Spaccio, il market è periferico: la piazza di Giovinazzo
Japigia resta la grande centrale della vendita all'ingrosso. Il commento del colonnello Molinese
mercoledì 1 novembre 2017
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L'inchiesta svolta dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta, che ha consentito di svelare l'esistenza, nei comuni di Molfetta, Bitonto, Giovinazzo e Trani, di un gruppo criminale armato, dedito alla gestione delle più fiorenti piazze di spaccio della droga, ha consentito di fare ampia luce su un grave episodio delittuoso.
Un episodio che tanto scalpore suscitò nell'opinione pubblica, di cui si rese responsabile uno dei 17 destinatari della misura cautelare, con l'uso delle armi, avvenuto nel settembre 2015, a Molfetta. Precisamente, durante la festa patronale, senza esito e con una mitraglietta, Nicola Abbrescia tentò di assassinare Cosma Damiano Grosso, poiché aveva mantenuto un legame sentimentale clandestino con la compagna di uno degli elementi del gruppo.
«L'epilogo di questa attività investigativa - ha commentato ieri, durante la conferenza stampa tenutasi presso la Procura della Repubblica di Trani, il colonnello Vincenzo Molinese, a capo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari - dimostra come quell'evento fosse connesso con la volontà di questo gruppo di persone di voler affermare la propria valenza criminale, sia pur in connessione con un evento sentimentale».
«Inoltre, - ha proseguito - sebbene non sia stato contestato un reato associativo ma è stato applicato comunque il concorso, ci siamo trovati comunque davanti ad un gruppo strutturato con delle procedure ben definite per gestire le fiorentissime piazze di spaccio. Ci troviamo in un'area che offre molto sul piano della ricchezza e dello sviluppo sociale, per cui è facile preda di quelli che possono essere gli appetiti dei grandi clan della criminalità barese e foggiana».
L'operazione di ieri conferma come le famiglie della malavita barese, alla continua ricerca di nuovi mercati per lo smercio di stupefacenti, stanno trasferendo in provincia i centri nevralgici del loro business principale, quello della droga. Anche se la geografia dello spaccio resta più o meno la stessa di sempre. Japigia è una grande centrale della vendita all'ingrosso, dove è possibile comprare dosi minime per consumo personale e grosse partite di stupefacente.
«Noi documentiamo questi collegamenti - ha detto ancora Molinese - soprattutto per le forniture di stupefacenti che provengono dal quartiere Japigia, dove è stanziato il più importante clan della criminalità organizzata strutturata del capoluogo pugliese». Un processo che ha consentito di guadagnare competitività e di conquistare i comuni di Molfetta, Bitonto, Giovinazzo e Trani che hanno rappresentato la nuova frontiera nella gestione di stupefacenti.
«Questi collegamenti dimostrano quanto sia importante per i grandi clan poter disporre di articolazioni, di promanazioni che consentano loro di gestire delle piazze di spaccio, anche in via indiretta, molto remunerative». L'attività investigativa ha permesso di documentare come gli indagati alimentassero i mercati illeciti, rifornendoli di considerevoli stock di stupefacenti, tali da realizzare un volume d'affari giornaliero stimato in diverse migliaia di euro.
«D'altro canto - ha spiegato Molinese - la giovane età è speculare a quello che avviene per la criminalità organizzata». Impavidi e determinati e sprezzanti nei confronti delle forze dell'ordine. Sono i giovanissimi, «le nuove leve, quelle che stanno nuovamente accrescendo la forza militare dei clan di tipo mafioso fanno esattamente la stessa cosa quando ci si trova di fronte ad un'indagine del genere, coordinata in maniera egregia dal sostituto procuratore Curione».
Frequente anche il ricorso a Facebook e WhatsApp per lo spaccio. Usavano WhatsApp per comunicare tra di loro. «Oltre alle giovani leve ed all'uso di strumenti di comunicazioni come i social network e le chat ad essi abbinate, - ha continuato il colonnello Molinese - anche la possibilità di disporre di minorenni di cui ci si avvaleva per il trasporto della droga, un vero e proprio fenomeno criminale».
Gli esponenti arrestati, infatti, potevano andare avanti nelle loro attività grazie alla collaborazione dei minori. All'interno dell'attività, inoltre, è emerso molto forte il ruolo delle donne: «Quella di Japigia (Donatella Caracciolese, ndr), rappresenta la fornitrice abituale della compagine, mentre le altre due, (Maria Fiore e Laura Zaccaria, ndr) sono dei personaggi femminili importanti perché alle stesse è stata affidata la custodia dello stupefacente».
«L'indagine ha dunque svelato un grave fatto che ha creato allarme sociale, ma ha anche rivelato l'esistenza - ha terminato Molinese - di una gestione organizzata di piazze di spaccio molto remunerative, nelle quali un ruolo importante avevano le donne, l'utilizzo dei minori e il collegamento con i clan strutturati della città di Bari».
Un episodio che tanto scalpore suscitò nell'opinione pubblica, di cui si rese responsabile uno dei 17 destinatari della misura cautelare, con l'uso delle armi, avvenuto nel settembre 2015, a Molfetta. Precisamente, durante la festa patronale, senza esito e con una mitraglietta, Nicola Abbrescia tentò di assassinare Cosma Damiano Grosso, poiché aveva mantenuto un legame sentimentale clandestino con la compagna di uno degli elementi del gruppo.
«L'epilogo di questa attività investigativa - ha commentato ieri, durante la conferenza stampa tenutasi presso la Procura della Repubblica di Trani, il colonnello Vincenzo Molinese, a capo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari - dimostra come quell'evento fosse connesso con la volontà di questo gruppo di persone di voler affermare la propria valenza criminale, sia pur in connessione con un evento sentimentale».
«Inoltre, - ha proseguito - sebbene non sia stato contestato un reato associativo ma è stato applicato comunque il concorso, ci siamo trovati comunque davanti ad un gruppo strutturato con delle procedure ben definite per gestire le fiorentissime piazze di spaccio. Ci troviamo in un'area che offre molto sul piano della ricchezza e dello sviluppo sociale, per cui è facile preda di quelli che possono essere gli appetiti dei grandi clan della criminalità barese e foggiana».
L'operazione di ieri conferma come le famiglie della malavita barese, alla continua ricerca di nuovi mercati per lo smercio di stupefacenti, stanno trasferendo in provincia i centri nevralgici del loro business principale, quello della droga. Anche se la geografia dello spaccio resta più o meno la stessa di sempre. Japigia è una grande centrale della vendita all'ingrosso, dove è possibile comprare dosi minime per consumo personale e grosse partite di stupefacente.
«Noi documentiamo questi collegamenti - ha detto ancora Molinese - soprattutto per le forniture di stupefacenti che provengono dal quartiere Japigia, dove è stanziato il più importante clan della criminalità organizzata strutturata del capoluogo pugliese». Un processo che ha consentito di guadagnare competitività e di conquistare i comuni di Molfetta, Bitonto, Giovinazzo e Trani che hanno rappresentato la nuova frontiera nella gestione di stupefacenti.
«Questi collegamenti dimostrano quanto sia importante per i grandi clan poter disporre di articolazioni, di promanazioni che consentano loro di gestire delle piazze di spaccio, anche in via indiretta, molto remunerative». L'attività investigativa ha permesso di documentare come gli indagati alimentassero i mercati illeciti, rifornendoli di considerevoli stock di stupefacenti, tali da realizzare un volume d'affari giornaliero stimato in diverse migliaia di euro.
«D'altro canto - ha spiegato Molinese - la giovane età è speculare a quello che avviene per la criminalità organizzata». Impavidi e determinati e sprezzanti nei confronti delle forze dell'ordine. Sono i giovanissimi, «le nuove leve, quelle che stanno nuovamente accrescendo la forza militare dei clan di tipo mafioso fanno esattamente la stessa cosa quando ci si trova di fronte ad un'indagine del genere, coordinata in maniera egregia dal sostituto procuratore Curione».
Frequente anche il ricorso a Facebook e WhatsApp per lo spaccio. Usavano WhatsApp per comunicare tra di loro. «Oltre alle giovani leve ed all'uso di strumenti di comunicazioni come i social network e le chat ad essi abbinate, - ha continuato il colonnello Molinese - anche la possibilità di disporre di minorenni di cui ci si avvaleva per il trasporto della droga, un vero e proprio fenomeno criminale».
Gli esponenti arrestati, infatti, potevano andare avanti nelle loro attività grazie alla collaborazione dei minori. All'interno dell'attività, inoltre, è emerso molto forte il ruolo delle donne: «Quella di Japigia (Donatella Caracciolese, ndr), rappresenta la fornitrice abituale della compagine, mentre le altre due, (Maria Fiore e Laura Zaccaria, ndr) sono dei personaggi femminili importanti perché alle stesse è stata affidata la custodia dello stupefacente».
«L'indagine ha dunque svelato un grave fatto che ha creato allarme sociale, ma ha anche rivelato l'esistenza - ha terminato Molinese - di una gestione organizzata di piazze di spaccio molto remunerative, nelle quali un ruolo importante avevano le donne, l'utilizzo dei minori e il collegamento con i clan strutturati della città di Bari».