Soldi per pilotare le indagini sul clan Di Cosola: condannati in 4
Condanne a pene comprese tra i 13 anni e 4 mesi e 6 anni di carcere. Tra gli imputati l'appuntato Salerno: 10 anni
martedì 19 aprile 2022
17.42
Tutti condannati gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato. A quasi due anni dal terremoto che si è abbattuto sulla locale Stazione dei Carabinieri, la giudice dell'udienza preliminare del Tribunale, Valeria Isabella Valenzi, ha condannato a pene comprese tra i 13 anni e 4 mesi e i 6 anni di reclusione quattro imputati.
Secondo l'indagine dei colleghi del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri antimafia Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, l'appuntato scelto Antonio Salerno (condannato a 10 anni di reclusione) ed il parigrado Domenico Laforgia (a processo separatamente col rito ordinario) per anni avrebbero agevolato il clan Di Cosola fornendo informazioni su attività, indagini in corso, turni di servizio e sui controlli da svolgere verso gli affiliati al clan ai domiciliari.
Stando alla ricostruzione, in almeno tre casi avrebbero procurato documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. In cambio avrebbero «ricevuto denaro e altre utilità per omettere oppure ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri di uffici al fine di agevolare il clan Di Cosola». Tenere a busta paga i due militari dal 2012 al 2018, sarebbe costato complessivamente 400mila euro oltre a vari regali.
L'inchiesta, il 17 giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti, un commerciante del posto, e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre ai domiciliari presso le loro abitazioni, mentre Del Vecchio nel carcere Badu 'e Carros, l'istituto di massima sicurezza di Nuoro. Proprio Del Vecchio, per gli inquirenti il referente del gruppo nella cittadina barese, è stato condannato alla pena più alta: 13 anni e 4 mesi di carcere.
Giotti, invece, ritenuto dagli investigatori il gancio tra il sodalizio criminale legato ai Di Cosola e i due militari arrestati, dovrà scontare la pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione. Per Del Vecchio l'accusa aveva chiesto 14 anni, per Giotti 9 anni. Nel processo era imputato anche Michele Giangaspero, uomo del clan poi divenuto collaboratore di giustizia, che con le sue dichiarazioni ha scoperchiato il vaso di Pandora e fatto scattare l'inchiesta: è stato condannato a 6 anni di reclusione.
Tutti gli imputati sono stati ritenuti responsabili dei reati, contestati a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, di corruzione in atti giudiziari e di rivelazione del segreto d'ufficio. Inoltre, come da prassi, sono stati condannati in perpetuo dai pubblici uffici. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.
Secondo l'indagine dei colleghi del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri antimafia Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, l'appuntato scelto Antonio Salerno (condannato a 10 anni di reclusione) ed il parigrado Domenico Laforgia (a processo separatamente col rito ordinario) per anni avrebbero agevolato il clan Di Cosola fornendo informazioni su attività, indagini in corso, turni di servizio e sui controlli da svolgere verso gli affiliati al clan ai domiciliari.
Stando alla ricostruzione, in almeno tre casi avrebbero procurato documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia. In cambio avrebbero «ricevuto denaro e altre utilità per omettere oppure ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri di uffici al fine di agevolare il clan Di Cosola». Tenere a busta paga i due militari dal 2012 al 2018, sarebbe costato complessivamente 400mila euro oltre a vari regali.
L'inchiesta, il 17 giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti, un commerciante del posto, e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre ai domiciliari presso le loro abitazioni, mentre Del Vecchio nel carcere Badu 'e Carros, l'istituto di massima sicurezza di Nuoro. Proprio Del Vecchio, per gli inquirenti il referente del gruppo nella cittadina barese, è stato condannato alla pena più alta: 13 anni e 4 mesi di carcere.
Giotti, invece, ritenuto dagli investigatori il gancio tra il sodalizio criminale legato ai Di Cosola e i due militari arrestati, dovrà scontare la pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione. Per Del Vecchio l'accusa aveva chiesto 14 anni, per Giotti 9 anni. Nel processo era imputato anche Michele Giangaspero, uomo del clan poi divenuto collaboratore di giustizia, che con le sue dichiarazioni ha scoperchiato il vaso di Pandora e fatto scattare l'inchiesta: è stato condannato a 6 anni di reclusione.
Tutti gli imputati sono stati ritenuti responsabili dei reati, contestati a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, di corruzione in atti giudiziari e di rivelazione del segreto d'ufficio. Inoltre, come da prassi, sono stati condannati in perpetuo dai pubblici uffici. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni.