Percolato nella falda, la Daneco: «Non abbiamo contezza dei fatti contestati»

Il liquidatore Andrea D'Ovidio fornisce la sua versione: «Le indagini appartengono ad una gestione precedente la mia»

mercoledì 10 marzo 2021 20.22
A cura di Nicola Miccione
«Non ho contezza dei fatti contestati». Taglia corto Andrea D'Ovidio, liquidatore della Daneco Impianti, società a responsabilità limitata con sede a Roma, a cui il 5 marzo scorso i Carabinieri, su disposizione della magistratura, hanno eseguito un decreto di sequestro, finalizzato alla confisca, di denaro, beni e altra utilità nella disponibilità dell'azienda in liquidazione, sino alla concorrenza, di 1,4 milioni di euro.

Il provvedimento, firmato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna, è stato notificato alle direzioni generali, agli uffici legali di 5 istituti di credito, nonché alle conservatorie dei registri immobiliari delle 11 province interessate in un'inchiesta che vede indagate 7 persone per inquinamento ambientale: secondo l'inchiesta, l'azienda avrebbe omesso di adottare misure per il contenimento del percolato, parte del quale avrebbe inquinato la falda.

La Procura della Repubblica di Bari, infatti, dopo le indagini, ha accertato l'inquinamento ambientale «causato dall'omessa adozione di ogni utile accorgimento e doverose misure per il contenimento e la gestione del percolato», parte del quale sarebbe finito disperso nel sottosuolo fino alla falda acquifera. In questo modo l'azienda avrebbe conseguito «un risparmio di spesa», omettendo di sopportare i costi legati all'osservanza delle norme per lo smaltimento del rifiuto liquido.

Un'accusa nei confronti della Daneco Impianti s.r.l., società in liquidazione ed in concordato preventivo - uno strumento per evitare la dichiarazione di fallimento - rispetto alla quale Andrea D'Ovidio, professionista che si occupa di crisi d'impresa da 30 anni, partners e responsabile della Restructuring Unit di PTS Clas s.p.a., contattato, assicura di non avere «contezza dei fatti contestati dalla magistratura i quali - dice - appartengono ad un periodo precedente alla mia gestione».

Le indagini, a cura dei Carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Bari, sono iniziate nel 2016 e sono terminate nel 2018 con accertamenti patrimoniali. In realtà, però, la nomina del liquidatore è avvenuta il 27 giugno 2017 (la data di prima iscrizione risale al 17 luglio 2017), proprio nel periodo in cui gli inquirenti, avvalendosi anche di consulenze chimiche, geologiche ed entomologiche, sono riusciti a dimostrare l'inquinamento ambientale.

Insomma, un'altra pesante tegola giudiziaria si è abbattuta sulla società, costituita nel 2008 e che in passato ha gestito l'impianto di Giovinazzo, chiuso dal 2015 all'abbancamento di nuovi rifiuti: già il 21 aprile 2016 la Procura della Repubblica di Bari ha disposto il sequestro dei lotti I, II, III e VI della discarica in località San Pietro Pago, mentre il 21 febbraio 2017 i sigilli, dopo un sopralluogo, sono stati apposti al IV lotto, nonché a varie tubazioni di collegamento col VI lotto.

E sempre nel 2017, nel corso della seduta del consiglio d'amministrazione del 27 giugno 2017, la stessa azienda, che già all'epoca era una società con carenze di liquidità, ha deliberato la messa in liquidazione volontaria a valle, però, della trasformazione della forma giuridica da società per azioni a società a responsabilità limitata. Una crisi certificata dalla domanda di concordato preventivo presentata il 3 luglio 2017 al Tribunale di Roma, dove la s.r.l. ha la propria sede legale.

La Daneco Impianti s.r.l., che conta - al 30 settembre 2020 - 9 addetti (fonte Inps), ha sede a Roma, in via Secchi n. 8 e ha un capitale sociale dichiarato pari a 45.000.000 di euro. Un capitale diviso fra la Asset & Management, una s.r.l. di Roma che opera nel settore della consulenza di direzione aziendale (33.300.000,00 euro, pari al 74%) e la Dimora, un'altra s.r.l. di Roma (11.700.000,00 euro, pari al 26%). Entrambe - curiosità - hanno la sede in comune, in via Sardegna n. 38.

8, infine, sono le sedi secondarie e le unità locali, fra cui la discarica di Giovinazzo, dove l'azienda romana ha esercitato le attività di «smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi e di gestione dell'impianto dei rifiuti urbani». E dove, secondo l'ultima indagine della Procura della Repubblica, avrebbe conseguito un risparmio di spesa omettendo di sopportare i costi legati all'osservanza delle procedure per lo smaltimento del percolato, parte del quale sarebbe finito nel sottosuolo.

A San Pietro Pago ad essere inquinata sarebbe la falda. Una zona che vive anche dalla produzione d'olio d'oliva. E dunque sulle nostre tavole. Dopo la chiusura della discarica, la Daneco Impianti s.r.l., sommersa dalle richieste di restituzione somme, come nel caso di Giovinazzo per oltre 32,5 milioni di euro, avrebbe dovuto assicurare la sua post-gestione. In realtà non l'ha mai fatto. Chi inquina paga. O forse no?