Salvata tartaruga avvolta in un sacco di nylon
Per Salvemini «questo è l’ennesimo scempio causato dall'uomo e dal suo inquinamento»
domenica 1 luglio 2018
È stata chiamata Petrolina la piccola tartaruga caretta caretta, lunga 32 centimetri, trovata aggrovigliata in un sacco di nylon sfilacciato, al largo del residence Valentini, a poche miglia dalla costa di Giovinazzo, dagli uomini dell'Ufficio Locale Marittimo.
Ne dà notizia il WWF Puglia sottolineando che i militari giovinazzesi hanno dovuto impegnarsi molto per liberare la tartaruga la cui pinna posteriore destra era tranciata a causa dei tentativi di liberarsi dal materiale plastico. Petrolina è stata portata a riva dove i veterinari dell'Azienda Sanitaria Locale e il responsabile del centro recupero tartarughe marine del WWF di Molfetta, Pasquale Salvemini, se ne sono presi cura.
Dalle analisi è stata rilevata, oltre alla mancanza della pinna posteriore destra, anche una grave ferita con frattura esposta alla pinna posteriore sinistra. Ora la tartaruga sarà portata in cura presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Valenzano. Lì, con ogni probabilità, il professor Antonio Di Bello sarà costretto a prendere la decisione di amputare con un delicato intervento anche il secondo arto per provare a garantirle almeno la sopravvivenza.
«Questo - rimarca Salvemini - è l'ennesimo scempio causato dall'uomo e dal suo inquinamento. I danni che è in grado di causare soltanto un sacco di plastica, fortuitamente o intenzionalmente abbandonato, sono incalcolabili. La tartaruga recuperata oggi è un piccolo, ma drammatico esempio».
Ne dà notizia il WWF Puglia sottolineando che i militari giovinazzesi hanno dovuto impegnarsi molto per liberare la tartaruga la cui pinna posteriore destra era tranciata a causa dei tentativi di liberarsi dal materiale plastico. Petrolina è stata portata a riva dove i veterinari dell'Azienda Sanitaria Locale e il responsabile del centro recupero tartarughe marine del WWF di Molfetta, Pasquale Salvemini, se ne sono presi cura.
Dalle analisi è stata rilevata, oltre alla mancanza della pinna posteriore destra, anche una grave ferita con frattura esposta alla pinna posteriore sinistra. Ora la tartaruga sarà portata in cura presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Valenzano. Lì, con ogni probabilità, il professor Antonio Di Bello sarà costretto a prendere la decisione di amputare con un delicato intervento anche il secondo arto per provare a garantirle almeno la sopravvivenza.
«Questo - rimarca Salvemini - è l'ennesimo scempio causato dall'uomo e dal suo inquinamento. I danni che è in grado di causare soltanto un sacco di plastica, fortuitamente o intenzionalmente abbandonato, sono incalcolabili. La tartaruga recuperata oggi è un piccolo, ma drammatico esempio».