Soldi per pilotare le indagini sul clan Di Cosola: chieste 4 condanne
Tra gli imputati c'è l'appuntato Salerno. La Procura ha chiesto pene tra i 14 e i 6 anni di carcere
martedì 12 ottobre 2021
17.28
La Procura della Repubblica di Bari ha chiesto quattro condanne a pene comprese tra i 14 e i 6 anni di reclusione nei confronti di altrettanti imputati, tra i quali un appuntato scelto dell'Arma dei Carabinieri, Antonio Salerno, di Bisceglie, che all'epoca dei fatti contestati era in servizio presso la Stazione di Giovinazzo.
Secondo l'indagine delegata e svolta dai colleghi militari del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, i due militari Antonio Salerno e Domenico Laforgia, per anni avrebbero ricevuto denaro, 400mila euro in totale, e regali per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan mafioso Di Cosola, fornendo in varie occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia.
Gli imputati rispondono, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio con l'aggravante mafiosa. I fatti risalgono agli anni 2012-2018. L'indagine, nel giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre agli arresti domiciliari, mentre Del Vecchio in cella, nell'istituto carcerario di Badu 'e Carros a Nuoro.
Proprio per Del Vecchio, pregiudicato ritenuto dagli inquirenti referente in città del clan fondato da Antonio Di Cosola, morto in carcere, e assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, è stata chiesta la condanna più alta, a 14 anni di carcere. Per Salerno, invece, di stanza presso la locale Stazione, ristretto agli arresti domiciliari e difeso dagli avvocati Angelo Dibello e Mario Malcangi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha chiesto una condanna a 10 anni di reclusione.
Per Giotti, invece, commerciante del posto, incensurato, accusato di aver fatto da tramite tra i pregiudicati e i due militari e difeso dall'avvocato Michele Laforgia, è stata chiesta una condanna a 9 anni di carcere. Imputato anche un collaboratore di giustizia, Michele Giangaspero, che vive in una località segreta: l'uomo, che con le sue dichiarazioni ha fatto arrestare i due militari, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, rischia una condanna a 6 anni di reclusione.
Il processo si celebra con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna. Si tornerà in aula per le arringhe difensive il 19 ottobre e il 12 novembre prossimi. L'altro militare coinvolto, Laforgia, è a processo separatamente dinanzi al Tribunale ordinario di Bari.
Secondo l'indagine delegata e svolta dai colleghi militari del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, i due militari Antonio Salerno e Domenico Laforgia, per anni avrebbero ricevuto denaro, 400mila euro in totale, e regali per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan mafioso Di Cosola, fornendo in varie occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia.
Gli imputati rispondono, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio con l'aggravante mafiosa. I fatti risalgono agli anni 2012-2018. L'indagine, nel giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre agli arresti domiciliari, mentre Del Vecchio in cella, nell'istituto carcerario di Badu 'e Carros a Nuoro.
Proprio per Del Vecchio, pregiudicato ritenuto dagli inquirenti referente in città del clan fondato da Antonio Di Cosola, morto in carcere, e assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, è stata chiesta la condanna più alta, a 14 anni di carcere. Per Salerno, invece, di stanza presso la locale Stazione, ristretto agli arresti domiciliari e difeso dagli avvocati Angelo Dibello e Mario Malcangi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha chiesto una condanna a 10 anni di reclusione.
Per Giotti, invece, commerciante del posto, incensurato, accusato di aver fatto da tramite tra i pregiudicati e i due militari e difeso dall'avvocato Michele Laforgia, è stata chiesta una condanna a 9 anni di carcere. Imputato anche un collaboratore di giustizia, Michele Giangaspero, che vive in una località segreta: l'uomo, che con le sue dichiarazioni ha fatto arrestare i due militari, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, rischia una condanna a 6 anni di reclusione.
Il processo si celebra con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna. Si tornerà in aula per le arringhe difensive il 19 ottobre e il 12 novembre prossimi. L'altro militare coinvolto, Laforgia, è a processo separatamente dinanzi al Tribunale ordinario di Bari.