Scheletro di una donna nelle ex Acciaierie: confermata la condanna

Il corpo della 50enne fu trovato nel 2017: Ignazio Piumelli dovrà scontare oltre 13 anni, ma la difesa ha annunciato ricorso

giovedì 16 marzo 2023 13.03
A cura di La Redazione
La Corte di Assise di Appello di Bari ha confermato la condanna di Ignazio Piumelli per riduzione in schiavitù, riducendo la pena a 13 anni e 6 mesi di carcere (un anno in meno dei 14 anni e 6 mesi della Corte d'Assise), perché il secondo reato contestato, quello di vilipendio di cadavere, è stato dichiarato ormai prescritto.

Al centro della triste vicenda giudiziaria il rapporto fra l'uomo, un 57enne pregiudicato di Giovinazzo, e una 50enne di origini polacche senza fissa dimora, Zlezak Malgorzata detta Margherita, i cui resti furono ritrovati scheletriti nel maggio 2017 a Bari, all'interno delle ex acciaierie Scianatico, nel rione Libertà, circa cinque anni dopo la data presunta del suo decesso avvenuto nel 2012. Ieri i giudici del secondo grado hanno confermato la condanna dell'uomo, in carcere dal 2019.

L'uomo, al termine del processo di primo grado, era stato assolto con formula dubitativa «perché il fatto non sussiste» dal più grave reato di omicidio volontario. Non sarebbe stata provata con assoluta certezza, cioè, la morte violenta. La donna potrebbe essere deceduta per cause naturali e dopo sepolta sotto alcuni assi e casse di legno, a formare una bara. Sulla parete bianca davanti a questo sepolcro, gli investigatori trovarono una scritta con pennarello nero: «Tu muori qua».

Stando alle indagini della Squadra Mobile di Bari, coordinate dal pubblico ministero della Procura della Repubblica del capoluogo, Gaetano de Bari, l'uomo infatti avrebbe picchiato la compagna per mesi, trascinandola da un dormitorio all'altro, fino a seppellirne il cadavere all'interno di una vecchia fabbrica abbandonata di Bari, tentando un depistaggio sulle indagini per giustificare con i suoi conoscenti la scomparsa di Margherita, dicendo che era tornata in Polonia dalla famiglia.

Nella sentenza viene ripercorsa la «escalation di violenza» che l'imputato avrebbe usato nei confronti della vittima negli ultimi mesi di vita e «i tentativi, purtroppo vani, della donna di sottrarsi allo stato di segregazione in cui l'uomo la costringeva». Una sera, secondo una testimone, «Margherita aveva detto che il compagno la voleva uccidere». Un'altra volta l'aveva picchiata con una sedia, usando il filo per stendere il bucato per frustarla su tutto il corpo, fino a mandarla in ospedale.

Piumelli, difeso dall'avvocato Alessandra Tamburrano, è in carcere per il delitto dal dicembre 2019, sette anni dopo la morte della donna, che risalirebbe al luglio 2012. La difesa ha già annunciato che dopo il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte d'Assise d'Appello, tra 90 giorni, farà ricorso in Cassazione.