Sollecito al Tg1: «In questa situazione per aver fatto il mio dovere di cittadino»
L'informatico giovinazzese accusato dell'omicidio di Meredith Kercher intervistato da Emma D'Aquino
domenica 15 marzo 2015
07.10
«Sono in questa situazione per aver fatto il mio dovere di cittadino. Sono io che mi sono allarmato». Queste le prime parole pronunciate da Raffaele Sollecito intervistato al Tg1 dalla giornalista Emma D'Aquino.
L'ingegnere informatico giovinazzese dovrà difendersi in Cassazione, il prossimo 25 marzo, dell'accusa di avere ucciso Meredith Kercher, la studentessa inglese trovata morta nella sua stanza a Perugia, fatto avvenuto nella notte tra l'1 ed il 2 novembre 2007. Con lui è imputata la statunitense Amanda Knox, rientrata in patria dopo il primo giudizio favorevole in appello, condannata nella revisione del processo di secondo grado a 28 anni di carcere. Sconta invece una pena definitiva a 16 anni l'ivoriano Rudy Guede.
Sollecito nell'intervista ha continuato dicendo: «Se fossi rimasto beatamente a casa mia, dicendo ad Amanda di andare a Gubbio, io in questa vicenda non ci sarei mai finito». E quando Emma D'Aquino gli ha chiesto se avesse mai riflettuto sulla possibilità che potesse essere l'unico a pagare sino in fondo per quella terribile vicenda, Raffaele ha risposto: «Ho fatto quello che potevo. In nessun processo mi è stata data mai la possibilità di essere interrogato seriamente. Io ho reso solo dichiarazioni spontanee. Addirittura - ha proseguito - nell'ultima sentenza di condanna in appello, un'orma dapprima attribuita a me e poi a Rudy Guede, è stata infine attribuita ad Amanda Knox».
Poi una chiosa amarissima dopo la domanda sui suoi pensieri prima del processo davanti alla Suprema Corte: «Mi affido a Dio - ha detto Sollecito - perché non ho alternative di fatto».
L'ingegnere informatico giovinazzese dovrà difendersi in Cassazione, il prossimo 25 marzo, dell'accusa di avere ucciso Meredith Kercher, la studentessa inglese trovata morta nella sua stanza a Perugia, fatto avvenuto nella notte tra l'1 ed il 2 novembre 2007. Con lui è imputata la statunitense Amanda Knox, rientrata in patria dopo il primo giudizio favorevole in appello, condannata nella revisione del processo di secondo grado a 28 anni di carcere. Sconta invece una pena definitiva a 16 anni l'ivoriano Rudy Guede.
Sollecito nell'intervista ha continuato dicendo: «Se fossi rimasto beatamente a casa mia, dicendo ad Amanda di andare a Gubbio, io in questa vicenda non ci sarei mai finito». E quando Emma D'Aquino gli ha chiesto se avesse mai riflettuto sulla possibilità che potesse essere l'unico a pagare sino in fondo per quella terribile vicenda, Raffaele ha risposto: «Ho fatto quello che potevo. In nessun processo mi è stata data mai la possibilità di essere interrogato seriamente. Io ho reso solo dichiarazioni spontanee. Addirittura - ha proseguito - nell'ultima sentenza di condanna in appello, un'orma dapprima attribuita a me e poi a Rudy Guede, è stata infine attribuita ad Amanda Knox».
Poi una chiosa amarissima dopo la domanda sui suoi pensieri prima del processo davanti alla Suprema Corte: «Mi affido a Dio - ha detto Sollecito - perché non ho alternative di fatto».