Venerdì Santo, Don Pietro Rubini: «"È compiuto" significa aver raggiunto il fine dell'Amore»

Questo pomeriggio la Commemorazione della Morte di Gesù nella Parrocchia Immacolata

venerdì 10 aprile 2020 17.50
A cura di Gianluca Battista
«È un racconto che racchiude le nostre molteplici croci. Sarebbe facile fare mea culpa per aver agito come qualche attore di questa vicenda. E se non ce la facciamo, cerchiamo di non chiudere le orecchie alle sue ultime parole che meritano risposte con la nostra vita. La Parola che illumina tutto il Mistero della sua Passione è questa: "È compiuto", cioè "Ho raggiunto il fine"».

Così don Pietro Rubini nell'incipit della sua omelia durante una insolita e intensissima Commemorazione della Morte di Gesù, celebrata all'interno di una Parrocchia Immacolata tristemente vuota e trasmessa in diretta streaming.

La fede ai tempi del Coronavirus non si ferma e la Chiesa giovinazzese si è riunita per vivere la Passione del Cristo ed inginocchiarsi, abbandonandosi alla forza della Croce.

«Giovanni - ha continuato il parroco di San Domenico davanti ai suoi fratelli sacerdoti - aveva affermato che "Gesù avendo amato i suoi, li amò fino alla fine". L'Evangelista - ha quindi evidenziato - usa la stessa parola che si trova in greco per indicare "È compiuto". Significa raggiungere l'obiettivo, il fine, è la freccia che centra il bersaglio, è lo scopo raggiunto».

«Il suo contraltare - ha spiegato don Pietro - è la freccia che ha mancato il bersaglio, la morte. La nostra vita sta in questi due termini: o raggiunge l'obiettivo facendoci diventare come Gesù o resta segnata da questa radicale mancanza di scopo, cioè priva d'amore. "Matita docile nelle mani dell'Amore", diceva Madre Teresa di Calcutta».

Perciò don Pietro si è soffermato sull'attualità terribile che il mondo intero sta vivendo, esortando i fedeli a non rassegnarsi, ma a disegnare la propria esistenza secondo quanto avrebbe voluto il Signore: «In momenti come questo - ha evidenziato ricordando quanto diceva Madre Teresa - non dobbiamo né gettare la matita né strappare il foglio. Noi infatti non siamo un foglio bianco su cui nulla è scritto. Dio invece ha un progetto d'Amore su di noi, non un destino predeterminato. "Lui - diceva Sant'Agostino - non potrà salvarci senza di noi". Lui ha spalancato ha tutti le porte del Paradiso, trasformando il più grande dolore subito ingiustamente, nel più grande amore, nella più grande ed incondizionata dedizione».

Dalla Croce, il riscatto, dalla morte arriva la luce, dal "non scopo" ad una esistenza votata all'altro, senza cedere al momento di sconforto che il buio porta. Arriverà la resurrezione: «Andiamo perciò anche noi sotto la sua Croce - ha esortato don Pietro - a riprenderci la speranza, perché lui, piagato, non resta cadavere. "Consummatum Est" - è la meravigliosa sottolineatura del parroco -, non è fallimento, ma sa di trionfo regale, come grido di vittoria che travolge ogni paura. È bacio finale dell'amore che chiede una risposta».

E dal Cristo non arriva solo una mera promessa di vita migliore dopo, oltre quella terrena. Gesù insegna che l'Amore, il darsi agli altri, lo stare nel mondo è lo scopo ora, in ogni momento dell'esistenza terrena: «Ogni giorno - ha rimarcato don Pietro sul finire - sarà Gesù a chiederci: "Quanto ti manca per amare gli altri?". Nel senso non temporale dell'espressione, perché Gesù non ci chiede di rinunciare a vivere, ma dalla Croce ci offre la possibilità di vivere meglio, con noi stessi e con gli altri».

Lo scopo, dunque, non è quello di restar fermi negli egoismi, nelle trincee del nostro individualismo, ma di darci al prossimo perché quella Croce abbia pieno e compiuto significato anche per noi.
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