Omicidio di "Margherita": risolto il cold case. Arrestato un 53enne

In manette Ignazio Piumelli, già in carcere per maltrattamenti sulla nuova compagna. Il corpo fu ritrovato nel 2017

lunedì 23 dicembre 2019 16.36
Trova finalmente soluzione un "cold case" relativo all'omicidio di una "invisibile".

La Squadra Mobile della Questura di Bari ha eseguito questa mattina un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di Ignazio Piumelli, di 53 anni, ritenuto responsabile dei reati di omicidio, riduzione in schiavitù, occultamento e vilipendio del cadavere della cittadina polacca Malgorzata Szlezak, detta "Margherita", senza fissa dimora assassinata nel 2012, all'età di 50 anni.

Le indagini della Polizia di Stato hanno portato a stabilire che la donna era stata uccisa a botte, dopo aver denunciato i maltrattamenti subiti da Piumelli, il quale alla nuova compagna avrebbe detto: «Ti faccio fare la stessa fine di Margherita». Piumelli, infatti, ha ricevuto in carcere l'ordinanza di custodia cautelare; si trova recluso per le violenze perpetrate sulla nuova compagna.

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Lo stesso presunto assassino di "Margherita" avrebbe continuamente depistato gli ambienti dei senza fissa dimora di Bari, dicendo più volte che la donna era tornata in Polonia. Dal suo paese d'origine, però, né la madre né il figlio si sono mai interessati della sorte occorsa a Malgorzata per tutti i cinque anni intercorsi fra l'omicidio e il ritrovamento del cadavere. La donna aveva un dito tagliato; grazie a questo dettaglio gli inquirenti sono riusciti, coinvolgendo l'Interpol, a raggiungere i suoi parenti in Polonia.

L'indagine è stata eseguita con tecniche classiche dalla Polizia di Stato, che ha scandagliato le mense dei poveri e le strutture di solito frequentate dagli homeless, dovendo però fare i conti con la generale diffidenza che contraddistingue queste persone. Di "Margherita" gli investigatori sono riusciti a scoprire, ascoltando i testimoni, che era una donna sempre molto gentile, nonostante avesse problemi di alcolismo.

Per approfondire le indagini da Palermo arrivò a Bari l'unità cinofila che ricerca le tracce di sangue umano; l'esito è stato però negativo a causa del troppo tempo trascorso fra l'assassinio e la scoperta del cadavere.

La ricostruzione delle indagini

Le indagini presero piede il 10 maggio 2017, quando, nelle ex Acciaierie Scianatico in via Ammiraglio Caracciolo a Bari, all'interno del vano tecnico dell'ultimo piano di un edificio in disuso, venne rinvenuto uno scheletro, coperto da assi e cassette di legno, quasi a formare una "bara". I resti erano avvolti, in tutta la loro lunghezza, da del nastro adesivo, presentando intorno alle ossa del polso due braccialetti, il primo in cotone, multicolore, ed il secondo in plastica verde con la scritta "Coca Cola Uefa Euro 2012". In ultimo, sotto le ossa del bacino era collocato un reggiseno in tessuto chiaro, non agganciato.

Durante i sopralluoghi della Polizia, in alcune stanze del secondo piano dell'edificio, furono rinvenuti numerosi capi di abbigliamento, soprattutto femminili, alimenti e masserizie varie, tanto da far presumere che la struttura fosse stata abitata da soggetti senza fissa dimora. In quel contesto vennero svolte specifiche attività investigative, rese ancora più incisive a seguito dei risultati dell'esame autoptico che stabilì che i resti scheletrici erano appartenuti a una donna, deceduta in epoca di poco successiva al mese di giugno del 2012, a causa di uno "shock traumatico ad alta componente emorragica, nel corso ed a causa di una violenta ed efferata aggressione".

Gli inquirenti ebbero così la conferma di trovarsi di fronte a un efferato omicidio risalente a cinque anni prima; si costituì così un gruppo di lavoro tra la Squadra Mobile e l'Unità Delitti Insoluti, con personale del Servizio Centrale Operativo e del Servizio di Polizia Scientifica, della Direzione Centrale Anticrimine.

Le attività investigative furono orientate, sin da subito, all'identificazione della vittima. La presenza di alcune scritte, dal contenuto "Ignazio e Margherita non rompete i coglioni", su due porte d'ingresso alle stanze del secondo piano, indusse gli inquirenti ad acquisire e valutare tutti gli interventi eseguiti dal personale medico del 118 e dalle forze dell'ordine, nel quartiere Fesca e San Girolamo, alla ricerca di senza fissa dimora con quei nomi di battesimo.

Venne accertato che la cittadina polacca, identificata compiutamente (attraverso il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia) in Malgorzata Szlezak, nata il 29 maggio 1962 a Dabrowa Gornicza in Polonia, conosciuta tra i senza tetto con il nome di "Margherita", in più occasione aveva beneficiato, sino al mese di maggio del 2012, di una pluralità di interventi del 118, nonché da parte della Polizia di Stato.

L'ipotesi investigativa che i resti umani potessero appartenere a "Margherita" trovarono ulteriore e definitiva conferma nei risultati di genetica forense che a seguito della tipizzazione del profilo genetico dello scheletro, eseguì la comparazione con il campione biologico estratto da un tampone eseguito su Malgorzata Szlezak a seguito di una violenza sessuale subita il 24 maggio 2009.

Sui muri dei locali vennero, inoltre, rinvenute altre scritte il cui contenuto apparve decisamente raccapricciante se messe in relazione al rinvenimento del cadavere. "Mi dispiace chi sbaglia paga – mi ami ma devo morire", "Tu muori qua".

Tali scritte furono sottoposte a un raffronto grafico che, oltre ad attribuirne incontrovertibilmente la paternità a Piumelli, determinò ulteriormente la sua presenza all'interno dell'appartamento. Dalla ricostruzione emerse che la relazione tra la vittima ed il suo assassino risaliva al settembre/ottobre 2011. Inizialmente ospiti del campo di accoglienza della Croce Rossa Italiana di via di Maratona, i due occuparono poi abusivamente uno stabile abbandonato in via Beltrani e, dopo il suo sgombero, trovarono rifugio nei locali delle ex Acciaierie, tenendo nascosto a tutti quest'ultimo rifugio.

Contestualmente vennero svolte attività tecniche di intercettazione sia ambientale che telefoniche ed escussi i numerosissimi soggetti che nel corso del tempo avevano avuto contatti con la coppia. Essi confermarono l'insano rapporto, basato su violenze, vessazioni ed un totale isolamento della donna, sfociato poi nell'efferato omicidio.

Dalle dichiarazioni di alcuni testi emerse inoltre che subito dopo la "scomparsa" di Margherita, Piumelli aveva messo in atto una vera e propria attività di depistaggio, riferendo a tutti che la sua compagna era rientrata improvvisamente in Polonia, fornendo anche talune motivazioni, successivamente smentite, per rendere più credibile l'improvvisa scomparsa.

Iniziò a consolidarsi un pieno quadro probatorio a carico di Piumelli. Questi infatti aveva in più circostanze riferito a tutti i suoi amici e conoscenti che la povera Margherita era tornata in Polonia, accompagnata da lui stesso alla fermata del pullman per il rientro a casa.

Gli immediati approfondimenti eseguiti avevano sconfessato quanto asserito dall'omicida e ripetuto a più riprese ai suoi conoscenti, atteso che in detto periodo la vittima era già deceduta; contestualmente, gli stessi amici di Margherita avevano fornito agli inquirenti le diverse versioni fornite dal Piumelli sulla partenza della donna.

In tale contesto, emersero altresì delle importantissime intercettazioni ambientali dalle quali si riuscì a dimostrare che l'indagato in compagnia di un suo amico aveva bruciato gli abiti della povera Margherita, nel vano tentativo di sottrarre utili elementi probatori a suo carico.

In ultimo, determinanti furono le dichiarazioni rese dall'ultima compagna dell'uomo, anch'essa vittima di maltrattamenti, alla quale, ponendo in atto talune ulteriori vessazioni e con il chiaro intento di intimorirla, il Piumelli esternò la minaccia di farle fare la stessa fine di "Margherita".

Gli elementi così acquisiti dal gruppo investigativo della Polizia di Stato hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere dal giudice per le indagini preliminari l'odierna misura cautelare.