Non gireremo per altarini, ma ci sentiremo uniti ugualmente
La festa di San Giuseppe ai tempi del Coronavirus
giovedì 19 marzo 2020
15.20
Saranno deserte o quasi le strade di Giovinazzo questa sera. Debbono esserlo. È giusto lo siano.
Nessuno passeggerà da un quartiere all'altro pronto a rispettare e rinverdire la tradizione degli altarini di San Giuseppe, rito antico eppure vivo, passato e presente della nostra comunità. Nessuno si fermerà in preghiera nei garage adibiti a luogo di riflessione e socializzazione.
Sarà triste, è vero, sarà molto triste. Doloroso, ma necessario per preservarci tutti dal morbo che in tanti sperano Maria e Giuseppe, l'uomo dell'ubbidienza e della forza, riescano a scacciare. Stamattina la supplica di don Luigi Caravella dalla chiesa di via Dogali ed oggi pomeriggio alle 18.00 la messa officiata da don Massimiliano Fasciano da Sant'Agostino, con diretta streaming sulla pagina Facebook della parrocchia, che cercherà di riempire un vuoto.
E sì che per alcuni "illuminati" sarà "medievale", ma la fede che pervade la gente, soprattutto qui al Sud, è un misto di ritualità, devozione, preghiera. È sostanza non apparenza. È carne che in questo momento sanguina. E va rispettata. Sempre.
Non ci saranno gli altarini di Giovinazzo, conosciuti in tutto il circondario. Il vociare non pervaderà le strade e nessuno donerà tarallini e pane benedetti soprattutto ai più piccoli o ai vicini. Mancherà quel senso di aggregazione nella fede.
Ma possiamo festeggiare comunque, onorare il Santo, pregando in casa, come sta accadendo da questa mattina in molte famiglie, magari preparando quei prodotti da forno che sono il simbolo dell'amore verso il prossimo, del darsi senza chiedere. Ce lo doneremo virtualmente quel pane, ci doneremo amore e preghiera l'un l'altro. Saremo ugualmente comunità, saremo ugualmente e forse maggiormente uniti. Non un vuoto rito, come rischiava di divenire negli ultimi anni, ma braccia che stringono simbolicamente il fratello e la sorella che non possiamo toccare. E quando torneremo a poterlo fare dal vivo, ricorderemo i giorni bui, e sarà ancor più bello, più pieno, più carico di significato.
Viviamola così, ai tempi del Coronavirus, questa festa bella e semplice. Viviamola così, perché è l'unico modo in cui possiamo, dobbiamo farlo. Auguri a chi porta il nome del Santo ed ai tanti papà che stasera non penseranno affatto a loro stessi, pregando perché i loro figli, di qualsiasi età, possano vivere presto giorni pieni di luce.
Nessuno passeggerà da un quartiere all'altro pronto a rispettare e rinverdire la tradizione degli altarini di San Giuseppe, rito antico eppure vivo, passato e presente della nostra comunità. Nessuno si fermerà in preghiera nei garage adibiti a luogo di riflessione e socializzazione.
Sarà triste, è vero, sarà molto triste. Doloroso, ma necessario per preservarci tutti dal morbo che in tanti sperano Maria e Giuseppe, l'uomo dell'ubbidienza e della forza, riescano a scacciare. Stamattina la supplica di don Luigi Caravella dalla chiesa di via Dogali ed oggi pomeriggio alle 18.00 la messa officiata da don Massimiliano Fasciano da Sant'Agostino, con diretta streaming sulla pagina Facebook della parrocchia, che cercherà di riempire un vuoto.
E sì che per alcuni "illuminati" sarà "medievale", ma la fede che pervade la gente, soprattutto qui al Sud, è un misto di ritualità, devozione, preghiera. È sostanza non apparenza. È carne che in questo momento sanguina. E va rispettata. Sempre.
Non ci saranno gli altarini di Giovinazzo, conosciuti in tutto il circondario. Il vociare non pervaderà le strade e nessuno donerà tarallini e pane benedetti soprattutto ai più piccoli o ai vicini. Mancherà quel senso di aggregazione nella fede.
Ma possiamo festeggiare comunque, onorare il Santo, pregando in casa, come sta accadendo da questa mattina in molte famiglie, magari preparando quei prodotti da forno che sono il simbolo dell'amore verso il prossimo, del darsi senza chiedere. Ce lo doneremo virtualmente quel pane, ci doneremo amore e preghiera l'un l'altro. Saremo ugualmente comunità, saremo ugualmente e forse maggiormente uniti. Non un vuoto rito, come rischiava di divenire negli ultimi anni, ma braccia che stringono simbolicamente il fratello e la sorella che non possiamo toccare. E quando torneremo a poterlo fare dal vivo, ricorderemo i giorni bui, e sarà ancor più bello, più pieno, più carico di significato.
Viviamola così, ai tempi del Coronavirus, questa festa bella e semplice. Viviamola così, perché è l'unico modo in cui possiamo, dobbiamo farlo. Auguri a chi porta il nome del Santo ed ai tanti papà che stasera non penseranno affatto a loro stessi, pregando perché i loro figli, di qualsiasi età, possano vivere presto giorni pieni di luce.