Una colonizzazione silenziosa
Il clan Strisciuglio è il più potente e il più diffuso nell'hinterland barese
giovedì 4 giugno 2015
17.41
«I gruppi malavitosi si sono allargati. Gli equilibri interni, già precari, sono in crisi. E sotto lo stemma di famiglia, nuovi soggetti rivendicano un posto a tavola, pronti a tutto» pur di prendersi il territorio, di occuparlo. È quanto ipotizza la Gazzetta del Mezzogiorno: il quotidiano cartaceo analizza il cambiamento (che viene imposto a colpi di pistola) interno agli Strisciuglio, l'organizzazione mafiosa più potente e più diffusa a Bari e nell'hinterland.
«Gli Strisciuglio - si legge - non sono rimasti confinati nei loro quartieri di Bari. Come altre famiglie hanno cercato di espandersi seguendo criteri paralleli a quelli dell'organizzazione territoriale adottati dalla pubblica amministrazione. Stanno fagocitando nella loro organizzazione pezzi di provincia che diventano organici, contigui. Il territorio, infatti, è l'elemento fondamentale, lo spazio vitale di un'organizzazione criminale. Dal suo sfruttamento si ricavano soldi. E tanto più è vasta la zona d'influenza, tanto maggiori sono i guadagni. I clan sono diventati impresa grazie al business della droga. Stanno ricalcando il copione di quanto avvenuto con il contrabbando delle sigarette».
Tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila erano gli scafi dei contrabbandieri a solcare l'Adriatico con i loro carichi di merce: sigarette, armi e droga. Oggi, oltre dieci anni dopo l'operazione "Primavera", che assestò un colpo letale al contrabbando, il mercato delle sostanze stupefacenti è tornato il grande affare delle organizzazioni criminali che trovano terreno fertile anche a Giovinazzo.
A confermarlo Antonio Galizia, al comando della locale Stazione dei Carabinieri per un lungo ventennio, dal 1992 al 2012. «I canali utilizzati per la droga - racconta - sono gli stessi che venivano utilizzati per il contrabbando. E i ragazzi che prima venivano impiegati per gli sbarchi di sigarette via mare oggi sono usati per lo smercio di sostanze stupefacenti. Infatti anche a Giovinazzo c'è tanta manovalanza che viene utilizzata per lo spaccio al minuto di droga. Più spacciatori, più vendita. Meno introiti per i piccoli spacciatori e molti guadagni per i capi. A Giovinazzo c'è poco fumo e molta cocaina».
Sulla Gazzetta del Mezzogiorno, infatti, si legge ancora: «La colonizzazione dell'hinterland e il potenziamento degli organici del clan Strisciuglio nei quartieri storici ha un altro aspetto inquietante. La possibilità di reclutare a piene mani nella devianza giovanile e nelle ampie sacche del disagio sociale. Allora, si passa dal furto allo scippo, all'omicidio, bruciando le tappe, accorciando i tempi dell'apprendistato. Il clan, purtroppo, assicura dignità e prestigio».
Un clan, quello di Domenico Strisciuglio, che negli anni ha cercato di espandere la propria leadership attraverso intese e accordi anche nella città di Giovinazzo, divenuta, negli anni, una preda appetibile per la criminalità organizzata. Non quella che si fa con le armi e con le basi dello spaccio. Ma una colonizzazione silenziosa, che produce un unico rumore: il fruscio dei soldi sporchi derivanti dallo smercio di stupefacenti.
«Gli Strisciuglio - si legge - non sono rimasti confinati nei loro quartieri di Bari. Come altre famiglie hanno cercato di espandersi seguendo criteri paralleli a quelli dell'organizzazione territoriale adottati dalla pubblica amministrazione. Stanno fagocitando nella loro organizzazione pezzi di provincia che diventano organici, contigui. Il territorio, infatti, è l'elemento fondamentale, lo spazio vitale di un'organizzazione criminale. Dal suo sfruttamento si ricavano soldi. E tanto più è vasta la zona d'influenza, tanto maggiori sono i guadagni. I clan sono diventati impresa grazie al business della droga. Stanno ricalcando il copione di quanto avvenuto con il contrabbando delle sigarette».
Tra gli anni Novanta e gli inizi del Duemila erano gli scafi dei contrabbandieri a solcare l'Adriatico con i loro carichi di merce: sigarette, armi e droga. Oggi, oltre dieci anni dopo l'operazione "Primavera", che assestò un colpo letale al contrabbando, il mercato delle sostanze stupefacenti è tornato il grande affare delle organizzazioni criminali che trovano terreno fertile anche a Giovinazzo.
A confermarlo Antonio Galizia, al comando della locale Stazione dei Carabinieri per un lungo ventennio, dal 1992 al 2012. «I canali utilizzati per la droga - racconta - sono gli stessi che venivano utilizzati per il contrabbando. E i ragazzi che prima venivano impiegati per gli sbarchi di sigarette via mare oggi sono usati per lo smercio di sostanze stupefacenti. Infatti anche a Giovinazzo c'è tanta manovalanza che viene utilizzata per lo spaccio al minuto di droga. Più spacciatori, più vendita. Meno introiti per i piccoli spacciatori e molti guadagni per i capi. A Giovinazzo c'è poco fumo e molta cocaina».
Sulla Gazzetta del Mezzogiorno, infatti, si legge ancora: «La colonizzazione dell'hinterland e il potenziamento degli organici del clan Strisciuglio nei quartieri storici ha un altro aspetto inquietante. La possibilità di reclutare a piene mani nella devianza giovanile e nelle ampie sacche del disagio sociale. Allora, si passa dal furto allo scippo, all'omicidio, bruciando le tappe, accorciando i tempi dell'apprendistato. Il clan, purtroppo, assicura dignità e prestigio».
Un clan, quello di Domenico Strisciuglio, che negli anni ha cercato di espandere la propria leadership attraverso intese e accordi anche nella città di Giovinazzo, divenuta, negli anni, una preda appetibile per la criminalità organizzata. Non quella che si fa con le armi e con le basi dello spaccio. Ma una colonizzazione silenziosa, che produce un unico rumore: il fruscio dei soldi sporchi derivanti dallo smercio di stupefacenti.