Vent'anni fa l'aggressione in Svizzera a Luca Mongelli
Francesco Minervini ha ricordato il triste anniversario, riaccendendo i riflettori sull'inerzia delle autorità svizzere e sul coraggio di un piccolo grande uomo
martedì 8 febbraio 2022
15.58
«Esattamente venti anni fa, a quest'ora, Luca Mongelli, carissimo amico e compagno di penna, viveva il suo dramma: un drappello di ragazzi troppo figli del benessere svizzero, lo aggredivano abbandonandolo senza conoscenza e seminudo nella neve del paese di Veysonnaz dove con la sua famiglia viveva il piccolo Luca. La temperatura era sottozero. Era italiano, era straniero, era intelligente. Tre colpe imperdonabili per chi non sopporta la diversità e brancola nel suo buio esistenziale».
A scriverlo è Francesco Minervini, docente, scrittore, uomo di livello intellettivo superiore tanto quanto suo fratello Guglielmo, capace di dar voce sempre, come gli è accaduto nei suoi libri che raccontano fatti di mafia, a coloro i quali interpretano loro malgrado la parte dei più deboli.
«Dopo tre mesi di coma - ricorda Minervini -, contro ogni speranza, Luca si è svegliato e ha raccontato tutto, senza però che nessuno, tranne i genitori, gli credesse.
Sono passati vent'anni e per le autorità della Svizzera a tramortire e a spogliare Luca sotto la neve è stato il suo cane Rocky, che fu prontamente abbattuto - è l'amara ed ironica constatazione -. Sono passati vent'anni e Luca ne ha fatta di strada. Con la sua vita difficile in carrozzella e senza vista, ha visto ciò che gli altri non vedono. Si è laureato e ha percorso le vie del mondo.
Ha scritto con me che "Finalmente urla" - ha continuato - come titola il nostro libro a quattro mani, libero come l'aria e vispo come non mai. Luca... che questo sia l'anniversario della tua vittoria, perché nonostante tutto e nonostante tutti ce l'hai fatta».
L'amaro della vicenda, come spesso accade quando a raccontare alcune storie è il prof. Minervini, ha lasciato spazio alla rivincita, alla resistenza strenua contro le avversità ed al trionfo di un piccolo, grande uomo al quale l'intera comunità giovinazzese rende omaggio. Lui, maestro di vita per tutti noi.
In coda al suo pensiero, Francesco Minervini ha riportato un passaggio di un libro che in molti dovrebbero leggere:
«La sera, quando mi addormento, mi ripeto sempre una cosa, che so per certa: in fondo non sono state le mie cellule a svuotarsi e frantumarsi, ma quelle di chi mi ha voluto annullare. Ora sono qui, e finalmente urlo, come la prima volta dopo il risveglio in ospedale (...) Io voglio vivere sognando lo stesso un futuro. Il mio futuro». Il futuro del dottor Luca Mongelli.
A scriverlo è Francesco Minervini, docente, scrittore, uomo di livello intellettivo superiore tanto quanto suo fratello Guglielmo, capace di dar voce sempre, come gli è accaduto nei suoi libri che raccontano fatti di mafia, a coloro i quali interpretano loro malgrado la parte dei più deboli.
«Dopo tre mesi di coma - ricorda Minervini -, contro ogni speranza, Luca si è svegliato e ha raccontato tutto, senza però che nessuno, tranne i genitori, gli credesse.
Sono passati vent'anni e per le autorità della Svizzera a tramortire e a spogliare Luca sotto la neve è stato il suo cane Rocky, che fu prontamente abbattuto - è l'amara ed ironica constatazione -. Sono passati vent'anni e Luca ne ha fatta di strada. Con la sua vita difficile in carrozzella e senza vista, ha visto ciò che gli altri non vedono. Si è laureato e ha percorso le vie del mondo.
Ha scritto con me che "Finalmente urla" - ha continuato - come titola il nostro libro a quattro mani, libero come l'aria e vispo come non mai. Luca... che questo sia l'anniversario della tua vittoria, perché nonostante tutto e nonostante tutti ce l'hai fatta».
L'amaro della vicenda, come spesso accade quando a raccontare alcune storie è il prof. Minervini, ha lasciato spazio alla rivincita, alla resistenza strenua contro le avversità ed al trionfo di un piccolo, grande uomo al quale l'intera comunità giovinazzese rende omaggio. Lui, maestro di vita per tutti noi.
In coda al suo pensiero, Francesco Minervini ha riportato un passaggio di un libro che in molti dovrebbero leggere:
«La sera, quando mi addormento, mi ripeto sempre una cosa, che so per certa: in fondo non sono state le mie cellule a svuotarsi e frantumarsi, ma quelle di chi mi ha voluto annullare. Ora sono qui, e finalmente urlo, come la prima volta dopo il risveglio in ospedale (...) Io voglio vivere sognando lo stesso un futuro. Il mio futuro». Il futuro del dottor Luca Mongelli.