Minacciato dopo l'acquisto di un capannone: un arresto a Giovinazzo
La vittima è un imprenditore di Bitonto: il provvedimento a carico di due fratelli di 53 e 57 anni, un 26enne e un 47enne
martedì 19 settembre 2023
21.46
Minacce e un pestaggio ad un imprenditore di Bitonto, perché i fratelli Cosimo e Francesco Monte, di 53 e 57 anni - quest'ultimo residente a Giovinazzo -, il figlio del primo, Dario, 26enne, e Antonio Lavacca, 47enne, volevano riprendersi un capannone acquistato dopo un'asta giudiziaria ed una espropriazione immobiliare.
Per questo la Polizia di Stato ha fermato i quattro bitontini - l'ultimo è ritenuto vicino al clan Cipriano -, per tentata estorsione. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Nicola Bonante, ha contestato l'aggravante del metodo mafioso, perché i quattro avrebbero fatto «ricorso alle intimidazioni idonee a porre in condizione di assoggettamento e omertà i destinatari delle violenze e minacce, avvalendosi del contributo di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata».
L'indagine, coordinata dal pubblico ministero antimafia Grazia Errede, è iniziata dalla denuncia dell'uomo, che ha raccontato agli investigatori di essere divenuto «destinatario, in forma sia mediata che diretta, di pressioni» dopo l'acquisto, a maggio 2022, di un capannone al termine di un'asta giudiziaria: i locali sarebbero serviti per allargare la propria attività - attigua all'immobile - ubicata sulla strada provinciale 231. Ma quella struttura è diventata la condanna a vivere un incubo.
Gli arrestati, secondo le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Bari, al comando del primo dirigente Filippo Portoghese, avrebbero costretto l'imprenditore a restituire il capannone, in passato di proprietà della cognata di due degli arrestati, alle condizioni economiche da loro imposte. Alla vittima, poi, è arrivato anche l'invito «a restituire il capannone» attraverso «varie minacce di morte» altrimenti «avrei rischiato di essere sparato oppure che il capannone potesse esplodere».
E ancora: per il tramite di un suo collaboratore, l'imprenditore avrebbe appreso che «un individuo (Lavacca) aveva minacciato il suocero, intimandogli di restituire il capannone dei Monte altrimenti l'avrebbe "pulito" (ucciso) sferrandogli una testata sul naso procurandogli lesioni personali» e un trauma nasale. L'imprenditore avrebbe ricevuto «minacce di morte da Cosimo Monte durante un incontro» in un bar «se non avesse ceduto l'immobile» acquistato: «Vedi che non campi più!».
I quattro arrestati, le cui «condotte - secondo il giudice - vanno ricondotte ad un unico centro di interessi condiviso da tutti», sono stati condotti nel penitenziario di Bari, in virtù della loro «pericolosità sociale», della «spregiudicatezza e della indifferenza al rispetto delle comuni regole di convivenza civile sin qui mostrate».
Per questo la Polizia di Stato ha fermato i quattro bitontini - l'ultimo è ritenuto vicino al clan Cipriano -, per tentata estorsione. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Nicola Bonante, ha contestato l'aggravante del metodo mafioso, perché i quattro avrebbero fatto «ricorso alle intimidazioni idonee a porre in condizione di assoggettamento e omertà i destinatari delle violenze e minacce, avvalendosi del contributo di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata».
L'indagine, coordinata dal pubblico ministero antimafia Grazia Errede, è iniziata dalla denuncia dell'uomo, che ha raccontato agli investigatori di essere divenuto «destinatario, in forma sia mediata che diretta, di pressioni» dopo l'acquisto, a maggio 2022, di un capannone al termine di un'asta giudiziaria: i locali sarebbero serviti per allargare la propria attività - attigua all'immobile - ubicata sulla strada provinciale 231. Ma quella struttura è diventata la condanna a vivere un incubo.
Gli arrestati, secondo le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Bari, al comando del primo dirigente Filippo Portoghese, avrebbero costretto l'imprenditore a restituire il capannone, in passato di proprietà della cognata di due degli arrestati, alle condizioni economiche da loro imposte. Alla vittima, poi, è arrivato anche l'invito «a restituire il capannone» attraverso «varie minacce di morte» altrimenti «avrei rischiato di essere sparato oppure che il capannone potesse esplodere».
E ancora: per il tramite di un suo collaboratore, l'imprenditore avrebbe appreso che «un individuo (Lavacca) aveva minacciato il suocero, intimandogli di restituire il capannone dei Monte altrimenti l'avrebbe "pulito" (ucciso) sferrandogli una testata sul naso procurandogli lesioni personali» e un trauma nasale. L'imprenditore avrebbe ricevuto «minacce di morte da Cosimo Monte durante un incontro» in un bar «se non avesse ceduto l'immobile» acquistato: «Vedi che non campi più!».
I quattro arrestati, le cui «condotte - secondo il giudice - vanno ricondotte ad un unico centro di interessi condiviso da tutti», sono stati condotti nel penitenziario di Bari, in virtù della loro «pericolosità sociale», della «spregiudicatezza e della indifferenza al rispetto delle comuni regole di convivenza civile sin qui mostrate».