Librincittà racconta la Bari che fu
Presentato il libro “Il sole del Bari” di Giampiero Spinelli. Ospite Giorgio De Trizio
lunedì 27 ottobre 2014
14.52
«Non ho mai stato un viliacco, mai…mai…Criste mi aiuteme, Criste mi stamm dret…». L'anziano si teneva la testa tra le mani e non voleva guardare il rigore decisivo che Totò Lopez stava per battere contro la grande Juve di Michel Platini. Febbraio 1984, lo stadio "Della Vittoria" e la sua tribù esplosero pochi istanti dopo, al gol che sanciva l'eliminazione della vecchia Signora dalla Coppa Italia.
Spaccati di sport, di tifo, ma soprattutto di vita, raccontanti con maestria da Giampiero Spinelli, oggi insegnante, allora giovane tifoso biancorosso. "Il sole del Bari", presentato ieri sera presso la chiesa del Carmine, nell'ambito della rassegna letteraria "Librincittà", ha stupito in positivo, regalando poco più di un'ora di buonumore e riflessione profonda al tempo stesso. Giovinazzo ha così ricordato il Bari del 1984-1985, insieme a Giorgio De Trizio, elegante difensore dell'epoca, barivecchiano doc. Ha ricordato ciò che spinse quei ragazzi a compiere l'impresa, il doppio salto dalla C1 alla serie A. E quello che li spinse fu un pubblico appassionato ed ormai rassegnato geneticamente alla sofferenza, che ciascun barese verace deve avere verso i colori della propria città. Un testamento trasmesso da padre in figlio, come avvenne per Giampiero Spinelli.
Una città, quella, che si riuniva al "Supercinema", per sognare e deridere al tempo stesso i personaggi dei film di cappa e spada, magari di seconda o terza mano, dove l'eroe transalpino Scaramouche diveniva presto "Nu Tartagnan abbattute". Quella stessa tribù, capace di far rettificare la produzione di birra alla Peroni, ormai divenuta "spresedute", era il popolo della domenica, quando le partite si giocavano verso le tre e la marea di persone raggiungeva il quartiere fieristico in una sorta di processione laica dai risvolti teatrali. Il "Della Vittoria" come album dei ricordi, completo di figurine di personaggi di un tempo andato, che non ritornerà più, di cui l'autore ha tracciato un quadro al confine tra un testo pasoliniano ed una candid camera di Nanni Loy, con risultati stupefacenti. Quel contenitore era «il teatro stabile» in cui si esibiva almeno un paio di volte al mese quella massa, unita dal tifo, capace di abbattere barriere sociali grazie ad una sofferenza quasi catartica per quella maglia spesso sfortunata. "Il sole del Bari" è un libro per tutti, è forse il libro di tutti. Ma al contempo è un'analisi dettagliata, fatta col cuore che batte a mille, di una Bari scomparsa e che oggi, troppo spesso, non sa promuoversi, divenendo la caricatura di se stessa.
Frizzante la moderazione di Filippo Luigi Fasano, caporedattore sport del mensile "in Città" e divertenti le letture del nostro Gianluca Battista, a completare una serata diversissima dalle prime due, di una rassegna letteraria che, non coinvolgerà un pubblico numerosissimo, ma sa non annoiare mai quello presente. La truppa del direttore Filippo D'Attolico ha centrato ancora una volta l'obiettivo, stupendo per risultati con pochi mezzi economici e regalando a Giovinazzo un altro frammento di cultura all'interno di un deserto panorama autunnale. Appuntamento al 16 novembre con "Il mondo di OP" del sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio.
Spaccati di sport, di tifo, ma soprattutto di vita, raccontanti con maestria da Giampiero Spinelli, oggi insegnante, allora giovane tifoso biancorosso. "Il sole del Bari", presentato ieri sera presso la chiesa del Carmine, nell'ambito della rassegna letteraria "Librincittà", ha stupito in positivo, regalando poco più di un'ora di buonumore e riflessione profonda al tempo stesso. Giovinazzo ha così ricordato il Bari del 1984-1985, insieme a Giorgio De Trizio, elegante difensore dell'epoca, barivecchiano doc. Ha ricordato ciò che spinse quei ragazzi a compiere l'impresa, il doppio salto dalla C1 alla serie A. E quello che li spinse fu un pubblico appassionato ed ormai rassegnato geneticamente alla sofferenza, che ciascun barese verace deve avere verso i colori della propria città. Un testamento trasmesso da padre in figlio, come avvenne per Giampiero Spinelli.
Una città, quella, che si riuniva al "Supercinema", per sognare e deridere al tempo stesso i personaggi dei film di cappa e spada, magari di seconda o terza mano, dove l'eroe transalpino Scaramouche diveniva presto "Nu Tartagnan abbattute". Quella stessa tribù, capace di far rettificare la produzione di birra alla Peroni, ormai divenuta "spresedute", era il popolo della domenica, quando le partite si giocavano verso le tre e la marea di persone raggiungeva il quartiere fieristico in una sorta di processione laica dai risvolti teatrali. Il "Della Vittoria" come album dei ricordi, completo di figurine di personaggi di un tempo andato, che non ritornerà più, di cui l'autore ha tracciato un quadro al confine tra un testo pasoliniano ed una candid camera di Nanni Loy, con risultati stupefacenti. Quel contenitore era «il teatro stabile» in cui si esibiva almeno un paio di volte al mese quella massa, unita dal tifo, capace di abbattere barriere sociali grazie ad una sofferenza quasi catartica per quella maglia spesso sfortunata. "Il sole del Bari" è un libro per tutti, è forse il libro di tutti. Ma al contempo è un'analisi dettagliata, fatta col cuore che batte a mille, di una Bari scomparsa e che oggi, troppo spesso, non sa promuoversi, divenendo la caricatura di se stessa.
Frizzante la moderazione di Filippo Luigi Fasano, caporedattore sport del mensile "in Città" e divertenti le letture del nostro Gianluca Battista, a completare una serata diversissima dalle prime due, di una rassegna letteraria che, non coinvolgerà un pubblico numerosissimo, ma sa non annoiare mai quello presente. La truppa del direttore Filippo D'Attolico ha centrato ancora una volta l'obiettivo, stupendo per risultati con pochi mezzi economici e regalando a Giovinazzo un altro frammento di cultura all'interno di un deserto panorama autunnale. Appuntamento al 16 novembre con "Il mondo di OP" del sindaco di Molfetta, Paola Natalicchio.