Maltrattamenti in famiglia: assolto «perché il fatto non sussiste»
Protagonista di questa vicenda un 50enne di Giovinazzo. L'accusa aveva chiesto 3 anni di reclusione
giovedì 15 luglio 2021
12.39
Assolto «perché il fatto non sussiste» un padre di famiglia accusato dalla propria moglie di maltrattamenti. Martedì scorso si è celebrato il processo dinnanzi al Tribunale di Bari (giudice Antonietta Guerra): l'uomo, di 50 anni, assistito dall'avvocato Mario Mongelli, ed a cui l'accusa aveva chiesto 3 anni, è stato assolto.
Secondo le numerose denunce presentate dalla presunta vittima, ed i consequenziali interventi dei Carabinieri, a Giovinazzo e a Molfetta, l'uomo, a cui nel mese di giugno dello scorso anno, è stata notificata un'ordinanza cautelare del divieto di avvicinamento alla coniuge, nonostante avesse reso interrogatorio, si sarebbe reso responsabile di violenze e minacce. Tuttavia i tempi stretti delle indagini preliminari avevano precluso la possibilità di un valido esercizio della sua difesa.
La donna, infatti, ha denunciato una condizione lungamente vessatoria alla quale era costretta, oltre alle costanti umiliazioni subite, alle offese, alle minacce, alle violenze verbali e fisiche a cui era sottoposta e alle lesioni personali arrecatele. In buona sostanza ha riferito di una lunga serie di maltrattamenti che, a suo dire, erano risalenti addirittura al 2015 (denunciati parecchi anni dopo), dichiarando come questa condizione fosse attuale nonostante fosse cessata la convivenza.
Dopo l'udienza preliminare, conclusasi con il rinvio a giudizio, vi sono state diverse udienze dibattimentali in cui vi è stata una meticolosa audizione della persona offesa, dei testi del pubblico ministero e di quelli a discarico, tra cui la difesa aveva dovuto, trattandosi di reati endofamiliari, indicare i figli. La linea difensiva ha avuto successo e ha scardinato la versione dei fatti. Di particolare importanza si sono rivelate le annotazioni di servizio dei Carabinieri più volte giunti in loco.
Al termine del processo, il pubblico ministero ha sostenuto la sussistenza del reato e quindi chiesto la condanna a 3 anni di reclusione senza il riconoscimento delle attenuanti generiche o del beneficio della sospensione della pena, peraltro non concedibile in relazione all'elevata entità della pena detentiva richiesta. Una richiesta a cui si è associata la parte civile, che ha sostenuto la veridicità delle dichiarazioni della donna e formulato un'ampia richiesta di risarcimento danni.
L'avvocato Mario Mongelli ha a lungo argomentato circa l'insussistenza del reato, reputando che l'istruttoria dibattimentale, e l'esame testimoniale dei figli della vittima, avesse conclamato il mendacio e la falsità delle accuse in danno del proprio assistito, rimarcandone, come sovente purtroppo accade, la strumentalità riconnessa alla causa civile della separazione tuttora in corso. Di qui la decisione del Tribunale di Bari che ha assolto il 50enne «perché il fatto non sussiste».
È evidente che il Tribunale, per giungere alla decisione assolutoria, non abbia creduto alla versione dei fatti della donna. Il giudice Guerra ha inoltre revocato, con effetto immediato, anche l'ordinanza cautelare da cui era gravato l'imputato. Non resta che attendere, ora, il deposito delle motivazioni nei prossimi 90 giorni.
Secondo le numerose denunce presentate dalla presunta vittima, ed i consequenziali interventi dei Carabinieri, a Giovinazzo e a Molfetta, l'uomo, a cui nel mese di giugno dello scorso anno, è stata notificata un'ordinanza cautelare del divieto di avvicinamento alla coniuge, nonostante avesse reso interrogatorio, si sarebbe reso responsabile di violenze e minacce. Tuttavia i tempi stretti delle indagini preliminari avevano precluso la possibilità di un valido esercizio della sua difesa.
La donna, infatti, ha denunciato una condizione lungamente vessatoria alla quale era costretta, oltre alle costanti umiliazioni subite, alle offese, alle minacce, alle violenze verbali e fisiche a cui era sottoposta e alle lesioni personali arrecatele. In buona sostanza ha riferito di una lunga serie di maltrattamenti che, a suo dire, erano risalenti addirittura al 2015 (denunciati parecchi anni dopo), dichiarando come questa condizione fosse attuale nonostante fosse cessata la convivenza.
Dopo l'udienza preliminare, conclusasi con il rinvio a giudizio, vi sono state diverse udienze dibattimentali in cui vi è stata una meticolosa audizione della persona offesa, dei testi del pubblico ministero e di quelli a discarico, tra cui la difesa aveva dovuto, trattandosi di reati endofamiliari, indicare i figli. La linea difensiva ha avuto successo e ha scardinato la versione dei fatti. Di particolare importanza si sono rivelate le annotazioni di servizio dei Carabinieri più volte giunti in loco.
Al termine del processo, il pubblico ministero ha sostenuto la sussistenza del reato e quindi chiesto la condanna a 3 anni di reclusione senza il riconoscimento delle attenuanti generiche o del beneficio della sospensione della pena, peraltro non concedibile in relazione all'elevata entità della pena detentiva richiesta. Una richiesta a cui si è associata la parte civile, che ha sostenuto la veridicità delle dichiarazioni della donna e formulato un'ampia richiesta di risarcimento danni.
L'avvocato Mario Mongelli ha a lungo argomentato circa l'insussistenza del reato, reputando che l'istruttoria dibattimentale, e l'esame testimoniale dei figli della vittima, avesse conclamato il mendacio e la falsità delle accuse in danno del proprio assistito, rimarcandone, come sovente purtroppo accade, la strumentalità riconnessa alla causa civile della separazione tuttora in corso. Di qui la decisione del Tribunale di Bari che ha assolto il 50enne «perché il fatto non sussiste».
È evidente che il Tribunale, per giungere alla decisione assolutoria, non abbia creduto alla versione dei fatti della donna. Il giudice Guerra ha inoltre revocato, con effetto immediato, anche l'ordinanza cautelare da cui era gravato l'imputato. Non resta che attendere, ora, il deposito delle motivazioni nei prossimi 90 giorni.