Omicidio Spera, la Cassazione ha deciso: «Si rifaccia il giudizio d'Appello»
Depositate le motivazioni della sentenza, il processo torna a Bari. Il commento dell'avvocato Mongelli
giovedì 20 giugno 2019
9.42
E, dunque, si direbbe oltr'alpe, encore beaucoup à faire!
Sono state, infatti, depositate le motivazioni della sentenza della Prima Sezione della Cassazione, a seguito dell'udienza tenutasi il 19 marzo scorso conseguente al ricorso proposto dal procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari avverso la sentenza del 14 febbraio 2018 della Corte di Assise di Appello.
Il loro contenuto, complice la censura mossa alla sentenza della corte territoriale, si rivela particolarmente interessante per l'impatto che avrà sul prosieguo del processo, che torna così nuovamente a Bari. Le motivazioni vergate dalla Suprema Corte stabiliscono, in maniera vincolante per la diversa sezione della Corte di Assise di Appello che dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla vicenda, il principio di diritto cui attenersi, che dovrà pertanto essere applicato nel giudizio di rinvio.
Per intendere il senso del dictum della Suprema Corte occorre partire dalla sentenza di giudizio di primo grado del 16 dicembre 2016, emessa all'esito di giudizio abbreviato, con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli ha condannato Vito Arciuli, Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno e Michele Arciuli per l'omicidio di Gaetano Spera.
In particolare Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno erano stati ritenuti responsabili a titolo di concorso anomalo nell'omicidio, materialmente commesso da Vito Arciuli, la cui vittima era stata attinta da 7 proiettili esplosi da due diverse armi da fuoco.
Nell'occasione, i coimputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno, che avevano accompagnato Vito Arciuli in giro per Giovinazzo alla ricerca di Gaetano Spera, erano stati ritenuti dal giudice consapevoli dell'intenzione di Vito Arciuli di dare "una lezione" a Gaetano Spera, ma non del fatto che Vito Arciuli fosse armato, riqualificando perciò la loro partecipazione nel delitto che, seppure da essi prevedibile, dato il contesto, non era dagli stessi voluto.
La sentenza d'appello stravolse l'ordito della pronuncia del giudice per le indagini preliminari, escludendo la responsabilità dei correi Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno nell'omicidio, nel convincimento della «loro inconsapevolezza - è scritto - che Vito Arciuli fosse armato e la loro ignoranza della reale consistenza del contrasto che contrapponeva quest'ultimo alla vittima e delle intenzioni omicide in precedenza esternate» e per l'effetto assolvendoli e rimettendoli in libertà in quanto all'epoca ancora sottoposti a misura cautelare.
Il procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari, non condividendo il ragionamento della Corte, aveva impugnato la sentenza proponendo ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale lo ha accolto per quanto di ragione con le seguenti motivazioni, stabilendo che la sentenza impugnata fosse incorsa nell'errore di diritto, nell'applicazione della legge penale.
«Ha escluso - si legge ancora - la responsabilità degli imputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno nell'omicidio di Gaetano Spera a titolo di concorso anomalo (ex art. 116 codice penale) nel delitto voluto (ed eseguito) da Vito Arciuli, pur in presenza di una ricostruzione della condotta partecipativa degli imputati immediatamente antecedente la consumazione dell'evento omicidiario che appare di per sé idonea ad integrare, secondo la prospettazione fattuale della Corte di merito, e nonostante la manifesta incongruenza logica della relativa motivazione, la situazione descritta dalla norma di cui all'art. 116 primo comma del codice penale».
«Dalla lettura della ricostruzione in punto di fatto della condotta di Vito Arciuli e dei coimputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno - prosegue ancora - emerge che i coimputati erano a conoscenza della volontà di Vito Arciuli di dare "una lezione" a Gaetano Spera, pur avendo essi radicalmente escluso di essersi rappresentati che Vito Arciuli potesse o volesse uccidere il suo antagonista».
«La motivazione della sentenza d'Appello, su tale snodo fondamentale del ragionamento che ha condotto all'esclusione del concorso ex art. 116 codice penale si rivela, dunque, manifestamente illogica; incoerente e intrinsecamente incongruente - è scritto ancora - si palesa altresì la svalutazione, operata dalla Corte territoriale, della capacità rafforzativa della determinazione criminosa di Vito Arciuli concretamente attribuibile alla consapevole condotta ausiliatrice dei coimputati».
«L'apprezzamento della relativa situazione di fatto - continua - è stato invece effettuato dalla sentenza d'Appello in termini manifestamente illogici e incoerenti, ed è incorso, soprattutto, in un obiettivo errore di diritto nella misura in cui ha fondato l'esclusione del concorso anomalo dei coimputati nell'evento più grave sulla ritenuta imprevedibilità ed eccezionalità della verificazione dell'omicidio come normale sviluppo evolutivo di una condotta, preventivamente rappresentata e accettata, che contemplava di per sé l'offesa e la lesione dell'integrità fisica della vittima e dunque conteneva in nuce la possibile degenerazione in un esito anche letale, a maggior ragione nelle concrete circostanze di tempo, di luogo e di persona che i tre coimputati, con la loro condotta, avevano consapevolmente contribuito a determinare».
Mario Mongelli, difensore della madre e delle sorelle di Gaetano Spera, aveva da sempre sostenuto la corresponsabilità dei tre computati, quanto meno a titolo di concorso anomalo, sia nel giudizio di primo grado che nel giudizio di Appello, in linea e con le stesse motivazione della pubblica accusa. Sicché la Suprema Corte ha annullato la sentenza e rinviato per nuovo giudizio del quale non resta che attendere la data della fissazione della prossima udienza, nella quale si riapriranno le questioni relative al ruolo svolto dai correi.
Tuttavia, la difesa di costoro, alla luce della decisione della Corte, non sarà affatto semplice, pur essendo formalmente aperte tutte le opzioni. L'accoglimento del ricorso del procuratore generale, in ogni caso, lascia sperare per i familiari della vittima che possa trovare conferma la pronuncia del giudice di primo grado, che aveva compiutamente valorizzato il contributo causale offerto dai soggetti quel 24 marzo 2015.
Sono state, infatti, depositate le motivazioni della sentenza della Prima Sezione della Cassazione, a seguito dell'udienza tenutasi il 19 marzo scorso conseguente al ricorso proposto dal procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari avverso la sentenza del 14 febbraio 2018 della Corte di Assise di Appello.
Il loro contenuto, complice la censura mossa alla sentenza della corte territoriale, si rivela particolarmente interessante per l'impatto che avrà sul prosieguo del processo, che torna così nuovamente a Bari. Le motivazioni vergate dalla Suprema Corte stabiliscono, in maniera vincolante per la diversa sezione della Corte di Assise di Appello che dovrà pronunciarsi ancora una volta sulla vicenda, il principio di diritto cui attenersi, che dovrà pertanto essere applicato nel giudizio di rinvio.
Per intendere il senso del dictum della Suprema Corte occorre partire dalla sentenza di giudizio di primo grado del 16 dicembre 2016, emessa all'esito di giudizio abbreviato, con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli ha condannato Vito Arciuli, Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno e Michele Arciuli per l'omicidio di Gaetano Spera.
In particolare Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno erano stati ritenuti responsabili a titolo di concorso anomalo nell'omicidio, materialmente commesso da Vito Arciuli, la cui vittima era stata attinta da 7 proiettili esplosi da due diverse armi da fuoco.
Nell'occasione, i coimputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno, che avevano accompagnato Vito Arciuli in giro per Giovinazzo alla ricerca di Gaetano Spera, erano stati ritenuti dal giudice consapevoli dell'intenzione di Vito Arciuli di dare "una lezione" a Gaetano Spera, ma non del fatto che Vito Arciuli fosse armato, riqualificando perciò la loro partecipazione nel delitto che, seppure da essi prevedibile, dato il contesto, non era dagli stessi voluto.
La sentenza d'appello stravolse l'ordito della pronuncia del giudice per le indagini preliminari, escludendo la responsabilità dei correi Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno nell'omicidio, nel convincimento della «loro inconsapevolezza - è scritto - che Vito Arciuli fosse armato e la loro ignoranza della reale consistenza del contrasto che contrapponeva quest'ultimo alla vittima e delle intenzioni omicide in precedenza esternate» e per l'effetto assolvendoli e rimettendoli in libertà in quanto all'epoca ancora sottoposti a misura cautelare.
Il procuratore generale presso la Corte di Appello di Bari, non condividendo il ragionamento della Corte, aveva impugnato la sentenza proponendo ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, la quale lo ha accolto per quanto di ragione con le seguenti motivazioni, stabilendo che la sentenza impugnata fosse incorsa nell'errore di diritto, nell'applicazione della legge penale.
«Ha escluso - si legge ancora - la responsabilità degli imputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno nell'omicidio di Gaetano Spera a titolo di concorso anomalo (ex art. 116 codice penale) nel delitto voluto (ed eseguito) da Vito Arciuli, pur in presenza di una ricostruzione della condotta partecipativa degli imputati immediatamente antecedente la consumazione dell'evento omicidiario che appare di per sé idonea ad integrare, secondo la prospettazione fattuale della Corte di merito, e nonostante la manifesta incongruenza logica della relativa motivazione, la situazione descritta dalla norma di cui all'art. 116 primo comma del codice penale».
«Dalla lettura della ricostruzione in punto di fatto della condotta di Vito Arciuli e dei coimputati Ignazio Chimenti, Luca Lafronza, Pio Mauro Sparno - prosegue ancora - emerge che i coimputati erano a conoscenza della volontà di Vito Arciuli di dare "una lezione" a Gaetano Spera, pur avendo essi radicalmente escluso di essersi rappresentati che Vito Arciuli potesse o volesse uccidere il suo antagonista».
«La motivazione della sentenza d'Appello, su tale snodo fondamentale del ragionamento che ha condotto all'esclusione del concorso ex art. 116 codice penale si rivela, dunque, manifestamente illogica; incoerente e intrinsecamente incongruente - è scritto ancora - si palesa altresì la svalutazione, operata dalla Corte territoriale, della capacità rafforzativa della determinazione criminosa di Vito Arciuli concretamente attribuibile alla consapevole condotta ausiliatrice dei coimputati».
«L'apprezzamento della relativa situazione di fatto - continua - è stato invece effettuato dalla sentenza d'Appello in termini manifestamente illogici e incoerenti, ed è incorso, soprattutto, in un obiettivo errore di diritto nella misura in cui ha fondato l'esclusione del concorso anomalo dei coimputati nell'evento più grave sulla ritenuta imprevedibilità ed eccezionalità della verificazione dell'omicidio come normale sviluppo evolutivo di una condotta, preventivamente rappresentata e accettata, che contemplava di per sé l'offesa e la lesione dell'integrità fisica della vittima e dunque conteneva in nuce la possibile degenerazione in un esito anche letale, a maggior ragione nelle concrete circostanze di tempo, di luogo e di persona che i tre coimputati, con la loro condotta, avevano consapevolmente contribuito a determinare».
Mario Mongelli, difensore della madre e delle sorelle di Gaetano Spera, aveva da sempre sostenuto la corresponsabilità dei tre computati, quanto meno a titolo di concorso anomalo, sia nel giudizio di primo grado che nel giudizio di Appello, in linea e con le stesse motivazione della pubblica accusa. Sicché la Suprema Corte ha annullato la sentenza e rinviato per nuovo giudizio del quale non resta che attendere la data della fissazione della prossima udienza, nella quale si riapriranno le questioni relative al ruolo svolto dai correi.
Tuttavia, la difesa di costoro, alla luce della decisione della Corte, non sarà affatto semplice, pur essendo formalmente aperte tutte le opzioni. L'accoglimento del ricorso del procuratore generale, in ogni caso, lascia sperare per i familiari della vittima che possa trovare conferma la pronuncia del giudice di primo grado, che aveva compiutamente valorizzato il contributo causale offerto dai soggetti quel 24 marzo 2015.