Oltre cento tartarughe marine morte in un anno
Bilancio infelice per il mare che lambisce la costa
domenica 28 dicembre 2014
13.27
Bilancio infelice per gli spiaggiamenti di tartarughe marine e cetacei sul tratto di costa che si estende da Zapponeta a Monopoli.
Pasquale Salvemini, del WWF e responsabile del centro di recupero tartarughe marine di Molfetta definisce catastrofico il numero di tartarughe rinvenute morte. Il totale, infatti, supera i 100 esemplari a cui va aggiunta l'ennesima carcassa rinvenuta nei giorni scorsi sulla spiaggia di "Pane e Pomodoro" a Bari. I decessi sono certamente avvenuti per mano dell'uomo come testimoniano le lesioni macroscopiche sulle carcasse come ad esempio il prolasso cloacale che è quasi certamente riconducibile all'annegamento. Salvemini spiega che le tartarughe pescate con le reti a strascico dovrebbero essere portate a bordo e monitorate per qualche tempo dai pescatori e, nei casi in cui è necessario, essere consegnate ai centri di recupero.
Gli esemplari ormai privi di vita restano in mare anche per diversi mesi e vengono riportati a riva dalle mareggiate in avanzato stato di decomposizione e quindi su di esse non è possibile effettuare le necroscopie che svelerebbero le altre eventuali cause del decesso. A rendere ancor più drammatico il bilancio è proprio l'età delle tartarughe spiaggiate: la maggior parte di esse, infatti, sono tartarughe adulte e per lo più di sesso femminile; questa età è difficile da raggiungere perchè le tartarughe sin da piccole sono alla mercè di diversi pericoli naturali, basti pensare che sulle oltre cento uova schiuse per ogni deposizione poche sono quelle che riescono a raggiungere l'età adulta che tante volte viene interrotta per mano dell'uomo.
Il centro di recupero tartarughe marine di Molfetta, che rientra nel progetto NETCET (mirato non solo alla ricerca su cetacei e tartarughe, ma anche nella sensibilizzazione verso questi animali), prevede infatti di effettuare i rilievi metrici sulle tartarughe spiaggiate, di lavorare ad un progetto di studio genetico mediante prelievi bioptici sulle carcasse, effettuando una necroscopia (quando le condizioni della carcassa lo consentono) presso il dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari a cura del prof. Nicola Zizzo, e di recuperare e ricoverare gli animali vivi facendo sensibilizzazione sulle operatori della pesca. Lo strascico non è l'unica tecnica di pesca invasiva. Diverse sono infatti le tartarughe recuperate con ami e lenze.
L'opera di sensibilizzazione ha portati i primi benefici: è crescente, infatti, il numero dei pescatori che si stanno impegnando nella tutela di questi animali come il motopeschereccio "Nuova Giovanna" di Michele Monopoli e Pietro dell'Olio da diversi anni protagonisti nella salvaguardia di questi animali, il motopeschereccio "Argonauta" di Andrea e Domenico Napoletano che, nuovi nella collaborazione con il centro di recupero molfettese, hanno già salvato la vita a diversi esemplari di caretta caretta. Salvemini pone come obiettivo del nuovo anno quello di sensibilizzare più operatori della pesca per ridurre il numero di decessi. Inoltre la sensibilizzazione è stata svolta anche aprendo il centro alle visite scolastiche.
Il recupero degli animali vivi è importante anche perchè essi sono campanelli d'allarme sullo stato di salute del nostro mare. Nel periodo di permanenza presso il centro di recupero, infatti, sono stati raccolti campioni di micro e macroplastica defecati delle tartarughe. Consegnare le tartarughe ai centri di recupero significa dare una seconda possibilità. Salvemini inoltre ringrazia tutti coloro che hanno avuto un ruolo fondamentale nella liberazione delle tartarughe recuperate mettendo a disposizione le proprie imbarcazioni al fine di consentire a questi animali di riprendere il loro viaggio al largo del nostro mare; recentemente queste collaborazioni sono state seguite dalle telecamere di Linea Blu condotto da Donatella Bianchi, Striscia la Notizia con Edoardo Stoppa e del Tg1 con l'inviata Roberta Badaloni per lanciare a livello nazionale il messaggio della salvaguardia di questi animali.
La tutela del mare e dei suoi abitanti non resterà una pura utopia se verrà perpetuato e saldato il lavoro congiunto tra i centri di recupero e gli operatori della pesca.
Pasquale Salvemini, del WWF e responsabile del centro di recupero tartarughe marine di Molfetta definisce catastrofico il numero di tartarughe rinvenute morte. Il totale, infatti, supera i 100 esemplari a cui va aggiunta l'ennesima carcassa rinvenuta nei giorni scorsi sulla spiaggia di "Pane e Pomodoro" a Bari. I decessi sono certamente avvenuti per mano dell'uomo come testimoniano le lesioni macroscopiche sulle carcasse come ad esempio il prolasso cloacale che è quasi certamente riconducibile all'annegamento. Salvemini spiega che le tartarughe pescate con le reti a strascico dovrebbero essere portate a bordo e monitorate per qualche tempo dai pescatori e, nei casi in cui è necessario, essere consegnate ai centri di recupero.
Gli esemplari ormai privi di vita restano in mare anche per diversi mesi e vengono riportati a riva dalle mareggiate in avanzato stato di decomposizione e quindi su di esse non è possibile effettuare le necroscopie che svelerebbero le altre eventuali cause del decesso. A rendere ancor più drammatico il bilancio è proprio l'età delle tartarughe spiaggiate: la maggior parte di esse, infatti, sono tartarughe adulte e per lo più di sesso femminile; questa età è difficile da raggiungere perchè le tartarughe sin da piccole sono alla mercè di diversi pericoli naturali, basti pensare che sulle oltre cento uova schiuse per ogni deposizione poche sono quelle che riescono a raggiungere l'età adulta che tante volte viene interrotta per mano dell'uomo.
Il centro di recupero tartarughe marine di Molfetta, che rientra nel progetto NETCET (mirato non solo alla ricerca su cetacei e tartarughe, ma anche nella sensibilizzazione verso questi animali), prevede infatti di effettuare i rilievi metrici sulle tartarughe spiaggiate, di lavorare ad un progetto di studio genetico mediante prelievi bioptici sulle carcasse, effettuando una necroscopia (quando le condizioni della carcassa lo consentono) presso il dipartimento di Medicina Veterinaria di Bari a cura del prof. Nicola Zizzo, e di recuperare e ricoverare gli animali vivi facendo sensibilizzazione sulle operatori della pesca. Lo strascico non è l'unica tecnica di pesca invasiva. Diverse sono infatti le tartarughe recuperate con ami e lenze.
L'opera di sensibilizzazione ha portati i primi benefici: è crescente, infatti, il numero dei pescatori che si stanno impegnando nella tutela di questi animali come il motopeschereccio "Nuova Giovanna" di Michele Monopoli e Pietro dell'Olio da diversi anni protagonisti nella salvaguardia di questi animali, il motopeschereccio "Argonauta" di Andrea e Domenico Napoletano che, nuovi nella collaborazione con il centro di recupero molfettese, hanno già salvato la vita a diversi esemplari di caretta caretta. Salvemini pone come obiettivo del nuovo anno quello di sensibilizzare più operatori della pesca per ridurre il numero di decessi. Inoltre la sensibilizzazione è stata svolta anche aprendo il centro alle visite scolastiche.
Il recupero degli animali vivi è importante anche perchè essi sono campanelli d'allarme sullo stato di salute del nostro mare. Nel periodo di permanenza presso il centro di recupero, infatti, sono stati raccolti campioni di micro e macroplastica defecati delle tartarughe. Consegnare le tartarughe ai centri di recupero significa dare una seconda possibilità. Salvemini inoltre ringrazia tutti coloro che hanno avuto un ruolo fondamentale nella liberazione delle tartarughe recuperate mettendo a disposizione le proprie imbarcazioni al fine di consentire a questi animali di riprendere il loro viaggio al largo del nostro mare; recentemente queste collaborazioni sono state seguite dalle telecamere di Linea Blu condotto da Donatella Bianchi, Striscia la Notizia con Edoardo Stoppa e del Tg1 con l'inviata Roberta Badaloni per lanciare a livello nazionale il messaggio della salvaguardia di questi animali.
La tutela del mare e dei suoi abitanti non resterà una pura utopia se verrà perpetuato e saldato il lavoro congiunto tra i centri di recupero e gli operatori della pesca.