina importante per Camporeale, ma con un limite di fondo. Al suo arrivo a Termoli, cittadina caratterizza per la presenza di un promontorio sul quale sorge l'antico borgo marinaro, la squadra era confinata all'ultimo posto.
«Ero appena arrivato e già volevo tornare indietro - rivela ancora -. Non avevamo neanche una maglietta per allenarci e sembrava che lo spogliatoio stesse cadendo a pezzi. Ma purtroppo in momenti come quelli bisogna sempre reagire e andare avanti. Non puoi fermarti, non servirebbe a nulla. Ci siamo fatti forza tra noi, abbiamo combattuto». A febbraio, la svolta. Il presidente Francesco Calarco lascia il club e sancisce anche l'esonero del tecnico Marcello Casu, sostituito da Pino Di Meo. Non era facile ripartire da zero, tra mille difficoltà. Ma il Termoli ce l'ha fatta, conquistando un'insperata salvezza.
«Ci sono stati vicini davvero in pochi, - continua Camporeale -. Ringrazio i tifosi, l'allenatore che da gran timoniere ci ha condotti al porto della salvezza, il direttore sportivo e qualche dirigente. Ci siamo salvati con 39 punti quando all'inizio del girone di ritorno ne avevamo solo 8. Davvero un miracolo». E Camporeale, che col suo atteggiamento combattivo e indomito che lo contraddistingue è finito per entrare nel cuore dei tifosi, è stato uno dei leader della squadra, giocando come sempre nella sua posizione preferita: centrocampista destro.
Per lui 18 presenze ed 1 gol (in casa contro la Sambenedettese, nella foto di Eric Moscufo): «La partita più bella? A Pesaro - risponde -. Vincemmo 1-2 al 95' minuto e mettemmo una seria ipoteca sulla salvezza diretta». La storia di Pietro Camporeale è simile a quella dei tanti under che girovagano nell'attuale calcio dilettantistico: «Ho lasciato la Fidelis senza aver potuto mai dimostrare il mio vero valore che i dirigenti andriesi ben conoscevano». D'altronde una giovane promessa come lui, per sbocciare, aveva solo bisogno di fiducia e di giocare con continuità. Un problema del nostro calcio che si ripercuote a tutti i livelli: dalla serie A fino alle categorie minori.
«A Termoli volevo recuperare il terreno perduto - prosegue -. E lì, forse, s'è rivisto il vero Camporeale. Avevo voglia di fare tutto ciò che non ho potuto fare ad Andria: credo di esserci riuscito. Sono passati alcuni mesi e ora mi sono ripreso. E l'esperienza molisana è stata un autentico trampolino di lancio». Un viaggio alla volta di Termoli per svolgere il più bel lavoro del mondo (quello di tirare calci a un pallone) che si è rivelato assai fecondo. Pietro Camporeale, partito da Giovinazzo con un sogno, lo sta vivendo a 20 anni, in quello che è il momento più fulgido della sua carriera da giocatore. Dalla panchina degli Degli Ulivi all'impresa di Termoli, è stato un viaggio lungo. Avventuroso. Pieno di insidie. Di voltafaccia e di porte aperte, chiuse e poi di nuovo spalancate. Un sogno fantastico. Non svegliatelo.
Sì, ma il futuro? «Per ora mi tengo in allenamento pensando ad una possibile squadra. Non so ancora cosa mi riserverà il futuro». In attesa magari di tornare nella sua seconda casa, quel Monopoli dove trionfano i valori del rispetto e della meritocrazia. Se ti chiedessero di ritornare a vestire la maglia biancoverde del Gabbiano cosa risponderesti? «A Monopoli sono stato benissimo ed è stata la squadra dove ho dato il meglio di me. Accetterei volentieri, - termina - perché ovviamente si torna sempre dove si è stati bene».
Nato a Pistoia nel 1994, il centrocampista giovinazzese ha avuto un'infanzia calcistica simile a quella dei ragazzi della sua età. Tanti anni di settore giovanile, l'esordio a Fasano in Eccellenza, il fatato biennio a Monopoli in serie D. La stoffa c'è, sono tanti gli addetti ai lavori a notarlo. Tra questi il diesse Franco Sgrona che in estate lo porta ad Andria, in quarta serie. L'esperienza con la Fidelis comincia bene, ma purtroppo il suo grande talento sbatte contro il muro della sfortuna.
«Un infortunio al ginocchio destro - racconta Camporeale - mi ha tenuto fermo per quasi un mese e mezzo. Al rientro, poi, ho giocato davvero poco: la squadra, ben oliata, aveva già un'intelaiatura ben impostata tatticamente e tecnicamente». Di qui, la decisione drastica: fare fagotto e scappare in Molise, a Termoli, sempre in serie D. Un'esperienza dal sapore dolceamaro. Una vetrina importante per Camporeale, ma con un limite di fondo. Al suo arrivo a Termoli, cittadina caratterizza per la presenza di un promontorio sul quale sorge l'antico borgo marinaro, la squadra era confinata all'ultimo posto.
«Ero appena arrivato e già volevo tornare indietro - rivela ancora -. Non avevamo neanche una maglietta per allenarci e sembrava che lo spogliatoio stesse cadendo a pezzi. Ma purtroppo in momenti come quelli bisogna sempre reagire e andare avanti. Non puoi fermarti, non servirebbe a nulla. Ci siamo fatti forza tra noi, abbiamo combattuto». A febbraio, la svolta. Il presidente Francesco Calarco lascia il club e sancisce anche l'esonero del tecnico Marcello Casu, sostituito da Pino Di Meo. Non era facile ripartire da zero, tra mille difficoltà. Ma il Termoli ce l'ha fatta, conquistando un'insperata salvezza.
«Ci sono stati vicini davvero in pochi, - continua Camporeale -. Ringrazio i tifosi, l'allenatore che da gran timoniere ci ha condotti al porto della salvezza, il direttore sportivo e qualche dirigente. Ci siamo salvati con 39 punti quando all'inizio del girone di ritorno ne avevamo solo 8. Davvero un miracolo». E Camporeale, che col suo atteggiamento combattivo e indomito che lo contraddistingue è finito per entrare nel cuore dei tifosi, è stato uno dei leader della squadra, giocando come sempre nella sua posizione preferita: centrocampista destro.
Per lui 18 presenze ed 1 gol (in casa contro la Sambenedettese, nella foto di Eric Moscufo): «La partita più bella? A Pesaro - risponde -. Vincemmo 1-2 al 95' minuto e mettemmo una seria ipoteca sulla salvezza diretta». La storia di Pietro Camporeale è simile a quella dei tanti under che girovagano nell'attuale calcio dilettantistico: «Ho lasciato la Fidelis senza aver potuto mai dimostrare il mio vero valore che i dirigenti andriesi ben conoscevano». D'altronde una giovane promessa come lui, per sbocciare, aveva solo bisogno di fiducia e di giocare con continuità. Un problema del nostro calcio che si ripercuote a tutti i livelli: dalla serie A fino alle categorie minori.
«A Termoli volevo recuperare il terreno perduto - prosegue -. E lì, forse, s'è rivisto il vero Camporeale. Avevo voglia di fare tutto ciò che non ho potuto fare ad Andria: credo di esserci riuscito. Sono passati alcuni mesi e ora mi sono ripreso. E l'esperienza molisana è stata un autentico trampolino di lancio». Un viaggio alla volta di Termoli per svolgere il più bel lavoro del mondo (quello di tirare calci a un pallone) che si è rivelato assai fecondo. Pietro Camporeale, partito da Giovinazzo con un sogno, lo sta vivendo a 20 anni, in quello che è il momento più fulgido della sua carriera da giocatore. Dalla panchina degli Degli Ulivi all'impresa di Termoli, è stato un viaggio lungo. Avventuroso. Pieno di insidie. Di voltafaccia e di porte aperte, chiuse e poi di nuovo spalancate. Un sogno fantastico. Non svegliatelo.
Sì, ma il futuro? «Per ora mi tengo in allenamento pensando ad una possibile squadra. Non so ancora cosa mi riserverà il futuro». In attesa magari di tornare nella sua seconda casa, quel Monopoli dove trionfano i valori del rispetto e della meritocrazia. Se ti chiedessero di ritornare a vestire la maglia biancoverde del Gabbiano cosa risponderesti? «A Monopoli sono stato benissimo ed è stata la squadra dove ho dato il meglio di me. Accetterei volentieri, - termina - perché ovviamente si torna sempre dove si è stati bene».