Omicidio Spera, la Procura Generale impugna la sentenza d'Appello
«La confessione di Vito Arciuli è macroscopicamente falsa», secondo il pg Sinisi. Il caso dunque approderà in Cassazione
lunedì 11 giugno 2018
«Le dichiarazioni di Vito Arciuli (il presunto esecutore del delitto di Gaetano Spera, ndr) non sono veritiere e sono tese a depistare. Pertanto la sua confessione, oltre ad aggravare la sua stessa posizione, è macroscopicamente falsa e sottende un intento "sviatorio" delle indagini».
Forte di questa convinzione il pg Giannicola Sinisi ha presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Assise d'Appello emessa il 14 febbraio scorso con cui furono assolti dal delitto di concorso in omicidio gli imputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza e Pio Mauro Sparno, mentre fu ridotta la condanna inflitta a Vito Arciuli da 18 anni a 16 anni e 6 mesi di reclusione con l'accusa, in concorso, di omicidio.
Si sta parlando del caso di Gaetano Spera, il 21enne ucciso con colpi di pistola il 25 marzo 2015. Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, la vittima, intercettata nei pressi di piazza Garibaldi, fu avvicinata dal gruppo e uccisa con otto colpi di pistola calibro 9, rimanendo ferita mortalmente al torace e alla testa.
Alla base dell'omicidio vi sarebbe stato un regolamento di conti legato al controllo delle attività di pesca nelle acque antistanti ai litorali di Giovinazzo e Santo Spirito per l'imposizione di somme estorsive ai pescatori. Alla fine del processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, Vito Arciuli, Luca Lafronza, Ignazio Chimenti e Pio Mauro Sparno furono condannati, rispettivamente, a 18 anni (il primo) e 14 anni (gli altri tre).
Ad assolvere i presunti complici dal delitto di concorso in omicidio e da quello di detenzione di armi contestati per «non aver commesso il fatto» e dal reato di porto di una delle armi perché «il fatto non costituisce reato», fu la Corte d'Assise d'Appello, che rideterminò finanche la pena a Vito Arciuli, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, e passato da 18 anni a 16 anni e 6 mesi di reclusione.
Ma la Procura Generale della Corte d'Appello di Bari, che aveva chiesto la conferma della condanna degli imputati, ha più di un dubbio in merito. Scrive Sinisi: «La riduzione di pena contro Vito Arciuli è inesplicabile perché, se fosse vera la asserita detenzione di entrambe le pistole, la sua posizione risulterebbe aggravata, non alleggerita». Inoltre «la perizia balistica smentisce la tesi del perito di parte dello stesso Vito Arciuli».
Ad essere contestate dal pg sono anche le dichiarazioni rese da Vito Arciuli, «non veritiere e tese a depistare. Pertanto - scrive ancora - la sua confessione, oltre ad aggravare la sua posizione, è macroscopicamente falsa e sottende un intento "sviatorio" delle indagini, apprezzabile negativamente per le più gravi modalità esecutive e per la pessima condotta processuale susseguente al reato e non in senso a questi favorevole, come sostenuto dalla Corte».
Sull'assoluzione di Luca Lafronza, Ignazio Chimenti e Pio Mauro Sparno: «Si tratta di una condotta grave - si legge ancora - tanto da integrare gli estremi del reato per il quale erano stati condannati in primo gravo, ovvero concorso anomalo in omicidio». A confermare la notizia dell'impugnazione della sentenza anche i legali della famiglia Spera, Francesco Mastro e Mario Mongelli.
«Non posso che cogliere favorevolmente la decisione della Procura Generale di ricorrere in Cassazione, sebbene abbia sempre sostenuto - afferma Mastro - che c'era una disparità di trattamento nei confronti del principale attore di quell'omicidio. Io mi sono battuto assieme alla Procura Generale, che ho trovato disponibile e ragionevolmente disposta al ricorso in Cassazione. Ci saremo e continueremo a cercare di contribuire a far giustizia».
Secondo Mongelli, invece, «per la famiglia di Spera la coraggiosa e coerente scelta della Procura Generale e del procuratore Sinisi di impugnare la sentenza della Corte d'Assise d'Appello apre un nuovo capitolo di questa vicenda che è ancora ben lungi da terminare, con un epilogo al momento ignoto».
Forte di questa convinzione il pg Giannicola Sinisi ha presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Assise d'Appello emessa il 14 febbraio scorso con cui furono assolti dal delitto di concorso in omicidio gli imputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza e Pio Mauro Sparno, mentre fu ridotta la condanna inflitta a Vito Arciuli da 18 anni a 16 anni e 6 mesi di reclusione con l'accusa, in concorso, di omicidio.
Si sta parlando del caso di Gaetano Spera, il 21enne ucciso con colpi di pistola il 25 marzo 2015. Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, la vittima, intercettata nei pressi di piazza Garibaldi, fu avvicinata dal gruppo e uccisa con otto colpi di pistola calibro 9, rimanendo ferita mortalmente al torace e alla testa.
Alla base dell'omicidio vi sarebbe stato un regolamento di conti legato al controllo delle attività di pesca nelle acque antistanti ai litorali di Giovinazzo e Santo Spirito per l'imposizione di somme estorsive ai pescatori. Alla fine del processo di primo grado, celebrato con rito abbreviato, Vito Arciuli, Luca Lafronza, Ignazio Chimenti e Pio Mauro Sparno furono condannati, rispettivamente, a 18 anni (il primo) e 14 anni (gli altri tre).
Ad assolvere i presunti complici dal delitto di concorso in omicidio e da quello di detenzione di armi contestati per «non aver commesso il fatto» e dal reato di porto di una delle armi perché «il fatto non costituisce reato», fu la Corte d'Assise d'Appello, che rideterminò finanche la pena a Vito Arciuli, ritenuto l'esecutore materiale del delitto, e passato da 18 anni a 16 anni e 6 mesi di reclusione.
Ma la Procura Generale della Corte d'Appello di Bari, che aveva chiesto la conferma della condanna degli imputati, ha più di un dubbio in merito. Scrive Sinisi: «La riduzione di pena contro Vito Arciuli è inesplicabile perché, se fosse vera la asserita detenzione di entrambe le pistole, la sua posizione risulterebbe aggravata, non alleggerita». Inoltre «la perizia balistica smentisce la tesi del perito di parte dello stesso Vito Arciuli».
Ad essere contestate dal pg sono anche le dichiarazioni rese da Vito Arciuli, «non veritiere e tese a depistare. Pertanto - scrive ancora - la sua confessione, oltre ad aggravare la sua posizione, è macroscopicamente falsa e sottende un intento "sviatorio" delle indagini, apprezzabile negativamente per le più gravi modalità esecutive e per la pessima condotta processuale susseguente al reato e non in senso a questi favorevole, come sostenuto dalla Corte».
Sull'assoluzione di Luca Lafronza, Ignazio Chimenti e Pio Mauro Sparno: «Si tratta di una condotta grave - si legge ancora - tanto da integrare gli estremi del reato per il quale erano stati condannati in primo gravo, ovvero concorso anomalo in omicidio». A confermare la notizia dell'impugnazione della sentenza anche i legali della famiglia Spera, Francesco Mastro e Mario Mongelli.
«Non posso che cogliere favorevolmente la decisione della Procura Generale di ricorrere in Cassazione, sebbene abbia sempre sostenuto - afferma Mastro - che c'era una disparità di trattamento nei confronti del principale attore di quell'omicidio. Io mi sono battuto assieme alla Procura Generale, che ho trovato disponibile e ragionevolmente disposta al ricorso in Cassazione. Ci saremo e continueremo a cercare di contribuire a far giustizia».
Secondo Mongelli, invece, «per la famiglia di Spera la coraggiosa e coerente scelta della Procura Generale e del procuratore Sinisi di impugnare la sentenza della Corte d'Assise d'Appello apre un nuovo capitolo di questa vicenda che è ancora ben lungi da terminare, con un epilogo al momento ignoto».