Turisti a Giovinazzo: cosa cercano, cosa trovano, cosa pensano quando vanno via

Dal "guestbook" di un albergo i pensieri ed i sentimenti reali di chi viene a farci visita

mercoledì 4 ottobre 2017 06.00
A cura di Gianluca Battista
Decine di volte ci siamo interrogati su quello che i turisti cercano a Giovinazzo, su come li accogliamo, su quello che provano quando ripartono per riprendere le loro vite dopo una vacanza, su cosa ci manca ancora per competere con altre località.

Ad aprirci le porte di tutto ciò è un "guestbook" di un albergo cittadino, una sorta di diario dove i visitatori lasciano le loro impressioni sul soggiorno. Ed è stato davvero sorprendente leggere (e talvolta interpretare) quello che hanno espresso, in varie lingue, in un lasso di tempo che va dal novembre 2015 all'estate appena trascorsa.

Un florilegio di elogi, ma soprattutto uno spunto di riflessione straordinario per noi che facciamo informazione, per gli amministratori e per quanti operano nel settore alberghiero e dell'accoglienza in genere.

Riflessione profonda, a pensarci bene, perché abbiamo scoperto ad esempio che non è il mare in quanto tale a rapirli (la nostra costa effettivamente non è il top),ma è la vita del borgo marino ad incantarli. Colpiscono i ritmi lenti, mai troppo cadenzati, le anziane sedute fuori dalle case dalla primavera ad ottobre, i profumi della nostra cucina. «Ho sempre sognato di venire a Giovinazzo - scriveva Alessandra domenica 13 novembre 2016 (segno di una destagionalizzazione che ha preso piede) - e finalmente il mio amore mi ci ha portata. Domani a malincuore ritornerò in Brianza».

È quindi la vita slow a prendere i loro cuori, tanto da volerci tornare.

Ma non solo questo. Amano il centro storico definito da Fabiana e Stefano, romani, nell'agosto 2016 «favoloso e che nulla ha da invidiare a quelli delle città più famose». Per Adelfo e Naomi «è davvero meraviglioso vedere in Giovinazzo, nella sua cura e nella sua splendida architettura, le tenere mani di un figlio che si prende cura del buon vecchio padre, che non manca di regalarle serenità, pace e salubrità».

Sono in tanti ad essersene innamorati per i silenzi, per i vicoli del borgo antico, per gli scorci sul mare e per come gli italiani li hanno accolti, ma anche per il cibo degustato in un locale in Cala Porto, come accaduto a Paul ed Alba, provenienti da Londra, che sono «contenti di aver consumato una cena molto buona con vista sul porticciolo».

«We surely would like to visit again», hanno scritto Sabine e Rene, austriaci, sperando di ritornarci ancora una volta.

Molti vengono dalla Germania, dall'Austria e dall'Europa centrale, Belgio ed Olanda su tutti, ma anche cechi e polacchi non disdegnano le nostre latitudini, e non ci vengono quasi mai in estate, ma tendono a spalmare le loro visite tra primavera ed autunno. Cercano la tranquillità, i tramonti sulla riva del mare, che «grandi città non sanno o non possono dare».

In buon numero anche inglesi e francesi, a cui del mare interessa relativamente poco, invece: vogliono godersi e vedere da vicino la nostra arte (quando lasceremo aperte le chiese anche nelle ore centrali del giorno???), il romanico, le chianche bianche (quelle ancora conservate) e gustarsi un drink o leggere un libro sulla piazza centrale. I francesi arrivano quasi sempre in coppia, guidati da tour operator che in quel Paese descrivono la Puglia come la regione della «lentezza e della felicità».

Quanto ai russi, a leggere i loro ricordi in inglese (col cirillico ci stiamo attrezzando), piace tutto questo, ma adorano lo stile di vita dell'Italia del Sud, i negozi aperti fino a tardi, qualche griffe e soprattutto la vita notturna dei nostri locali sulla costa.

Australiani, canadesi e statunitensi, ma anche argentini e brasiliani ci sono arrivati spesso perché hanno parenti che hanno radici da queste parti. Abituati alle megalopoli con milioni di abitanti ne apprezzano il contatto umano costante, oltre alle bellezze storiche, e sembrano scoprire nei palazzi antichi qualcosa che hanno sentito raccontare dai loro parenti, dai nonni, dagli zii. Una sorta di viaggio a ritroso nella loro infanzia. E vogliono tornarci con costanza.

Sui giapponesi sappiamo solo che ci sono stati e che vengono a farci visita anche se non in grande numero, ma sui loro ideogrammi passiamo la mano non conoscendo affatto la lingua.

La nota dolente viene dalle considerazioni di un'alta percentuale dei turisti, italiani e stranieri, sull'essersi trovati a Giovinazzo quasi per caso. In pochi, infatti, ci sono venuti perché avevano prenotato (forse solo i francesi, come scritto, ed in parte i russi), mentre in tantissimi ci sono passati, sono rimasti affascinati ed hanno deciso di pernottarvi, anche per più sere.

Resta la magia di un borgo i cui abitanti hanno finalmente smesso di pensare troppo in piccolo (nonostante le resistenze di una parte della cittadinanza ancorata a vecchi schemi mentali) e che lentamente si sta facendo apprezzare fuori dai confini regionali.

Ed a confermarlo la nota lasciata da Cristiana, che è stata a Giovinazzo nel giugno di quest'anno. Lei è toscana di Volterra, a pochi chilometri da Pisa, e quindi proviene da una delle regioni più belle e più complete d'Italia da un punto di vista turistico. Eppure lei scrive sul guestbook: «Viaggiare è scoprire, scoprendo si assapora la magia... Siamo stati accolti con il sorriso in un palazzo storico ad un'ora tarda della sera e ci siamo svegliati con il sorriso sorpresi dalla magia di Giovinazzo! Mantenete integro questo luogo per tutti voi abitanti fortunati e per chiunque avrà la gioia di conoscerlo».

Un invito che ci sembra un manifesto per il presente e per le generazioni future di cittadini e di amministratori. Che ne conservino tutte le qualità intatte, che non ne stravolgano ritmi e poesia. I turisti vogliono questo, avvertono questo, sentono tutto ciò. Lo hanno scritto.

E non intercettare questi loro desideri significa rinchiudere la nostra immensa fortuna in un baule sedendocisi sopra.