«Qui il clan Strisciuglio ha messo le radici»
Fitta la rete di fiancheggiatori individuata dalla Direzione Investigativa Antimafia
lunedì 14 settembre 2015
13.33
Intanto bisogna modificare il vocabolario, mettendosi bene in testa che le cose non sono più le stesse. Sono peggiorate. Non si pensi più alla criminalità organizzata in trasferta. Il clan Strisciuglio, che da anni si sta delocalizzando nell'hinterland ed ha allargato le proprie zone di influenza con lo scopo di assumere il controllo del mercato dello spaccio di stupefacenti e del racket delle estorsioni, è stabilmente a Giovinazzo.
È quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia sulla criminalità organizzata pugliese. Il dossier è stato trasmesso al Parlamento, si riferisce al secondo semestre del 2014 (tra giugno e dicembre) e racconta assetti e strategie delle cosche in tutta la Puglia.
A Bari, ad esempio, sono 12 le cosche radicate in città anche se «negli ultimi anni - si legge a pagina 142 - a causa della naturale ispirazione ad espandere i propri confini, si sta assistendo ad una progressiva delocalizzazione delle attività criminali dei clan baresi nei più tranquilli paesi della provincia». E così «il dato che emerge è quello di un'estrema disomogeneità e mutevolezza degli assetti, dell'assenza di strategia, obiettivi e regola di condotta stabili, della difficoltà di circoscrivere in precisi confini anche geografici ciascun sodalizio».
I gruppi criminali presenti nel territorio della provincia di Bari (ben 14) risultano dediti, principalmente, alla commercializzazione degli stupefacenti ed alle estorsioni, «secondo dinamiche di spartizione delle zone d'azione - si legge a pagina 143 -, condizionate dallo "sconfinamento" delle organizzazioni del capoluogo e dai rapporti intrattenuti con la criminalità comune, serbatoio di reclutamento per le stesse attività illecite. Si assiste, pertanto, alla contemporanea presenza sugli stessi territori dei principali sodalizi della criminalità organizzata, tramite referenti di zona e/o fiancheggiatori ad essi collegati».
A riprova di ciò gli investigatori richiamano l'operazione denominata "Hinterland 2" «condotta - si legge ancora - nei confronti di soggetti indagati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso nonché di numerosi delitti in maniera di stupefacenti ed armi, che ha colpito il gruppo Di Cosola e le sue diverse ramificazioni, tutte gerarchicamente strutturate e facenti capo al medesimo vertice» operante in dieci comuni dell'hinterland barese tra i quali quello di Giovinazzo.
A preoccupare la Direzione Investigativa Antimafia «la disponibilità di armi ed esplosivi da parte della malavita locale, il cui potenziale emerge attraverso l'esame delle azioni criminose, dei rinvenimenti in "cupe" (nascondigli), nonché a sostanze stupefacenti, nonché attraverso gli arresti di pregiudicati trovati in possesso delle stesse» continuano gli inquirenti citando «l'arresto di un pregiudicato bitontino, avvenuto proprio a Giovinazzo il 15 dicembre 2014, facente parte di un convoglio di auto rubate. I restanti componenti riuscirono a dileguarsi dopo un conflitto a fuoco. A bordo dell'autovettura sequestrata fu rinvenuto un dispositivo inibitore di frequenze nonché calzamaglie e guanti in lattice. Il commando era in procinto di mettere a segno una rapina».
Il territorio provinciale, inoltre, «caratterizzato da fenomeni associativi di stampo mafioso, disarticolati dalle numerose inchieste giudiziarie condotte negli anni passati, è esposto a realtà criminali in continua trasformazione. A tal proposito - continuano gli inquirenti a pagina 144 - non è nemmeno da escludere la ricomparsa di vecchie figure malavitose che tentano di imporsi nelle strategie locali».
In diminuzione, infine, le ritorsioni contro gli appartenenti alla Pubblica Amministrazione anche se proprio la Direzione Investigativa Antimafia, a pagina 145, ricorda «il danneggiamento, mediante incendio, di due autovetture in uso al comandante della locale Polizia Municipale avvenuto, sempre a Giovinazzo, il 21 luglio 2014». Un atto intimidatorio diretto che induce gli investigatori a non sottovalutare il potenziale di questi sodalizi.
È quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia sulla criminalità organizzata pugliese. Il dossier è stato trasmesso al Parlamento, si riferisce al secondo semestre del 2014 (tra giugno e dicembre) e racconta assetti e strategie delle cosche in tutta la Puglia.
A Bari, ad esempio, sono 12 le cosche radicate in città anche se «negli ultimi anni - si legge a pagina 142 - a causa della naturale ispirazione ad espandere i propri confini, si sta assistendo ad una progressiva delocalizzazione delle attività criminali dei clan baresi nei più tranquilli paesi della provincia». E così «il dato che emerge è quello di un'estrema disomogeneità e mutevolezza degli assetti, dell'assenza di strategia, obiettivi e regola di condotta stabili, della difficoltà di circoscrivere in precisi confini anche geografici ciascun sodalizio».
I gruppi criminali presenti nel territorio della provincia di Bari (ben 14) risultano dediti, principalmente, alla commercializzazione degli stupefacenti ed alle estorsioni, «secondo dinamiche di spartizione delle zone d'azione - si legge a pagina 143 -, condizionate dallo "sconfinamento" delle organizzazioni del capoluogo e dai rapporti intrattenuti con la criminalità comune, serbatoio di reclutamento per le stesse attività illecite. Si assiste, pertanto, alla contemporanea presenza sugli stessi territori dei principali sodalizi della criminalità organizzata, tramite referenti di zona e/o fiancheggiatori ad essi collegati».
A riprova di ciò gli investigatori richiamano l'operazione denominata "Hinterland 2" «condotta - si legge ancora - nei confronti di soggetti indagati, a vario titolo, di associazione per delinquere di stampo mafioso nonché di numerosi delitti in maniera di stupefacenti ed armi, che ha colpito il gruppo Di Cosola e le sue diverse ramificazioni, tutte gerarchicamente strutturate e facenti capo al medesimo vertice» operante in dieci comuni dell'hinterland barese tra i quali quello di Giovinazzo.
A preoccupare la Direzione Investigativa Antimafia «la disponibilità di armi ed esplosivi da parte della malavita locale, il cui potenziale emerge attraverso l'esame delle azioni criminose, dei rinvenimenti in "cupe" (nascondigli), nonché a sostanze stupefacenti, nonché attraverso gli arresti di pregiudicati trovati in possesso delle stesse» continuano gli inquirenti citando «l'arresto di un pregiudicato bitontino, avvenuto proprio a Giovinazzo il 15 dicembre 2014, facente parte di un convoglio di auto rubate. I restanti componenti riuscirono a dileguarsi dopo un conflitto a fuoco. A bordo dell'autovettura sequestrata fu rinvenuto un dispositivo inibitore di frequenze nonché calzamaglie e guanti in lattice. Il commando era in procinto di mettere a segno una rapina».
Il territorio provinciale, inoltre, «caratterizzato da fenomeni associativi di stampo mafioso, disarticolati dalle numerose inchieste giudiziarie condotte negli anni passati, è esposto a realtà criminali in continua trasformazione. A tal proposito - continuano gli inquirenti a pagina 144 - non è nemmeno da escludere la ricomparsa di vecchie figure malavitose che tentano di imporsi nelle strategie locali».
In diminuzione, infine, le ritorsioni contro gli appartenenti alla Pubblica Amministrazione anche se proprio la Direzione Investigativa Antimafia, a pagina 145, ricorda «il danneggiamento, mediante incendio, di due autovetture in uso al comandante della locale Polizia Municipale avvenuto, sempre a Giovinazzo, il 21 luglio 2014». Un atto intimidatorio diretto che induce gli investigatori a non sottovalutare il potenziale di questi sodalizi.