Legge Cirinnà: Giovinazzo apripista per una discussione corretta
Ieri in Parlamento, venerdì scorso l'incontro de "Il Simposio"
giovedì 12 maggio 2016
Corretta informazione su un tema di strettissima attualità. Questo hanno rappresentato i due incontri voluti dall'Associazione Culturale "Il Simposio" della Presidentessa Maria Restivo, andati in scena in Sala San Felice nelle scorse settimane. I due dibattiti vertevano sul tema "Legge Cirinnà: voci a confronto".
Ed in queste ore, in cui alla Camera il Governo guidato da Matteo Renzi ha posto la fiducia proprio sulla legge che tratta delle nuove unioni civili, incassando un successo non indifferente, l'esperienza giovinazzese è tornata prepotentemente all'attenzione dell'opinione pubblica. Grazie al Simposio, infatti, diversi pensieri sono stati messi a confronto, cercando di trovare lo spunto per una riflessione comune su diritti e doveri di ciascuno.
Nell'incontro di venerdì scorso, moderato da Maria Teresa D'Arenzo, sono intervenuti la dott.ssa Raffaella Depalo, Direttore Unità Operativa Semplice di Procreazione Medica Assistita del Policlinico di Bari, il prof. Paolo Farina, Direttore del periodico on line Odysseo e docente presso l'ISSR di Trani, e la dott.ssa Gabriella Anna Sette, psicologa e psicoterapeuta.
La dott.ssa Depalo ha spiegato le varie fasi che portano al concepimento, sia naturale che assistito. La Depalo si è soffermata su quella che viene comunemente chiamata la "maternità surrogata", indicando casi storici in cui essa è di fatto stata applicata ed ha tracciato un quadro chiaro della legislazione in materia. Ad aiutarla in questo percorso il riferimento a casi noti. «Sono un medico che attua la fecondazione assistita - ha affermato -. Ci dicono che siamo potenti, visto che possiamo fare tutto questo. Io dunque mi chiedo se il desiderio che dobbiamo esaudire è quello di un bambino o quello degli adulti?». Interrogativo che resta aperto e la cui risposta afferisce alla sfera individuale di ciascuno.
Paolo Farina, docente di Antropologia Teologica nonché direttore di Odysseo, si era posto altri interrogativi partendo dal suo punto di vista di cattolico. Per lui al centro del dibattito che sta infiammando la politica italiana va messo un ulteriore interrogativo: il bambino ha diritto a riconoscersi in un padre e in una madre? In particolare, la riflessione di Farina si è soffermata sul pericolo del «soddisfare i nostri desideri ad ogni costo», partendo da un'analisi antropologica che è necessariamente passata attraverso quella dell'articolo 5 della stessa legge Cirinnà. Su questo punto fermo si va orientando il suo pensiero: Farina non ci vede divisi in credenti o non credenti, perché «la maternità, in queste nuove tipologie di famiglia che si rispettano, non è un diritto ad ogni costo». Farina ha così messo in evidenza come «Voler tener presente il punto di vista di un bambino in riferimento alla "stepchild adoption" però non può marchiare un individuo in modo dispregiativo definendolo "cattolico ed omofobo"».
Gabriella Anna Sette, infine, si era invece soffermata su recenti studi statunitensi, in cui è emersa una forte incongruenza con quanto da molti ritenuto nel nostro Paese: non è detto che da una coppia omosessuale nascano figli che poi avranno lo stesso orientamento. Uno schiaffo ai luoghi comuni ed una posizione forte. La dott.ssa Sette ha affermato che si tratta di una questione a metà tra la cultura e il pregiudizio, ma che proprio per prevenire atti di violenza e di bullismo nei confronti di chi esprime un differente gusto sessuale, è necessario attivare atteggiamenti che mirino all'inclusività, al rispetto ed all'accettazione dell'altro. Ha poi chiuso il suo intervento specificando il raggio di azione della sua figura professionale di psicoterapeuta: migliora la qualità della vita perché fronteggia le emozioni e le rende funzionali e pertanto serve come sostegno alla genitorialità etero, quando essa viene a conoscenza dell'identità omosessuale di un figlio che è diverso da quelle che sono le aspettative dei genitori. Questo orientamento, invece, dev'essere accolto con pieno amore.
Punti di vista a confronto, a Giovinazzo prima, in Parlamento poi. Merito all'Associazione Culturale "Il Simposio" per aver dato la possibilità, ad una comunità sostanzialmente piccola come quella locale, di confrontarsi su un tema di grandissima importanza culturale e sociale.
Ed in queste ore, in cui alla Camera il Governo guidato da Matteo Renzi ha posto la fiducia proprio sulla legge che tratta delle nuove unioni civili, incassando un successo non indifferente, l'esperienza giovinazzese è tornata prepotentemente all'attenzione dell'opinione pubblica. Grazie al Simposio, infatti, diversi pensieri sono stati messi a confronto, cercando di trovare lo spunto per una riflessione comune su diritti e doveri di ciascuno.
Nell'incontro di venerdì scorso, moderato da Maria Teresa D'Arenzo, sono intervenuti la dott.ssa Raffaella Depalo, Direttore Unità Operativa Semplice di Procreazione Medica Assistita del Policlinico di Bari, il prof. Paolo Farina, Direttore del periodico on line Odysseo e docente presso l'ISSR di Trani, e la dott.ssa Gabriella Anna Sette, psicologa e psicoterapeuta.
La dott.ssa Depalo ha spiegato le varie fasi che portano al concepimento, sia naturale che assistito. La Depalo si è soffermata su quella che viene comunemente chiamata la "maternità surrogata", indicando casi storici in cui essa è di fatto stata applicata ed ha tracciato un quadro chiaro della legislazione in materia. Ad aiutarla in questo percorso il riferimento a casi noti. «Sono un medico che attua la fecondazione assistita - ha affermato -. Ci dicono che siamo potenti, visto che possiamo fare tutto questo. Io dunque mi chiedo se il desiderio che dobbiamo esaudire è quello di un bambino o quello degli adulti?». Interrogativo che resta aperto e la cui risposta afferisce alla sfera individuale di ciascuno.
Paolo Farina, docente di Antropologia Teologica nonché direttore di Odysseo, si era posto altri interrogativi partendo dal suo punto di vista di cattolico. Per lui al centro del dibattito che sta infiammando la politica italiana va messo un ulteriore interrogativo: il bambino ha diritto a riconoscersi in un padre e in una madre? In particolare, la riflessione di Farina si è soffermata sul pericolo del «soddisfare i nostri desideri ad ogni costo», partendo da un'analisi antropologica che è necessariamente passata attraverso quella dell'articolo 5 della stessa legge Cirinnà. Su questo punto fermo si va orientando il suo pensiero: Farina non ci vede divisi in credenti o non credenti, perché «la maternità, in queste nuove tipologie di famiglia che si rispettano, non è un diritto ad ogni costo». Farina ha così messo in evidenza come «Voler tener presente il punto di vista di un bambino in riferimento alla "stepchild adoption" però non può marchiare un individuo in modo dispregiativo definendolo "cattolico ed omofobo"».
Gabriella Anna Sette, infine, si era invece soffermata su recenti studi statunitensi, in cui è emersa una forte incongruenza con quanto da molti ritenuto nel nostro Paese: non è detto che da una coppia omosessuale nascano figli che poi avranno lo stesso orientamento. Uno schiaffo ai luoghi comuni ed una posizione forte. La dott.ssa Sette ha affermato che si tratta di una questione a metà tra la cultura e il pregiudizio, ma che proprio per prevenire atti di violenza e di bullismo nei confronti di chi esprime un differente gusto sessuale, è necessario attivare atteggiamenti che mirino all'inclusività, al rispetto ed all'accettazione dell'altro. Ha poi chiuso il suo intervento specificando il raggio di azione della sua figura professionale di psicoterapeuta: migliora la qualità della vita perché fronteggia le emozioni e le rende funzionali e pertanto serve come sostegno alla genitorialità etero, quando essa viene a conoscenza dell'identità omosessuale di un figlio che è diverso da quelle che sono le aspettative dei genitori. Questo orientamento, invece, dev'essere accolto con pieno amore.
Punti di vista a confronto, a Giovinazzo prima, in Parlamento poi. Merito all'Associazione Culturale "Il Simposio" per aver dato la possibilità, ad una comunità sostanzialmente piccola come quella locale, di confrontarsi su un tema di grandissima importanza culturale e sociale.